Cronache
Mafia e riciclaggio su prodotti petroliferi: sequestro beni per un miliardo e tutti i nomi dei 70 arrestati
Pubblicato
4 anni fadel
Di
Fulvio Miele
Dalle prime ore del giorno i Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria, unitamente ai finanzieri dello S.C.I.CO. e ai Carabinieri del R.O.S., coordinati dalle rispettive Direzioni Distrettuali Antimafia e dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, stanno dando esecuzione a provvedimenti cautelari a carico di una settantina di persone responsabili di associazione di tipo mafioso, riciclaggio e frode fiscale di prodotti petroliferi. Contestualmente sono in corso sequestri di immobili, società e denaro contante per un valore di circa 1 miliardo di euro.
L’integrazione delle mafie nel mercato delle imprese è un processo emerso da tempo nelle più importanti indagini sulla criminalità organizzata, tanto che ormai è divenuto sistematico e globale il riciclaggio di denaro, frutto di traffici illeciti, non solo nella economia legale per “ripulirlo”, ma anche nell’economia criminale per produrre ulteriori proventi illeciti, in questo caso attraverso frodi fiscali nel settore degli oli minerali.
Le frodi nel settore degli oli minerali sono sempre più spesso oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica, soprattutto per gli importi milionari sottratti a tassazione. Tuttavia, quest’ultimo sembrava finora un campo criminale riservato a “specialisti” delle cartiere e delle frodi carosello, non necessariamente legati a clan della criminalità organizzata.
Ne è derivata una nefasta sinergia tra mafie e colletti bianchi, senza l’apporto dei quali le prime ben difficilmente avrebbero potuto far fruttare al massimo quel tipo di frodi fiscali.
L’operazione PETROL-MAFIE SPA rappresenta l’epilogo di indagini condotte su una duplice direttrice investigativa dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Napoli, Roma, Reggio Calabria e Catanzaro – con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e di Eurojust – che hanno fatto emergere la gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose originariamente diverse nel business della illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili, meri prestanome.
Sul campo oltre mille militari dei rispettivi Nuclei PEF e dello SCICO della Guardia di Finanza, nonché su Catanzaro dei ROS dei Carabinieri. Mentre sul fronte camorristico risulta la centralità del clan MOCCIA nel controllo delle frodi negli oli minerali oggetto delle misure odierne, sul versante della ‘ndrangheta i clan coinvolti sono PIROMALLI, CATALDO, LABATE, PELLE e ITALIANO nel reggino e BONAVOTA di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, ANELLO di Filadelfia e PISCOPISANI a Catanzaro.
Le indagini sull’infiltrazione camorristica: DDA Napoli e Roma.
Sul fronte anti-camorra hanno operato le DDA di Napoli e Roma, a mezzo di indagini rispettivamente sul clan MOCCIA e sulla Max Petroli SRL.
Il sodalizio criminale denominato “clan MOCCIA” costituisce una tra le più potenti e pericolose organizzazioni camorristiche del panorama nazionale ed è notorio per l’abilità nello stringere patti con esponenti di rilievo dei settori pubblico e privato per agevolare profittevoli investimenti di capitali illeciti nell’economia, legale e illegale.
Tra le indagini condotte dalla DDA di Napoli negli ultimi 15 anni sui MOCCIA, quella odierna mette in luce le più attuali evidenze degli interessi dei MOCCIA nell’Economia legale, in particolare nel “settore strategico dei petroli”. Questa attività prende le mosse nel 2015 da una indagine del GICO della Guardia di Finanza di Napoli – su delega della DDA partenopea – che riguardava inizialmente rilevanti investimenti del clan MOCCIA nei settori dell’edilizia e del mercato immobiliare.
A conferma dell’importanza attribuita al nuovo canale “legale” di investimento, se ne occupa personalmente un esponente di vertice del clan, Antonio MOCCIA attraverso contatti, ampiamente intercettati, con l’imprenditore di settore Alberto Coppola, coi commercialisti Claudio ABBONDANDOLO e Maria Luisa DI BLASIO e col faccendiere Gabriele COPPETA. Infatti COPPOLA utilizzava nelle proprie relazioni commerciali la sua parentela con MOCCIA Antonio, presentandosi all’occorrenza come suo cugino; lo stesso MOCCIA qualificava il COPPOLA pubblicamente come suo “cugino”.
