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Politica

Ue contesta riforme Recovery, interviene Draghi

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E’ un lunghissimo, sfiancante, confronto, quello che si consuma tra “sherpa” italiani e della Commissione europea sul Recovery plan. A segnare il dibattito politico interno sono le dichiarazioni dei partiti sulle loro richieste di modifiche alle bozze del piano. Ma a determinare i rinvii del Consiglio dei ministri, a tenere “al buio” in attesa i membri del governo per un’intera giornata, e’ un’intensa interlocuzione informale con la Commissione europea. Solo l’intervento di Mario Draghi, trapela in serata dal governo, permette di sbloccare l’impasse. Anche se, quando a tarda sera da Palazzo Chigi parte la ri-convocazione dei ministri in Cdm, fonti europee parlano di rallentamenti nel confronto che comunque prosegue e di “rifiniture” necessarie. Il premier sente la presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen e si fa “garante”. Garante di un piano di riforme credibile e serrato, a partire da giustizia, concorrenza, fisco, per creare un “business environment”, un sistema normativo per le imprese, meno farraginoso. Draghi si fa garante di un cambio di passo indispensabile per non perdere il ‘treno’ delle risorse del Recovery e dare la spinta al rilancio e la crescita dell’Italia. Discontinuita’ – a partire dalla riscrittura del capitolo riforme nel Piano di ripresa e resilienza del precedente governo – viene garantita dal premier in diversi colloqui avuti nel corso di questa settimana con i vertici della Commissione europea. Parla con Von Der Leyen ma anche i commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni. Il presidente del Consiglio si impegna in prima persona sulla coerenza del Recovery plan italiano con le direttrici di Next generation Eu, a partire dall’indicazione di un preciso cronoprogramma che l’Italia intende rispettare. Ma e’ il cambio di passo sulle riforme il capitolo piu’ delicato. Anche su un intervento classificato come di “accompagnamento” al piano come la riforma fiscale, viene chiesto da Bruxelles di entrare piu’ nel dettaglio. La discussione su ogni singolo aspetto del Pnrr e’ tanto serrata, che a sera qualche “sherpa” italiano tradisce segni di irritazione. Gia’ venerdi’ si avvertono le prime avvisaglie di una trattativa che si allunga. Poi per tutto il giorno i tecnici di Palazzo Chigi e del ministero dell’Economia si confrontano con la Commissione europea. Riunioni fiume. Tre, spiegano fonti di governo, i grandi capitoli di confronto con l’Europa: le riforme, appunto, la coerenza degli investimenti con gli obiettivi del piano, una ‘governance’ chiara soprattutto nella fase dell’attuazione. Le riforme programmate dall’Italia sono quelle della giustizia, con l’impegno a ridurre i tempi dei processi, e della pubblica amministrazione, inclusi i concorsi per garantire il personale necessario ad attuare il Recovery plan. In piu’ – e qui interviene l’impegno diretto di Draghi – sono previste semplificazioni e un disegno di legge in materia di concorrenza, con l’intervento in settori strategici e la rimozione di barriere in entrata, ma anche gli obblighi di gara sui regimi concessori, la semplificazione delle autorizzazioni per gli impianti di rifiuti. Nella vecchia bozza del piano la concorrenza mancava e sulle altre riforme – avrebbe obiettato l’Ue – non era indicato un cronoprogramma stringente. Di piu’. La Commissione avrebbe ritenuto troppo generica anche l’indicazione di una riforma “di accompagnamento” – pur cara a Draghi – come quella fiscale, che dovrebbe portare a un intervento sull’Irpef con legge delegata entro l’anno, decreti attuativi nel 2022 e l’entrata in vigore nel 2023. Quanto all’enorme pacchetto di investimenti per 191,5 miliardi dettagliato nel Pnrr, la Commissione avrebbe obiettato per la presenza nella bozza originaria del documento di alcune spese correnti, ma anche di investimenti non coerenti con il principio di non “arrecare danno significativo” all’ambiente. Per fare un esempio, l’intervento sulle strade dovrebbe essere ‘spostato’ dal Pnrr al fondo extra Recovery in cui confluiranno tutte le misure che, per i tempi troppo lunghi di realizzazione, o per la natura, non possono essere finanziati con Next generation Eu. Anche una parte dei fondi per il Superbonus, altra misura al centro delle discussioni con l’Ue fin dalle prime bozze del piano, saranno spostati nel fondo “extra”: secondo le bozze, circa 8 dei 18 miliardi totali previsti. C’e’ infine il capitolo governance: il coordinamento e l’attuazione sono stati definiti dando al ministero dell’Economia centralita’. Resta per il governo da definire – ma questo non sarebbe tema di interlocuzione con Bruxelles – come funzionera’ la supervisione politica, posta in capo a Palazzo Chigi. Draghi immagina un comitato da lui presieduto con i ministri competenti, ma nello specifico la discussione con i ministri e’ stata rinviata a una fase successiva, quando dovra’ essere approvato il decreto sulla governance. Prima, fino a tarda notte e forse ancora domenica, c’e’ da chiudere il piano da presentare lunedi’ alle Camere.

