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I talebani avanzano in Afghanistan, l’esercito in fuga

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“Non volevano arrendersi. Avevano chiesto rinforzi, ma sono stati ignorati”. E’ in questa testimonianza di un militare afgano il senso di frustrazione delle truppe regolari di fronte alla costante avanzata dei talebani, che ha provocato la fuga di oltre mille soldati nel confinante Tagikistan. E adesso, con il ritiro quasi completato del contingente Nato, la paura che circola nel Paese e’ il collasso definitivo delle forze armate, ultimo argine al ritorno di una teocrazia islamica. Nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno abbandonato la base aerea di Bagram, il centro nevralgico della loro campagna in Afghanistan, di fatto rinunciando alla possibilita’ di condurre operazioni significative sul terreno. E Washington, finche’ i talebani manterranno fede al loro impegno di non attaccare piu’ gli occidentali o di ospitare basi terroristiche, non rallenteranno il ritiro, che dovrebbe completarsi a settembre. Un’arma in piu’ per gli insorti, che con la stragrande maggioranza delle truppe straniere gia’ via, ed i negoziati interni di pace in stallo, stanno continuando ad espandere il loro raggio d’azione. Soprattutto al nord, roccaforte tradizionale dei signori della guerra che si erano alleati con gli Usa per sconfiggerli, nel 2001. Le province di Badakhshan e Takhar sono quasi sotto il loro controllo. L’esercito afgano sembra impotente di fronte all’avanzata dei ribelli, che da maggio hanno riconquistato decine di distretti, ed ora controllano un terzo del Paese. Negli ultimi scontri oltre mille soldati regolari hanno riparato in Tagikistan, ed e’ stata la terza fuga in tre giorni. La quinta in due settimane. Le autorita’ locali osservano preoccupate questo flusso, per ora di centinaia di persone, ed hanno deciso di mobilitare 20.000 militari della riserva per rafforzare ulteriormente il confine. Anche da Pakistan e Uzbekistan ci sono state segnalazioni di soldati afgani in fuga, e tutti i Paesi limitrofi si preparano a un’ondata di rifugiati, anche tra i civili, se i combattimenti dovessero intensificarsi. Tante famiglie hanno gia’ abbandonato la provincia meridionale di Kandahar, dopo che i talebani hanno ripreso il controllo di un distretto chiave nel loro ex bastione. La versione dei ribelli e’ che la maggior parte dei distretti sono caduti pacificamente, perche’ le truppe governative si sono rifiutate di combattere. Ma al netto della propaganda la rinascita dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, abbattuto dagli americani dopo l’11 settembre, appare sempre piu’ a portata di mano. Kabul, fino a questo momento, resiste. Il portavoce dei talebani Suhail Shaheen ha assicurato che non c’e’ la volonta’ di un’invasione, ma ha avvertito che “nessuna forza straniera, inclusi contractor militari, dovra’ rimanere nella capitale dopo che il ritiro e’ stato completato”. Proprio da Kabul il presidente Ashraf Ghani, mai cosi’ debole, sta provando ad imbastire una controffensiva, assicurando che i governativi sono in grado di tenere a bada gli insorti. Nel frattempo, pero’, il suo governo si e’ detto pronto ad un cessate il fuoco ed alla ripresa dei negoziati. Consapevole che una vittoria militare contro i temibili avversari appare lontanissima.

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Chico Forti lascia il carcere di Miami: presto in Italia?

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Chico Forti, il 65enne trentino condannato all’ergastolo in Florida per l’omicidio di Dale Pike avvenuto il 15 febbraio 1998, ha lasciato il carcere di Miami. Attualmente, è sotto la custodia dell’Agenzia statunitense per l’immigrazione in attesa del trasferimento in Italia.

Secondo una fonte vicina a Forti, il trasferimento potrebbe avvenire entro due o tre settimane. Tuttavia, altre fonti che seguono attentamente il caso suggeriscono maggiore cautela, stimando un’attesa media di 4-5 mesi per la consegna. Questo periodo di attesa è tipico dopo la sentenza italiana di riconoscimento di quella straniera, un processo di conversione recentemente deciso dalla corte d’Appello di Trento.

La comunità italiana segue con grande interesse e trepidazione gli sviluppi del caso Forti, sperando che il ritorno in patria possa avvenire nel più breve tempo possibile.

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Fico operato: è vigile e in condizioni stabili

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Il premier slovacco Robert Fico è “vigile” ed “in condizioni stabili” dopo l’operazione subita per gli spari che lo hanno colpito nel pomeriggio. Lo riferisce la tv slovacca TA3 che parla di “intervento riuscito”.

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Il premier Robert Fico colpito da più proiettili in un attentato è in fin di vita

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Un responsabile del partito Smer del premier slovacco Robert Fico ha confermato al Guardian che il primo ministro è stato colpito da più proiettili  all’addome ed è ora sottoposto ad un intervento chirurgico. Quali siano le sue condizioni cliniche è difficile da dire. C’è molta confusione ancora su dinamica e su identità dell’uomo arrestato.

In un aggiornamento postato sulla pagina Facebook del premier slovacco Robert Fico e rilanciato dai media slovacchi, c’è scritto che “Fico è stato vittima di un attentato. Gli hanno sparato più volte ed è attualmente in pericolo di vita. E’ stato trasportato in elicottero a Banská Bystrica, perché il trasporto a Bratislava richiederebbe troppo tempo a causa della necessità di un intervento urgente. A decidere saranno le prossime ore”.

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