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Grandi Navi, Draghi impone lo stop dal 1 agosto a Venezia

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 Niente sconti, ne’ dilazioni, dal 1 di agosto 2021 le grandi navi smetteranno di attraversare Venezia e di affacciarsi con i loro alti profili sul bacino di San Marco, che da oggi, per decreto, sara’ monumento nazionale, come pure le vie d’acqua piu’ importanti della citta’, il canale di San Marco e quello della Giudecca, diventate negli anni il passaggio obbligato dei colossi da crociera. “Una giornata storica” commenta il ministro della cultura Franceschini lasciando palazzo Chigi, dopo il Consiglio dei ministri che ha dato l’ok al decreto Salva Venezia, “un impegno che avevo preso pubblicamente e che abbiamo rispettato”. A tre giorni dall’avvio dell’assemblea annuale dell’Unesco, che quest’anno si terra’ in Cina, l’Italia risponde cosi’ all’aut aut arrivato nero su bianco qualche settimana fa dai tecnici dell’organizzazione delle Nazioni Unite. E con una presa di posizione del governo Draghi che va anche oltre le aspettative e le richieste dei tecnici Unesco, mette in salvo Venezia dall’ipotesi, mai stata cosi’ concreta, di un inserimento nella black list dei siti in pericolo. Una figuraccia sventata, insomma. Ma anche una svolta, dopo decenni di battaglie e di furiose polemiche. Con l’esecutivo che di fatto riesce la’ dove tanti governi hanno fallito, trovando un escamotage per mettere in sicurezza , dichiarandoli monumento, i luoghi piu’ iconici della laguna. E offrendo al contempo un corposo ristoro per evitare ripercussioni sui circa 3mila lavoratori del comparto. Questo, fa notare il ministro delle infrastrutture Enrico Giovannini, oltre a “157 milioni di investimenti per realizzare gli approdi temporanei all’interno dell’area di Marghera”. Tant’e’, mentre da Palazzo Chigi arriva anche la rassicurazione che “si concluderanno i lavori di completamento del Mose e si realizzera’ in tempi brevi l’Autorita’ della Laguna con la rinascita del Magistrato alle acque”, le amministrazioni locali sembrano tirare un respiro di sollievo. E se dal comune parlano di una soluzione “che il sindaco Luigi Brugnaro chiedeva da 12 anni, da quando rappresentava la Confindustria veneziana”, il governatore veneto Zaia definisce il decreto “un segnale positivo per l’Unesco e la platea internazionale”. Da sempre molto sensibile al tema, il presidente del Consiglio aveva convocato il 2 luglio a Palazzo Chigi i tanti ministri coinvolti dal dossier, dal titolare dell’economia Daniele Franco al ministro delle Infrastrutture Giovannini, dal titolare del Turismo Massimo Garavaglia a quello della Cultura Dario Franceschini fino a Francesco D’Inca’, ministro dei rapporti con il Parlamento. Una riunione operativa, che segnava la necessita’ di non perdere altro tempo per dare una svolta piu’ concreta al primo decreto varato in primavera. Quindi due settimane di lavoro per trovare una quadra che potesse soddisfare anche le amministrazioni locali. Ed ecco alla fine il provvedimento che si fa forte del Codice per i beni culturali e il paesaggio per dichiarare il Bacino di San Marco, il Canale di San Marco e il Canale della Giudecca monumento nazionale e vieta il transito di qualsiasi nave superi le 25 mila tonnellate di stazza (il limite auspicato era di 40mila) o abbia uno scavo che superi i 180 metri o ancora un’altezza (tiraggio aereo) superiore ai 35 metri (con l’esclusione delle navi a vela o miste a vela-motore). Mentre impone che il combustibile usato per le manovre rispetti l’ambiente, con una percentuale di zolfo non superiore allo 0,1%. Quanto ai soldi, sono previste una serie di compensazioni “in favore delle compagnie di navigazione, del gestore del terminal di approdo interessati dal divieto di transito, delle imprese titolari di contratti d’appalto di attivita’ comprese nel ciclo operativo di detto gestore e dei lavoratori dei comparti della navigazione e della logistica connessa al transito delle navi nelle vie urbane d’acqua”. A gestire l’operazione sara’ il Presidente dell’Autorita’ di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale di Venezia, Fulvio Lino Di Blasio, nominato Commissario Straordinario. Intanto pero’ va avanti il concorso di idee per individuare punti di attracco definitivi fuori dalle acque protette della laguna. Un progetto per il quale il governo ha stanziato 2,2 milioni con il primo decreto convertito in legge il 12 maggio. La call internazionale, articolata in due fasi, si dovrebbe concludere a dicembre 2022. Per conoscere il progetto vincitore bisognera’ aspettare la fine di giugno del 2023.

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Esteri

‘Anche Gazprom nel mirino di possibili sanzioni Usa’

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Il gigante energetico russo statale Gazprom e importanti entità coinvolte nei settori delle risorse naturali e bancario figurano tra gli obiettivi delle nuove sanzioni economiche contro Mosca finalizzate da dirigenti Usa. Lo scrive la Reuters sul suo sito, citando tre funzionari statunitensi e una fonte vicina alla questione. Non è affatto chiaro, tuttavia, se il pacchetto verrà approvato da Trump, la cui simpatia per le dichiarazioni e le azioni di Mosca ha lasciato il posto alla frustrazione per il rifiuto del presidente russo Vladimir Putin alle sue richieste di cessate il fuoco e colloqui di pace.

