Per riannodare legami che risalgono al passato Romano e Bizantino, quando Ravenna ospitava una fiorente comunita’ armena, il Ravenna Festival – che con Le vie dell’Amicizia dal 1997 visita luoghi simbolo della storia – questa volta ha visto Riccardo Muti, alla guida dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, unirsi ai musicisti dell’Armenian Philharmonic Orchestra, e l’Armenian State Chamber Choir. Oggi insieme nel Teatro dell’Opera di Erevan, per il concerto che riallaccia le due culture, a vent’anni esatti dal primo viaggio del Festival in Armenia e che e’ stato salutato da 15 minuti di applausi. Un legame che il presidente armeno, Armen Sarkissian, ha voluto suggellare conferendo al maestro e a Cristina Mazzavillani Muti un importante ordine che, particolare coincidenza, e’ intitolato proprio all’Amicizia. Ma a parlare come sempre e’ prima di tutto la musica, con un programma che, a partire da pagine sacre di Haydn, Mozart e Schubert, ha rispecchiato la sofferta spiritualita’ di questo Paese, il primo ad abbracciare il Cristianesimo piu’ di 1700 anni fa. Per concludersi poi magistralmente nella prima esecuzione di Purgatorio, commissione del Festival a Tigran Mansurian, il piu’ grande compositore armeno vivente, per il VII centenario dantesco. Le voci erano quelle del tenore Giovanni Sala e degli armeni Nina Minasyan e Gurgen Baveyan, rispettivamente soprano e baritono; il coro preparato da Robert MIkeyan, mentre Davide Cavalli era all’organo. A rendere possibile l’evento, accanto ai tradizionali sostenitori pubblici e privati del Festival, anche il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e la collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Erevan e il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena che ha sede a Venezia. “E’ ancora vivo il ricordo del silenzio commosso, dell’emozione intensa che attraversava il Palazzo dell’Arte e dello Sport a Erevan di fronte alla musica di Giuseppe Verdi – ricorda Riccardo Muti – Era l’estate del 2001. Oggi, dopo vent’anni, torniamo in quella terra antica e dura, in quella terra inquieta in bilico tra Oriente e Occidente. Torniamo a lanciare un ponte di fratellanza, un segno di speranza, convinti come allora che attraverso la musica si possano superare incomprensioni e diversita’ di cultura, di lingua, di religione. Perche’ in musica e’ facile capirsi, perche’ la musica e’ la lingua di tutti, universale, come la poesia di Dante che vogliamo celebrare insieme al popolo armeno, che la conosce e la ama. Perche’ e’ nella bellezza, nella poesia dell’arte che possiamo ritrovare noi stessi e l’altro, ritrovare il calore di un abbraccio, ritrovare finalmente pace.” E’ dalla cima dell’Ararat, in cui la tradizione riconosce l’approdo dell’Arca di Noe’, che la vita riprese a scorrere dopo il Diluvio; e’ dunque al cospetto della millenaria cima, sacra agli Armeni, che si rinnova il messaggio di fratellanza e speranza nel futuro di cui Ravenna Festival si fa portatore con Le vie dell’Amicizia sin dal 1997, quando rispose alla chiamata proveniente da Sarajevo. Da quello storico concerto nella citta’ martire bosniaca, e’ da sempre Muti a salire sul podio di orchestre e cori italiani, a cui in ogni occasione si sono uniti musicisti delle citta’ meta del viaggio; indimenticabili i concerti a Beirut, Gerusalemme, Mosca, New York dopo l’11 settembre, Nairobi, Redipuglia, Teheran, Kiev e, nel 2020, al Parco Archeologico di Paestum, gemellato con il sito di Palmira, per ricordare il popolo siriano. La ricorrenza del VII centenario della morte di Dante, guida il ritorno nella capitale armena, attraverso la commissione a Tigran Mansurian di una nuova composizione ispirata alla seconda cantica, anta centrale del trittico che si e’ aperto con i Sei studi sull’Inferno di Giovanni Sollima, presentati lo scorso 10 giugno alla Rocca Brancaleone, e si concludera’ con il debutto di O luce etterna di Valentin Silvestrov nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe il prossimo 9 luglio. “Da sempre, sulla mia scrivania, c’e’ una traduzione in armeno della Commedia – racconta Tigran Mansurian, la cui scrittura delicatissima e cristallina e’ spesso ispirata dalla musica sacra ma anche dalla tradizione folkloristica e popolare – Ho quindi accolto con gioia la richiesta di una composizione ad essa ispirata ma ho sentito anche una grande responsabilita’ nei confronti di Dante e del Maestro Muti: ho iniziato la composizione di questo Purgatorio tre volte e finalmente ne ho completato la quarta stesura. E’ stato inoltre necessario ridurre l’organico per le complicazioni legate alla pandemia e ho colto con piacere l’occasione per riscrivere l’opera per baritono solo, coro misto da camera, orchestra d’archi e percussioni. Considero questa versione quella definitiva e la piu’ corrispondente al mio mondo sonoro in relazione con quello dantesco. Sono convinto che questo concerto, accanto alle Vie dell’amicizia di vent’anni fa, sara’ uno degli eventi piu’ significativi e memorabili della vita culturale dell’Armenia degli ultimi decenni.”