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Napoli laboratorio politico: consiglieri e assessori pronti a candidarsi alle regionali, Manfredi prepara il rimpasto

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Alle elezioni regionali d’autunno la città di Napoli potrebbe trasformarsi in un vero e proprio laboratorio politico. Almeno dieci consiglieri comunali e tre assessori dell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Gaetano Manfredisono pronti a scendere in campo, con lo stesso Manfredi che guarda già al rimpasto di Giunta dopo il voto. Si preannuncia dunque una rivoluzione politica tra gli scranni di Palazzo San Giacomo e nei futuri equilibri regionali.

Il fronte progressista: la coalizione plurale e l’ipotesi Fico

Nel campo del centrosinistra, il candidato alla presidenza della Regione Campania potrebbe essere Roberto Fico, ex Presidente della Camera. Una candidatura che ha il sostegno del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico e di Manfredi stesso, garante di una coalizione plurale. Il nome di Fico rassicura sia per il suo profilo istituzionale, sia per la capacità di dialogo trasversale: d’altronde fu incaricato dal presidente Sergio Mattarella di tentare due esplorazioni di governo.

Manfredi accompagnerà la candidatura con un’agenda politica centrata su Napoli e la sua area metropolitana, che rappresentano il 60% del peso elettorale regionale. Ogni partito presenterà la sua lista, e in caso di vittoria del centrosinistra, il risultato determinerà anche la spartizione degli incarichi.

I nomi nella lista del presidente e i candidati dei partiti

Nella lista del Presidente, che sarà il contenitore civico a sostegno della coalizione, correranno diversi volti noti dell’amministrazione Manfredi. Tra i sicuri candidati ci sono:

  • Nino Simeone, presidente della commissione Infrastrutture;

  • Walter Savarese d’Atri, in ticket con Angela Cammarota;

  • Fulvio Fucito, in uscita dalla lista Manfredi sindaco;

  • Roberto Minopoli, in quota centrista.

Tra gli assessori, Edoardo Cosenza (Infrastrutture) potrebbe sostenere Simeone, mentre la candidatura della vicesindaca Laura Lieto appare poco probabile, vista la sua centralità nei progetti urbanistici.

Il M5S dovrebbe candidare Luca Trapanese (Politiche sociali), Emanuela Ferrante (Sport), e i consiglieri Salvatore Flocco e Claudio Cecere. Ci pensa anche Enza Amato, presidente del Consiglio comunale.

Nel Pd spinge Salvatore Madonna, vicino a Mario Casillo, mentre Avs schiererà Rosario Andreozzi e Luigi Carbone, affiancato da Roberta Gaeta. In campo anche Pasquale Sannino per il Psi e un possibile ticket moderato tra Annamaria Maisto e Armando Cesaro.

Il centrodestra tra incertezze e scommesse

Sul fronte opposto, Forza Italia dovrebbe puntare su Salvatore Guangi, con forti pressioni su Catello Maresca, ex magistrato e nome spendibile anche per ruoli di vertice, sponsorizzato dal deputato Cosimo Silvestro. La Lega schiererà Domenico Brescia e Bianca D’Angelo, moglie dell’ex parlamentare Enzo Rivellini. Ancora nessun nome certo per il candidato presidente.

L’effervescenza politica napoletana, trasversale agli schieramenti, preannuncia una campagna elettorale caldissima e piena di incroci tra Palazzo San Giacomo e la futura sede del Consiglio regionale.

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Politica

Gianni Petrucci: “Non mi candido, ma il Coni ha bisogno di cambiare rotta”

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L’ex presidente del Coni rompe gli indugi in un’intervista al Corriere della Sera: “Serve più dialogo con la politica e meno autoreferenzialità. E vi dico chi dovrebbe entrare in Giunta”

A un mese esatto dalla chiusura delle candidature per la successione a Giovanni Malagò alla presidenza del Coni, Gianni Petrucci, storico numero uno dello sport italiano per 14 anni e attuale presidente della Federbasket, rompe il silenzio e interviene nel dibattito con la sua consueta schiettezza.

“Non mi candido, ma voglio dire la mia”

«Non mi interessa la presidenza, né un ruolo di vice, né la Giunta. Ho già dato. Sono uno spirito libero e posso permettermi di dire quello che penso e che provo», chiarisce subito Petrucci. Una risposta definitiva? «Sì, soprattutto se le cose vanno avanti come stanno andando: male».

“Rapporto col governo da ricostruire”

Petrucci denuncia una classe dirigente sportiva troppo autoreferenziale e in contrasto permanente con la politica: «Il Coni non è più quello di una volta. Ora la cassa la tiene lo Stato, e con lo Stato bisogna dialogare. Soprattutto le piccole e medie federazioni, che vivono di contributi pubblici».

Contesta anche i trionfalismi: «Non sono i dirigenti a vincere medaglie, ma atleti, tecnici, società e lo Stato che li finanzia. Dobbiamo essere meno presuntuosi e capire che la nostra autonomia è di secondo grado».