Il Consiglio per la sicurezza nazionale Usa “sta cercando di coordinare una serie di azioni più punitive contro la Russia” ma “questo dovrà essere approvato da Trump”, ha affermato la fonte vicina alla questione. “È totalmente una sua decisione”, ha confermato un secondo funzionario statunitense.

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Esteri

Harry a Bbc: voglio riconciliarmi con la famiglia reale

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Il principe Harry ha affermato, in una intervista alla bbc, di volere una “riconciliazione” con la famiglia reale britannica dopo il traumatico strappo del 2020. Inoltre si è detto “sconvolto” dopo aver perso oggi alla Corte d’Appello di Londra il ricorso presentato contro la decisione assunta a suo tempo dal ministero dell’Interno di revocare a lui e alla sua famiglia il diritto automatico alla tutela di polizia durante le visite nel Regno Unito.

Nell’intervista registrata in California, dove Harry vive con la moglie Meghan, il principe appare commosso, in particolare quando afferma che “non riesce a immaginarsi” nel riportare “moglie e figli” nel Regno Unito dopo aver perso l’azione legale avviata a Londra. Il principe ha detto anche che suo padre, re Carlo III, “non mi parla più per via di questa questione di sicurezza”, per poi ammettere che è stanco di lottare e di non sapere quanto resta da vivere al sovrano, che si sottopone periodicamente alle terapie per far fronte a un cancro di natura imprecisata diagnosticatogli a inizio 2024. “Ci sono stati tantissimi disaccordi tra me e alcuni membri della mia famiglia”, ha aggiunto Harry, ma ora li ha “perdonati”. Il duca di Sussex ha anche affermato che “alcuni membri della mia famiglia non mi perdoneranno mai di aver scritto un libro”, facendo riferimento alle divisioni di lunga data ed esacerbate dalle rivelazioni contenute nell’autobiografia del principe dal titolo ‘Spare’, successo editoriale planetario.

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Economia

S&P taglia il Pil, ‘choc dai dazi’. In Italia +0,5%

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Il pessimismo innescato dall’annuncio dei dazi Usa non accenna a scemare. Dopo Fitch anche Standard&Poor’s rivede al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale, che il Fondo Monetario Internazionale ha già tagliato. E’ “uno shock al sistema” secondo S&P, che si abbatterà “sicuramente” sull’economia reale, anche se “resta da capire in quale misura”. Per l’Italia la sforbiciata è di 0,1 punti, che frenerà la crescita 2025 a 0,5%. Per ora, però, paradossalmente l’annuncio ha provocato l’effetto opposto a quello auspicato da Trump: l’Istat segnala per l’Italia una “forte crescita” dell’export verso gli Usa a marzo, schizzato al +41,2% grazie soprattutto alla vendita di mezzi navali. Il nuovo round di misure protezionistiche ha spinto Standard & Poor’s a rivedere al ribasso le previsioni di crescita per quasi tutte le principali economie mondiali.

A pesare, secondo l’agenzia, è l’effetto combinato tra i nuovi dazi, le ritorsioni dei partner commerciali, le concessioni in corso e l’instabilità che tutto ciò sta generando sui mercati. “I rischi per lo scenario di base restano fortemente orientati al ribasso”, si legge nel rapporto. Il Pil globale viene così limato al 2,7% per il 2025 (-0,3 punti) e al 2,6% per il 2026 (-0,4). Negli Stati Uniti il rallentamento è marcato: 1,5% nel 2025 (-0,5) e 1,7% nel 2026. Male anche l’Eurozona, che si ferma allo 0,8% nel 2025 (-0,1) e all’1,2% nel 2026. L’Italia limita i danni con un taglio contenuto di 0,1 punti per il 2025, riducendo la crescita attesa allo 0,5%. Salirà allo 0,8% nel 2026 e allo 0,9% nel 2027. Per ora le tensioni sul fronte del commercio globale non hanno toccato l’export italiano extra Ue, che a marzo è salito del 2,9% sul mese e del 7,5% sull’anno. E tutto grazie alle vendite “ad elevato impatto” di mezzi di navigazione marittima verso gli Stati Uniti.

Al netto di queste, in realtà, ci sarebbe stata una flessione congiunturale pari a -1,6%. Anche la Banca centrale europea, nel suo bollettino di aprile, fotografa un’Eurozona sotto pressione. “Le prospettive sono offuscate da eccezionale incertezza” che “comporta notevoli rischi al ribasso”, avvertono gli economisti di Francoforte. Le imprese esportatrici si trovano ad affrontare nuove barriere, crescono le tensioni nei mercati finanziari, che hanno subito “la più drastica ridefinizione” dalla pandemia e anche i consumatori iniziano a mostrare segni di cautela. Nonostante tutto, nel primo trimestre 2025 il Pil dell’area euro è cresciuto, ma le stime per il secondo trimestre si fanno più fosche.

Gli indici Pmi, che rilevano le aspettative delle imprese, a marzo sono in calo, seppur ancora sopra la media di lungo periodo. E nel manifatturiero, l’indice dei nuovi ordinativi resta sotto quota 50, segno di un settore ancora in contrazione. “Molto incerte”, secondo la Bce, anche le prospettive dell’inflazione, che dai dazi potrebbero ricevere spinte tanto al rialzo (se l’impennata dei prezzi fosse ad ampio spettro) quanto al ribasso (se i prezzi elevati abbattessero i consumi). Nel frattempo, però, ad aprile resta stabile al 2,2% nell’Eurozona e al 2,1% in Italia. Lo shock dei dazi, insomma, inizia a farsi sentire, ma gli effetti pieni sull’economia reale restano ancora da misurare.

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