Attraverso una serie di operazioni societarie, il gruppo entra in rapporti con la Max Petroli SRL – ora MADE PETROL ITALIA SRL – di Anna BETTOZZI, che aveva ereditato l’impero di Sergio DI CESARE, noto petroliere romano.
La BETTOZZI, trovandosi a gestire una società in grave crisi finanziaria, grazie alla conoscenza di Coppola era riuscita a ottenere forti iniezioni di liquidità da parte di vari clan di camorra, tra cui quelli dei MOCCIA e dei casalesi, che le avevano consentito di risollevare le sorti dell’impresa, aumentando in modo esponenziale il volume d’affari, passato da 9 milioni di euro a 370 milioni di euro in tre anni, come ricostruito dal III Gruppo Tutela Entrate della GDF di Roma su delega della DDA capitolina, anche grazie alla trasmissione da parte della Procura di Napoli delle proprie risultanze investigative, in totale osmosi informativa.
Risulta che la BETTOZZI avrebbe sfruttato non solo il riciclaggio di denaro della camorra, ma anche i classici sistemi di frode nel settore degli oli minerali, attraverso la costituzione di 20 società “cartiere” per effettuare compravendite puramente cartolari in modo tale eludere con la MADE PETROL le pretese erariali, potendo così rifornire i network delle c.d. “pompe bianche” a prezzi ancor più concorrenziali.
Il successo imprenditoriale consentiva inoltre agli indagati di mantenere un elevato tenore di vita, fatto di sontuose abitazioni, gioielli, orologi di pregio e auto di lusso.
Nel mese di maggio 2019, ad esempio, la BETTOZZI fu fermata a bordo di una Rolls Royce alla frontiera di Ventimiglia (IM), mentre si recava a Cannes per partecipare all’omonimo festival del cinema, e trovata in possesso di circa € 300.000 in contanti. I successivi accertamenti presso il lussuoso albergo a Milano dove soggiornava, consentirono di rinvenire altri 1,4 milioni di euro, sempre in contanti, poi sottoposti a sequestro.
Nel frattempo, i MOCCIA ponevano la base logistica per lo svolgimento delle attività fraudolente negli uffici napoletani di COPPOLA da dove venivano coordinate le commesse di materiale petrolifero e organizzato il vorticoso giro di fatturazioni per operazioni inesistenti e i movimenti finanziari (esclusivamente on-line). Per il gruppo criminale, infatti, una volta disposti i bonifici relativi al formale pagamento del prodotto energetico sorgeva la necessità di monetizzare in contanti le somme corrispondenti all’IVA non versata all’erario dalle società cartiere.
Per la raccolta delle ingenti somme liquide derivanti dalla frode, il clan MOCCIA si avvaleva di una vera e propria organizzazione parallela, autonoma e strutturata, atta al riciclaggio di elevate risorse finanziarie, gestita da “colletti bianchi”, attiva sia sul territorio partenopeo che su quello romano. In pratica, le società “cartiere” gestite dal gruppo COPPOLA, una volta introitate le somme a seguito delle forniture di prodotto petrolifero, effettuavano con regolarità ingenti bonifici a società terze, simulando pagamenti di forniture mai avvenute. Quest’ultimo, mediante la propria organizzazione territoriale, provvedeva ai prelevamenti in contanti e allerestituzioni tramite “spalloni”. Nello svolgere tale attività, questo gruppo tratteneva per sé una percentuale su quanto incassato.
Si trattava in buona sostanza di soldi provenienti dalle attività illecite dei clan reinvestiti in un settore economico legale, quello dei petroli, per produrre altri proventi illeciti attraverso le frodi fiscali: un effetto moltiplicatore dell’Illecito che finisce per annichilire la concorrenza, sia per i prezzi alla pompa troppo bassi per gli operatori onesti, sia perché questi ultimi indietreggiano quando capiscono che hanno di fronte imprenditori mafiosi.