“Il prossimo presidente? Serve discontinuità”

Chi si candiderà dovrà “ripassare Einstein”, dice ironico: «Bisogna cambiare quando necessario. Basta guerre con la politica. Serve autorevolezza e pesi massimi in Giunta».

E qui Petrucci fa nomi e cognomi: «Gravina o Marotta vicepresidente, e in Giunta Binaghi e Barelli, dirigenti di federazioni che funzionano. Come puoi pensare a un Coni forte senza di loro?».

“Buonfiglio? Ha coraggio, ma serve un altro profilo”

Senza citarlo apertamente, Petrucci mette in discussione la candidatura di Luciano Buonfiglio, presidente della Canoa e sponsorizzato da Malagò: «Conosco il curriculum degli ex presidenti del Coni in rapporto al suo. Se ha i voti, buon per lui. Ma il concetto che il presidente debba essere “uno dei nostri” è provinciale. Dobbiamo aprirci».

“Abodi? Servono impianti. E un piano quadriennale”

Al ministro dello Sport Petrucci chiede «un programma chiaro e aiuti per gli impianti, che sono in condizioni disastrose». E su Diana Bianchedi taglia corto: «Mi sembra già dimenticata». Su Luca Pancalli: «Ci sono rimasto male quando non ci ha dato i paralimpici, ma vedremo il programma».

“Malagò promosso sul piano umano, ma…”

Il giudizio su Malagò è diplomatico: «Promosso per il rapporto umano e per la sua conoscenza dello sport, ma sul piano politico mi astengo». E chiude con una battuta sul padre del presidente uscente: «Un grandissimo dirigente sportivo. Da lui ho comprato un’auto nuova, non usata».

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Cronache

Molestie al Concertone del Primo Maggio, Piantedosi: “Espelleremo i tre studenti tunisini”

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Il Concertone del Primo Maggio a San Giovanni è stato macchiato da un grave episodio di violenza sessuale. Tre studenti tunisini — due di 25 anni iscritti al Dams, e uno di 22 che studia Ingegneria a Roma Tre — sono stati arrestati con l’accusa di molestie sessuali di gruppo nei confronti di una ragazza italiana di 25 anni originaria di Caserta. Il fatto ha provocato una bufera politica e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato l’avvio della procedura di espulsione: «Per i tre cittadini stranieri è stato chiesto il nulla osta al magistrato per procedere all’espulsione», ha dichiarato.

Convalidato l’arresto, ma solo obbligo di firma

I tre sono stati giudicati per direttissima presso il tribunale di Piazzale Clodio. Nonostante la richiesta di custodia cautelare della Procura, il giudice ha convalidato l’arresto ma ha disposto l’obbligo di firma in attesa del processo. Una decisione che ha innescato una vasta ondata di reazioni politiche e sociali, con prese di posizione molto dure da parte di esponenti della maggioranza e dell’opposizione.

La politica si divide: accuse incrociate tra destra e sinistra

La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella (FdI) ha accusato il centrosinistra di non aver preso posizione: «Dispiace che non ci sia stata una condanna corale». Il senatore Maurizio Gasparri (FI) ha parlato di «sinistra ipocrita», mentre Filippo Sensi (Pd) ha replicato in modo durissimo su X: «Perché i 3 molestatori siano liberi stento a capirlo. Le polemiche della destra mi fanno schifo».

“Serve un segnale chiaro”: l’intervento dei sindacati

I sindacati Cgil, Cisl e Uil, organizzatori dell’evento, hanno definito l’episodio «grave e intollerabile», soprattutto perché avvenuto durante una manifestazione per i diritti e le libertà. Dura anche la reazione della capogruppo di Italia Viva al Senato, Raffaella Paita, che ha ricordato come il caso richiami per dinamiche il famigerato “taharrush gamea” verificatosi a Milano a Capodanno.

Salvini e la Lega: espulsione immediata e nuova legge

Il vicepremier Matteo Salvini ha invocato l’immediata espulsione dei tre stranieri, mentre Laura Ravetto (Lega) ha rilanciato la proposta di legge per inasprire le pene in caso di violenza di gruppo, definendola una pratica legata a «subculture incompatibili con i valori occidentali». Il capogruppo leghista al Campidoglio Fabrizio Santori ha chiesto al sindaco di Roma Roberto Gualtieri di spostare il Concertone da Piazza San Giovanni, definendolo «dannoso per un luogo di alto valore storico e religioso».

La testimonianza della vittima: tra urla e solidarietà

Infine, è stato smentito il racconto secondo cui la folla sarebbe rimasta indifferente. Secondo la testimonianza della stessa vittima, molte persone hanno collaborato con le forze dell’ordine per rintracciare i tre sospettati e l’hanno confortatadopo l’aggressione. La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha parlato di un’«indifferenza agghiacciante», ma il racconto della ragazza offre uno scenario più sfumato, sebbene l’episodio resti gravissimo e abbia lasciato un segno profondo sull’opinione pubblica.

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