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Economia

Quasi tutti gli Stati e l’Antitrust USA contro il monopolio di Facebook

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Nello scorso Dicembre 2020, abbiamo tutti appreso che ben 47 dei 50 Stati dell’Unione Americana (USA) e la Federal Trade Commission (omologa della nostra Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato) sono scesi in campo per dichiarare guerra al monopolio di Facebook, con il Procuratore Generale di New York in prima fila. Oggetto dell’accusa, neanche a dirlo, l’alterazione della concorrenza e danni ai consumatori. Nel mirino dell’Antitrust americana anche l’abuso di posizione dominante che si sarebbe venuta a creare a seguito delle ultime acquisizioni, in particolare quelle di Instagram e WhatsApp.

Ma cosa succede nella galassia di questo colosso social o forse, peggio, cosa non sta accadendo?

Come già più volte sottolineato, questo gigante sembra essersi auto condannato ad una crescita che forse inizia a dare segni di insostenibilità. Una corsa troppo sostenuta dunque, che se non sorretta da una vera e propria riforma di sistema, potrebbe costare caro alla creatura di Mark Zuckerberg. 

Sì, una vera “riforma” perché Facebook assomiglia sempre di più ad un mondo parallelo, dove 2,7 miliardi di persone vivono ormai quotidianamente la maggior parte della loro socialità. Serve maggiore attenzione ed un nuovo sistema per monitorare cosa accade davvero in questa Comunità mondiale e così proteggere tutti gli utenti, che con i loro accessi fanno mietere profitti stellari al gestore di una attività che assume sempre più i connotati di un servizio pubblico.

Appare poi intollerabile che sempre più profili vengano oscurati o addirittura eliminati definitivamente, senza che Facebook fornisca puntali e dettagliate motivazioni. Questa per altro è la nostra personale battaglia che stiamo portando avanti nei Tribunali italiani. Non si può affidare ad un algoritmo la sospensione o la cancellazione di un profilo, c’è bisogno di più, di ben altro.

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Cosa sta accadendo dunque? Appare plausibile pensare che questa crescita esponenziale, che ha consentito al meritevolissimo trentenne Mark Zuckerberg di accumulare in pochi anni un patrimonio stimato in oltre cinquanta miliardi di dollari, ceda un minimo di passo ad investimenti mirati, tali dal rendere il suo social network davvero un esempio di democrazia virtuale, dove possa essere definitivamente alienata, ad esempio, anche la possibilità di poter offendere chiunque senza conseguenze, oppure al rovescio, non infrangere alcuna regola ed essere oscurati magari perché si è manifestato un pensiero audace ma giusto, però “segnalato” dall’algoritmo o peggio ancora da naviganti in mala fede. Infatti, basta che un post, una foto o una semplice frase vengano indicate come contenuto “inappropriato” o “contrario alle regole della Community” – per altro così generiche ed ampie da indicare tutto e quindi niente – che un utente può subire un ingiusto blocco del proprio profilo per mesi o addirittura per sempre. Tutto senza reale contraddittorio, senza mai  poter conoscere le cause di una scelta che deve essere così solo unilateralmente sopportata. 

La mancata presenza poi di una Sede italiana (purtroppo il nostro Ordinamento ancora lo consente) ci costringe ad interloquire esclusivamente con quella irlandese di Dublino, con aggravio di costi e dispendio di energie, che spesso fanno desistere molti utenti, ingiustamente lesi da un atteggiamento di Facebook non di certo legittimo, dall’intraprendere qualsiasi percorso di rispetto dei propri diritti.

Un vero paradosso, sempre più insopportabile, sempre più ingiusto, sicuramente da superare.

 

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Borsa della Spesa, il caldo anticipa le produzioni estive

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Il caldo anticipa le produzioni estive, con il prezzo dei meloni retati siciliani “in veloce calo (-7,3% in una settimana) “poiché aumenta la produzione ma la domanda rimane ancora bassa”. A segnalarlo è La Borsa della Spesa, servizio settimanale di Borsa Merci telematica italiana (Bmti) e Italmercati, con il supporto di Consumerismo No Profit. Tra la frutta, rilevano inoltre gli analisti, le fragole sono nel pieno della loro produzione e i loro prezzi all’ingrosso, prosegue la nota, “sono stabili e vanno da 3,00 euro/Kg per le produzioni campane, siciliane e calabresi fino a 4,50 euro/kg per le produzioni lucane, di qualità maggiore.

In questa settimana è anche possibile acquistare gli ultimi kiwi italiani, venduti all’ingrosso intorno a 2,70 euro/kg. Tra gli ortaggi, le fave hanno raggiunto il picco della loro produzione e presentano prezzi all’ingrosso regolari, intorno a 1,50 euro/kg, grazie all’abbondanza della loro produzione. Molto richiesti anche i piselli, i cui prezzi all’ingrosso sono scesi questa settimana al di sotto di 3,00 euro/Kg. confermandosi mediamente intorno a 2,70 euro/kg.