Per il territorio di Roma, quella struttura professionale si avvaleva di altri soggetti che gestivano piccoli gruppi di persone, le cui mansioni erano quelle di effettuare continui prelievi di contanti (in misura frazionata) su conti correnti postali intestati a società cartiere e/o a soggetti prestanome. Tali risorse finanziarie in contanti, una volta raccolte, venivano concentrate nell’area napoletana, e fatte pervenire, tramite “spalloni”, agli stessi riciclatori romani, che successivamente provvedevano alla consegna ai “clienti”, tra i quali come detto figurava proprio il gruppo societario facente capo ad Alberto COPPOLA e Antonio MOCCIA, a perfetta chiusura del riciclo di denaro sporco.
Riassumendo, quindi, Antonio MOCCIA, Alberto COPPOLA e Anna BETTOZZI risultano gravemente indiziati di aver stretto un accordo societario di fatto per la commissione di illeciti di cui hanno beneficiato praticamente tutti i soggetti coinvolti; il rapporto con COPPOLA Alberto è stato fondamentale per la BETTOZZI in quanto l’uomo è subentrato nell’azienda in un momento di evidenti difficoltà economiche e gestionali dovute anche ai problemi di salute del marito Sergio DI CESARE. La BETTOZZI, infatti, è risultata donna scaltra e molto ben inserita negli ambienti del potere imprenditoriale (e non solo) capitolino, e tuttavia non all’altezza di sostituire da sola il coniuge, petroliere di collaudata esperienza: il patto con COPPOLA e MOCCIA, dunque, ha apportato agli affari comuni la competenza “specialistica” del COPPOLA e soprattutto le provviste finanziare e il sostegno del potere mafioso del MOCCIA, le une e l’altro non soltanto ben accetti ma anche ricercati dal mondo affaristico romano.
Come emerso dalle indagini napoletane, la rilevanza dell’incipiente business dei MOCCIA nel settore degli oli minerali, nel quale quel clan era diventato egemone proprio grazie ai prezzi super-competitivi ottenuti grazie alle frodi, provoca reazioni anche violente da parte di altri clan della camorra. Alberto COPPOLA subisce due attentati con esplosione di colpi di pistola, a seguito dei quali non esita a chiedere aiuto al suo referente e parente Antonio MOCCIA che si attiva. Ne consegue una pax mafiosa, imposta dai MOCCIA e suggellata con la cessione di una quota dell’impianto di carburanti al clan MAZZARELLA.
Le indagini sulla ‘ndrangheta: DDA Catanzaro.
Sul versante delle indagini sulla ‘ndrangheta, l’indagine, avviata nel giugno 2018 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – Direzione Distrettuale Antimafia, quale naturale prosecuzione dell’operazione “Rinascita-Scott”, si è incentrata sulle figure di taluni imprenditori vibonesi, attivi nel settore del commercio di carburanti, ritenuti espressione della cosca MANCUSO di Limbadi, nonché collegati alle articolazioni ‘ndranghetistiche sia della Provincia di Vibo Valentia (BONAVOTA di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, ANELLO di Filadelfia e PISCOPISANI) che del “reggino” (cosca PIROMALLI, cosca ITALIANO diDelianuova, cosca PELLE di S. Luca).
In particolare, sono stati accertati due sistemi di frode, riguardanti il commercio del gasolio, attraverso il coinvolgimento di 12 società, 5 depositi di carburante e 37 distributori stradali, elaborati, organizzati e messi in atto proprio dagli indagati.
La lunga attività investigativa ha fatto emergere gravi indizi a carico di soggetti mafiosi che, grazie alla collaborazione di imprenditori titolari e gestori di attività economiche ubicate in Sicilia, operanti nel medesimo settore, avrebbero costituito, organizzato e diretto un’associazione per delinquere, con base in Vibo Valentia, finalizzata alla evasione dell’IVA e delle accise su prodotti petroliferi.
L’associazione avrebbe commesso innumerevoli reati fiscali ed economici: contrabbando di prodotti petroliferi, l’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, l’interposizione di società “cartiere”, la contraffazione e utilizzazione di Documenti di Accompagnamento Semplificati (DAS), il riciclaggio, il reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, l’auto-riciclaggio, il trasferimento fraudolento di valori e altri.
Il sistema di frode consisteva nell’importazione, perlopiù dall’est-Europa, di prodotti petroliferi artefatti (miscele) e oli lubrificanti, successivamente immessi in commercio come gasolio per autotrazione, con conseguenti cospicui guadagni dovuti al differente livello di imposizione. I prodotti venivano, quindi, trasportati, con documentazione di accompagnamento falsa, presso i siti di stoccaggio nella disponibilità dell’associazione, ubicati in Maierato (VV) e Santa Venerina (CT), pronti per essere immessi sul mercato (sia fatturato che completamente in nero) come “gasolio per autotrazione”, categoria merceologica di maggiore valore, soggetta ad un’accisa superiore, con notevole margine di guadagno.
