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Corona Virus

Da Milano a Napoli in piazza contro il green pass

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Il popolo del ‘no green pass’ non ferma la sua protesta e oggi, da nord a sud, e’ tornato in piazza in molte citta’, come Milano, Torino, Aosta, Firenze, Roma e Napoli, per gridare il suo no all’obbligo di esibire il certificato della avvenuta vaccinazione per sedersi all’interno di bar e ristoranti, per entrare in palestra o visitare un museo. L’obbligo di esibire il green pass da ieri e’ una realta’ ma secondo i manifestanti, che organizzano le mobilitazioni in tutta Italia con un tam tam sulla app di messaggistica Telegram, si tratta di un “lasciapassare fascista”. Mentre loro si definiscono “discriminati” e sfilano, come hanno fatto ad esempio a Milano, indossando la stella di David con la scritta “non sono vaccinato”. Intanto il ministro della Salute, Roberto Speranza, sulle sue pagine social ha informato che “solo nella giornata di ieri sono stati scaricati oltre 6,7 milioni di Green Pass”. Un numero che secondo il ministro “e’ un segno della grande collaborazione e del senso di responsabilita’ mostrato dagli italiani. Con Green Pass e vaccini contrastiamo il Covid e viviamo un’estate piu’ sicura”. Una posizione che non condividono le migliaia di persone che hanno sfilato in corteo non autorizzato a Milano, almeno 5 mila secondo le forze dell’ordine, per dire no al certificato verde. I no green pass hanno manifestato per le vie del centro citta’. A Roma circa 1.500 persone si sono radunate in piazza del Popolo per il sit-in organizzato dal comitato Nonna Maur, regolarmente preavvisato in Questura. Tra i partecipanti anche esponenti di Forza Nuova. Ci sono stati applausi, come in altre citta’ italiane, per il medico mantovano Giuseppe De Donno, da poco scomparso. A Napoli circa duecento aderenti alla galassia dei movimenti no vax e contro il green pass si sono radunati in piazza Dante e poi hanno dato vita a un corteo non autorizzato. Nuova iniziativa anche a Firenze, con i manifestanti che hanno esibito numerosi cartelli con scritte che rivendicano la liberta’ di scelta sui vaccini e la contrarieta’ all’uso del green pass. Una parte del corteo si e’ poi staccata per andare a manifestare sotto la sede del quotidiano La Nazione, per protestare contro tutti i giornalisti e in generale contro l’informazione che viene fatta su green pass e vaccini. Da Firenze a Torino: anche qui sono andate in scena le stesse proteste, con oltre un migliaio di partecipanti che hanno sfilato per la citta’ nonostante la pioggia. Il decreto che introduce le nuove misure relative al green pass e’ stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Tra le novita’ c’e’ la modifica del limite massimo di capienza per le competizioni sportive e per gli spettacoli aperti al pubblico che sale al 35% mentre nei precedenti provvedimenti era al 25%. Per quanto riguarda gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerti, cinema, locali di intrattenimento e musica dal vivo, la capienza autorizzata e’ sempre del 35% ma “con un numero di spettatori non superiore a 2.500”. Sembra invece un rebus il punto relativo al controllo dei documenti da parte dei ristoratori (e non solo). I gestori dei locali da ieri devono chiedere ai clienti che consumano all’interno il green pass ma il decreto del governo non prevede che debbano verificare anche i documenti di identita’. Una verifica che spetterebbe alle forze dell’ordine. Sulla app che viene utilizzata dai gestori per controllare la validita’ del green pass viene specificato pero’ che per “completare la verifica” bisogna verificare i dati anagrafici della persona attraverso un documento di identita’ valido.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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