In tal modo, dal 2018 al 2019, sono stati movimentati circa 6.000.000 di litri di gasolio per autotrazione di provenienza illecita, cui corrisponde un’evasione di accisa pari ad euro 5.766.018,60. Inoltre, sono stati accertati episodi di omessa dichiarazione dell’IVA, con un’evasione pari ad euro 661.237,86, di emissione di fatture per operazioni inesistenti per euro 1.764.022,27, nonché di omesso versamento di IVA per euro 1.729.586,00.
Altra tipologia di frode, riconducibile a una seconda associazione per delinquere, contemplava lo strumentale ricorso al deposito fiscale romano dalla società MADE PETROL ITALIA S.r.l. e sarebbe stata anch’essa promossa e organizzata a Vibo Valentia, con il contributo dei medesimi imprenditori vibonesi e con la partecipazione di indagati (soprattutto) romani e napoletani – a loro volta intranei ad associazioni camorristiche napoletane.
In questo caso, gli associati acquistavano, dal suddetto deposito, ingenti quantitativi di prodotto petrolifero, formalmente riportato sui documenti come “gasolio agricolo” e, quindi, soggetto ad imposizione di favore, movimentando in realtà vero e proprio “gasolio per autotrazione”, con consistente fraudolento risparmio di spesa ed elevatissimi margini di guadagno.
Ancora una volta, i sodali perseguivano l’obiettivo di evadere le imposte e, quindi, di lucrare illecitamente su tali commerci, emettendo fatture per operazioni inesistenti, simulando la titolarità/gestione di società “cartiere” in capo terzi, utilizzando documentazione mendace, riciclando/reimpiegando, in attività economiche, denaro provento di attività illecita e così via.
Anche in questo ulteriore canale di contrabbando, peraltro, è risultata coinvolta una compagine catanese, facente capo a soggetti già implicati in precedenti attività investigative, quali imprenditori di riferimento delle famiglie mafiose di Catania dei clan MAZZEI e PILLERA.
In concreto, negli anni 2018 e 2019, mediante il citato sistema illecito, sono stati movimentati, rispettivamente, oltre 2.400.000 litri e oltre 1.900.000 litri di prodotto petrolifero, con un’evasione di accisa per euro 1.862.669,29 e un’evasione di IVA per euro 618.589,68 per omessa dichiarazione, oltre alla emissione di fatture per operazioni inesistenti per euro 249.826,97.
In tale frangente, inoltre, sarebbe emerso il solido collegamento tra i prevenuti vibonesi e i gestori di un deposito fiscale, sito in Locri, ove i sodali campani e siciliani avevano interesse ad avviare stabili commerci, al fine di sviluppare ulteriori e parimenti remunerative forme di frode.
Nella rete di contrabbando di prodotti petroliferi e conseguente riciclaggio, poi, gravi indizi convergono sul coinvolgimento anche di esponenti di primo piano della cosca MANCUSO, quali gestori (seppure per interposta persona) di impianti di distribuzione di carburante.
Ulteriore conferma della diffusività del fenomeno criminale investigato e della capacità di propagazione dello stesso si rinvengono nel segmento investigativo che ha messo in luce il tentativo, sempre ad opera degli imprenditori vibonesi, congiuntamente agli esponenti apicali della famiglia MANCUSO, di aprire nuovi canali di importazione di carburante direttamente in Calabria, mediante l’avvio di trattative col rappresentante di un importante gruppo petrolifero internazionale, appositamente giunto in Calabria.
È stato possibile, infatti, monitorare l’incontro, tra tutti i predetti, nel corso del quale si trattava della realizzazione di un ambizioso progetto ingegneristico e commerciale, consistente nella realizzazione di un deposito fiscale-costiero di prodotti petroliferi, nell’area industriale di Portosalvo (VV), da collegare, attraverso una condotta sottomarina, ad una grande cisterna galleggiante, da collocare al largo della costa vibonese.
In ultimo, ma non meno rilevante, l’indagine ha permesso di far luce sugli interessi della criminalità organizzata vibonese nel settore edile, nel quale sono forti gli indizi del totale controllo mafioso, da parte delle maggiori consorterie attive sul territorio (MANCUSO, BONAVOTA, FIARE’-RAZIONALE-GASPARRO, ANELLO), soprattutto nelle forniture di calcestruzzo, per i maggiori cantieri all’opera nel territorio della provincia di Vibo Valentia.
Le indagini sulla ‘ndrangheta: DDA Reggio Calabria.
A Reggio Calabria, infine, sempre oggi, sono giunte a epilogo complesse indagini condotte dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dal Servizio Centrale I.C.O. di Roma, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che hanno riguardato una struttura organizzata, attiva nel commercio di prodotti petroliferi, gravemente indiziata di aver utilizzato sistemi di frode allo scopo principale di evadere le imposte, in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo (improprio) delle c.d. “Dichiarazioni di Intento”, sotto la direzione strategica di un commercialista e con la compiacenza di soggetti esercenti depositi fiscali e commerciali, con un controllo capillare dell’organizzazione criminale di tutta la filiera della distribuzione del prodotto petrolifero, dal deposito fiscale ai distributori stradali.
Le investigazioni puntavano a far emergere gli interessi della ‘ndrangheta, della mafia siciliana e della camorra, nella gestione del business del commercio di prodotti petroliferi sull’intero territorio nazionale.
Tra i principali membri apicali del sodalizio spiccano:
RUGGIERO Vincenzo cl ‘35 e RUGGIERO Gianfranco cl’ 61, espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “PIROMALLI” operante nel mandamento tirrenico della provinciale di Reggio Calabria e, segnatamente, nel locale di Gioia Tauro;
- CAMASTRA Giovanni cl’ 64 e CAMASTRA Domenico cl’ 71 e le entità giuridiche agli stessi riconducibili, espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “CATALDO” operante nel mandamento ionico della provinciale di Reggio Calabria e, segnatamente, nel locale di Locri; gli stessi sono stati, nel tempo, anche al servizio di varie cosche di ‘ndrangheta (PELLE di San Luca, AQUINO di Gioiosa Ionica, CORDI’ di Locri e FICARA- LATELLA di Reggio Calabria);
- DEL LORENZO Giuseppe cl’ 75, contiguo alla cosca “LABATE” dominante nella zona sud di Reggio Calabria.
Le società investigate (“cartiere”), affermando fraudolentemente di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, presentavano alla ITALPETROLI S.p.A. di Locri – volano della frode – la relativa dichiarazione di intento per l’acquisto di prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’IVA; il prodotto così acquistato, a seguito di diversi (e cartolari) passaggi societari, veniva poi ceduto, a prezzi concorrenziali, ad individuati clienti. In sostanza:
la frode si innescava attraverso le forniture di prodotto (in regime di non imponibilità) effettuate dal deposito fiscale (nonché deposito IVA), consapevole e promotore del sistema fraudolento; l’acquisto veniva effettuato, senza applicazione dell’IVA, da imprese cartiere che, prive dei requisiti richiesti dalla normativa di settore per assumere la qualifica di esportatore abituale, presentavano false dichiarazioni d’intento; tali operatori,formalmente amministrati da prestanome nullatenenti, erano riconducibili e gestiti direttamente dall’organizzazione criminale;
le società “cartiere”, attraverso broker operanti sul territorio calabrese, campano e siciliano, vendevano ai clienti finali a prezzi assolutamente concorrenziali, al di sotto del valore di mercato, sfruttando indebitamente il vantaggio economico dell’IVA non versata.
In merito, l’organizzazione investigata, a seguito di un controllo fiscale nei confronti dell’ITALPETROLI S.p.A., ha adottato una serie di accorgimenti che hanno portato ad un mutamento del sistema fraudolento optando per la drastica soluzione di omettere il versamento dell’imposta sul valore aggiunto e sulle accise e, di conseguenza, mandare il deposito definitivamente in default.
Nel corso delle indagini è stato ricostruito:
- un giro di false fatturazioni per un ammontare imponibile complessivo pari ad oltre 600
milioni di euro e IVA dovuta pari ad oltre 130 milioni di euro;
- l’omesso versamento di accise per circa 31 milioni di euro; al riguardo le investigazioni hanno consentito di accertare che i membri del sodalizio, nella fase di default, formavano e trasmettevano all’Agenzia delle Dogane un fittizio (con attestazione falsa di “pagato”) modello F24 attestante il pagamento delle accise dovute dalla ITALPETROLI S.p.A. per il mese di marzo 2019 – per un importo di circa 11 milioni di euro – col duplice fine di scongiurare eventuali controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria e, di conseguenza, proseguire con il disegno illecito.
Nel mese di maggio del 2019, a riscontro all’attività investigativa, è stata sequestrata la somma contante di 1.086.380,00 di euro, occultata all’interno di un’autovettura appositamente modificata per l’occultamento e il trasporto della valuta.
I proventi illeciti, così ripartiti dai membri dell’organizzazione, sarebbero stati in quota parte, reinvestiti nel medesimo circuito criminale e/o impiegati in altre attività finanziarie/imprenditoriali così determinando un giro di riciclaggio – autoriciclaggio, per un importo complessivo pari ad oltre 173 milioni di euro; quota parte di detto importo (pari ad oltre 41 milioni di euro) veniva riciclato su conti correnti esteri riconducibili a società di comodo bulgare, rumene, croate e ungheresi, per poi rientrare nella disponibilitàdell’organizzazione medesima.
Riepilogo dei reati contestati e dei provvedimenti eseguiti
TOTALE COMPLESSIVO MISURE PERSONALI: N. 71 (56 OCC + 15 FERMI) TOTALE SEQUESTRI: 946.500.000 euro
DDA NAPOLI
Misure cautelari personali nei confronti di n. 10 soggetti (6 arresti in carcere, 4 arresti domiciliari). Sequestri per circa 4.500.000 euro.
Reati ipotizzati: artt. 416 bis (associazione di tipo mafioso), 416 bis 1. (circostanza aggravante per reati connessi ad attività mafiose), 512 bis (trasferimento fraudolento di valori), 513 bis (illecita concorrenza con minaccia o violenza), 629 (estorsione) in relazione al 628 comma nn.1 e 3, 648 bis (riciclaggio), 648 ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita), 648 ter.1 (auto- riciclaggio), 240 bis (confisca per sproporzione), 110 (concorso nel reato), 56 (tentativo) e 81 c.p.v. c.p. e artt. 10, 12 e 14 L. 497/74 (detenzione e porto illegale di armi).
Hanno operato 220 Finanzieri del Comando Provinciale Napoli.
Destinatari dei provvedimenti cautelari:
- CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
- COPPETA Gabriele, nato ad Afragola il 04.04.1965;
- COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
- D’AMICO Salvatore alias “O’ Pirata”, nato a Napoli il 01/08/1973;
- LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
- MAZZARELLA Francesco, nato a Napoli il 14.05.1971;
- VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983.
- ARRESTI DOMICILIARI
- ABBONDANDOLO Claudio, nato a Napoli il 22.12.1972;
- COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
- DI BLASIO Maria Luisa, nata a Napoli il 21.11.1950;
- FIANDRA Aldo, nato a Casoria (NA) il 20.04.1960;
DDA ROMA
Misure cautelari personali nei confronti di n. 23 persone (10 in carcere e 13 agli arresti domiciliari). Sequestri per oltre 200 milioni di euro.
Reati ipotizzati: associazione per delinquere costituita per la commissione di plurimi reati tributari, illecita commercializzazione di prodotti petroliferi, riciclaggio nonché autoriciclaggio, anche al fine di agevolare le attività di associazioni di tipo mafioso.
Hanno operato 200 Finanzieri del Comando Provinciale Roma.
Destinatari dei provvedimenti cautelari:
- CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE
- AURIEMMA Ferdinando, nato a Caserta il 19.02.1979;
- BETTOZZI Anna, nata a Roma il 27/07/1958;
- BETTOZZI Filippo Maria, nato a Roma il 02/09/1987;
- COPPOLA Alberto, nato a Napoli il 19.07.1967;
- D’AGOSTINO Felice, nato a Terlizzi (BA) il 3.02.1982;
- MERCADANTE Giuseppe, nato a Caserta il 13.01.1979;
- MOCCIA Antonio, nato ad Afragola (NA) il 13.06.1964;
- STRINA Roberto, nato il 20.12.1980;
- SCHIAVONE Armando, nato a Capua (CE) il 07.12.1974.
- VIVESE Giuseppe, nato a Napoli il 06.08.1983;
- ARRESTI DOMICILIARI
11. CIUCCIO Raffaele, nato ad Afragola (NA) il 19.06.1964;
12. COPPOLA Eduardo, nato Napoli il 16.12.1962;
13. COPPOLA Roberta, nata a Torre del Greco (NA), il 02.03.1998; 14. COPPOLA Silvia, nata a Torre del Greco (NA) il 23.02.1995;
15. DEL BENE Vittorio, nato a Nocera Inferiore (SA) il 05.02.1981;
16. DI CESARE Virginia, nata a Roma il 25.09.1993;
17. D’APOLITO Ilario, nato a Vallo della Lucania (PZ) il 13.07.1982; 18. DI FENZA Luigi, nato a Napoli il 22.02.1954;
19. LIBERTI Domenico, nato a Napoli il 26.03.1969;
20. LIONE Marco, nato a Napoli il 31.07.1973;
21. SALVI Stefano, nato a Roma il 08.10.1979.
22. SPADAFORA Gennaro, nato a Torre del Greco (NA) il 28.10.1974; 23. TOSCANO Claudio, nato a Napoli il 13.02.1966.
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Cronache
Medvedev: Zelensky farà una triste fine, abbattere regime Kiev
Pubblicato
17 minuti fadel
29 Aprile 2025
Il numero due del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, ha dichiarato che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky “finirà nel modo più triste” e che le truppe russe devono concludere “con una vittoria” l’invasione dell’Ucraina e “distruggere” quello che lui, seguendo la definizione della propaganda del Cremlino, definisce “il regime neonazista di Kiev”. Lo riporta l’agenzia di stampa ufficiale russa Ria Novosti.
“Quando il capo di uno Stato, anche uno così particolare come l’Ucraina, e un tipo così patologico come questo personaggio, si vanta di queste cose, significa solo una cosa: che alla fine anche lui finirà nel modo più triste”, ha detto Medvedev, commentando la notizia, ripresa anche dalla Reuters, secondo cui Zelensky avrebbe elogiato l’intelligence ucraina per l’uccisione di alcuni alti ufficiali russi ma senza riferimenti a casi specifici.
“Innanzitutto, dobbiamo completare l’operazione militare speciale in Ucraina con una vittoria e dobbiamo distruggere il regime neonazista di Kiev, ma il regime, non lo Stato, il cui destino è una questione del futuro”, ha detto poi l’ex presidente russo usando la dicitura “operazione militare speciale” con cui il Cremlino indica l’aggressione militare contro l’Ucraina. La Russia di Putin ha invaso l’Ucraina sostenendo di volerla “denazificare”, ma la tesi di Mosca secondo cui il governo di Kiev sarebbe “neonazista” è considerata del tutto infondata dalla stragrande maggioranza degli analisti politici.
Cronache
Ischia ritrova la sua giustizia: il Tribunale torna operativo con le udienze del giovedì
Il Tribunale di Ischia riapre le udienze del giovedì grazie al decreto del presidente vicario Scoppa. Una vittoria per avvocati, cittadini e istituzioni locali dopo mesi di proteste.
Pubblicato
6 ore fadel
29 Aprile 2025
Una notizia attesa con speranza dai più ottimisti e insperata da altri, ma che segna un passaggio decisivo nella lunga battaglia per la tutela del presidio giudiziario dell’isola verde. Il presidente vicario del Tribunale di Napoli, Gianpiero Scoppa, ha disposto il ripristino delle udienze a Ischia, restituendo piena funzionalità alla sezione distaccata locale.
Una decisione che accoglie le istanze dell’Associazione Forense dell’isola di Ischia e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, protagonisti di una mobilitazione decisa culminata nello sciopero del 5 aprile scorso e nel ricorso al TAR presentato con il sostegno dei sei Comuni isolani.
Il decreto del giudice Scoppa: ritorno alla normalità
Il provvedimento firmato da Scoppa prevede l’assegnazione provvisoria del giudice onorario Ciro Ravenna al settore civile della Sezione distaccata di Ischia, in qualità di Giudice dell’Esecuzione, con il compito di gestire le udienze precedentemente seguite dalla giudice Criscuolo.
Nel decreto si evidenzia che Ravenna, rientrato in servizio nel 2025 dopo un incarico all’Ufficio del Giudice di Pace, aveva espressamente chiesto di essere destinato a una sezione civile in virtù della propria formazione professionale. La sua collocazione a Ischia rappresenta dunque una soluzione funzionale per sopperire alle gravi carenze d’organico che affliggono il Tribunale isolano.
Il decreto ha effetto immediato, garantendo il ripristino delle udienze del giovedì e segnando una svolta dopo mesi di polemiche, disservizi e disagi per professionisti, cittadini, testimoni e imputati costretti agli spostamenti sulla terraferma.
La soddisfazione dell’Assoforense e dell’avvocatura
«Quello ottenuto è un risultato importante», ha commentato Alberto Morelli, presidente dell’Assoforense Ischia. «Scoppa aveva già dimostrato attenzione e sensibilità alla nostra situazione. Ora arriva un passo concreto che ridà dignità alla nostra professione e servizio alla cittadinanza».
Anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli esprime soddisfazione per l’esito di un lavoro di sinergia tra istituzioni e avvocati, premiato da un risultato tangibile dopo mesi di diplomazia e pressione istituzionale.
La battaglia continua: si attende la stabilizzazione definitiva
Sebbene l’assegnazione di Ravenna rappresenti una boccata d’ossigeno, resta ancora aperta la questione della stabilizzazione definitiva del Tribunale di Ischia, promessa più volte dal Governo centrale ma mai concretamente attuata.
Il clima ora è più disteso, ma solo un atto definitivo potrà chiudere quella che gli avvocati dell’isola definiscono «una lunga parentesi di giustizia precaria».
Cronache
Conclave 2025, i cardinali decidono: si comincia il 7 maggio
Il Conclave per eleggere il successore di Papa Francesco inizierà il 7 maggio. I cardinali si riuniranno nella Cappella Sistina: le regole, i tempi e il ruolo di Parolin.
Pubblicato
7 ore fadel
29 Aprile 2025
I cardinali hanno deciso: il Conclave che eleggerà il 266esimo successore di Pietro inizierà il 7 maggio, mercoledì prossimo, nel pomeriggio. L’annuncio è arrivato dopo l’assemblea dei porporati che ha scelto di prendersi qualche giorno in più per motivi principalmente logistici.
Più tempo per sistemare gli elettori
La decisione di posticipare l’inizio del Conclave rispetto alla conclusione dei novendiali di suffragio per Papa Francesco, che termineranno domenica, è dovuta alla necessità di organizzare adeguatamente l’accoglienza dei 135 cardinali elettori – il numero più alto mai registrato – presso la Casa Santa Marta. Due porporati, infatti, hanno già annunciato la rinuncia per motivi di salute.
La guida del Conclave
A presiedere il Conclave sarà il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, poiché il Decano Giovanni Battista Re e il Vice Decano Leonardo Sandri, avendo superato gli ottant’anni, non parteciperanno alle votazioni. Toccherà a Parolin, quindi, interrogare il nuovo eletto circa l’accettazione del pontificato e il nome che vorrà assumere.
Prima dell’inizio delle votazioni, la mattina del 7 maggio, il cardinale Re celebrerà la Missa pro eligendo Romano Pontifice nella Basilica di San Pietro. Nel pomeriggio, i cardinali si raccoglieranno nella Cappella Paolina per poi entrare in processione nella Cappella Sistina intonando il “Veni Creator Spiritus”, invocando l’assistenza dello Spirito Santo.
Le regole del Conclave
Come stabilito dalla Costituzione Universi Dominici Gregis di San Giovanni Paolo II, i cardinali hanno giurato di rispettare rigorosamente le norme che regolano l’elezione. Sono vietate influenze esterne, pressioni, favoritismi o avversioni personali. L’unico criterio dev’essere il bene della Chiesa e la gloria di Dio.
Il nuovo Papa dovrà essere eletto con una maggioranza qualificata di due terzi. Dopo il comando “Extra omnes” (“Fuori tutti”), inizieranno le votazioni: il primo scrutinio sarà effettuato il 7 maggio. Dal giorno successivo, se necessario, si procederà con quattro votazioni quotidiane, due al mattino e due al pomeriggio.

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