I prezzi all’ingrosso degli asparagi oscillano da 3,50 a 4,50 euro/kg, in calo del 12,2% rispetto alla settimana precedente grazie all’aumento della produzione, soprattutto in Campania e in Puglia. Per i carciofi i prezzi all’ingrosso vanno da 0,30 a 0,70 euro al pezzo, a seconda della varietà. Nel settore ittico, abbondano le seppie, nel pieno della loro stagione e con prezzi che vanno da 10,00 a 15,00 euro/kg. Nel comparto carni si registrano prezzi in calo per i tagli anteriori di vitellone, che vanno da 6,55 a 6,65 euro/kg.

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Economia

Al via nuovo round del concordato, online il software

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Si apre la nuova stagione del concordato preventivo biennale per le partite Iva. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il software relativo al biennio 2025-2026. I contribuenti avranno tempo fino al 30 settembre per aderire al patto con il fisco che congela per due anni tasse e controlli, da cui quest’anno sono esclusi i forfetari. Sul sito dell’Agenzia delle entrate è ora disponibile il software ‘Il tuo Isa 2025 Cpb’ per calcolare il proprio indice sintetico di affidabilità (Isa) – una sorta di pagella fiscale sull’affidabilità del contribuente – e accedere alla proposta di concordato preventivo biennale per gli anni 2025 e 2026. Quest’anno l’adesione potrà essere formalizzata insieme alla dichiarazione o in alternativa in via ‘autonoma’, cioè inviando il modello Cpb insieme al solo frontespizio di Redditi 2025.

Possono aderire al concordato 2025-2026 i contribuenti che lo scorso anno hanno esercitato, in via prevalente, una delle attività economiche del settore dell’agricoltura, delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio per le quali risultano approvati gli Isa e che non hanno già un’adesione in corso per il primo biennio (2024-2025). Questa nuova tornata arriva dopo i risultati non proprio soddisfacenti del primo anno di sperimentazione. Per il periodo 2024-2025 hanno infatti aderito al concordato quasi 585.000 contribuenti, circa il 13% dei soggetti potenzialmente interessati. Con un incasso complessivo di circa 1,6 miliardi. Il governo puntava a raggiungere almeno 2,5 miliardi per poter estendere il taglio dell’Irpef al ceto medio.

E così, visto l’incasso di oltre 1,3 miliardi raggiunto alla scadenza del 31 ottobre, ha deciso una riapertura dei termini, dando tempo fino al 12 dicembre: ma nemmeno il ‘concordato bis’ è bastato a raggiungere i risultati sperati. La nuova stagione del concordato arriva con qualche novità, introdotta dal decreto legislativo approvato il 13 marzo dal consiglio dei ministri e ora in attesa del parere delle commissioni parlamentari. I termini per l’adesione vengono estesi dal 31 luglio al 30 settembre, inoltre, tenuto conto della sperimentalità del concordato, vengono esclusi i soggetti che adottano il regime forfetario. La proroga del concordato è stata chiesta a gran voce da commercianti, artigiani e commercialisti che facevano notare come il termine del 31 luglio cadesse in piena stagione della dichiarazione dei redditi. Stoppato dalle proteste delle opposizioni un primo tentativo di inserire la proroga, attraverso un emendamento dei relatori, nel decreto Milleproroghe, si è poi scelta la strada del decreto legislativo.

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Cresce il Pil italiano, ma vola anche l’inflazione: carrello della spesa a +2,6%, allarme dei consumatori

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L’economia italiana accelera nel primo trimestre del 2025, ma a pagarne il prezzo sono le famiglie, colpite da una nuova impennata dell’inflazione. Secondo i dati diffusi dall’Istat, il Pil è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% su base annua, portando la crescita acquisita per l’anno a +0,4%.

Un dato che soddisfa il governo: il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato di «segnale importante che dimostra la correttezza delle nostre previsioni e l’efficacia delle politiche economiche». Sulla stessa linea anche Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, che ha sottolineato come «l’Italia cresca più degli altri grandi Paesi europei». Infatti, l’Italia fa meglio di Germania (+0,2%) e Francia (+0,1%), ma è superata dalla Spagna (+0,6%).

Cresce il Pil ma volano i prezzi

Parallelamente, però, l’Istat ha certificato anche una risalita dell’inflazione, che ad aprile è salita al 2% (dall’1,9% di marzo). A preoccupare di più è il carrello della spesa, che registra un +2,6% su base annua, mentre l’inflazione di fondo (al netto di energetici e alimentari freschi) cresce da +1,7% a +2,1%.

Tra i principali fattori dell’aumento dei prezzi:

  • Alimentari: +3%

  • Servizi di trasporto: +4,4%

  • Voli internazionali: +31,6%

  • Voli nazionali: +26,3%

  • Alberghi e pensioni: +11,7%

L’allarme dei consumatori

Per il Codacons, questa inflazione significa un aggravio di +657 euro l’anno per una famiglia media, che sale a +895 euro per un nucleo con due figli. Il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona, ha definito la crescita del Pil «una magra consolazione», giudicando «preoccupante» l’accelerazione dell’inflazione. Secondo Dona, il rischio recessione è concreto, soprattutto in caso di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti.

Fiducia dei consumatori in calo

Federdistribuzione segnala un calo di oltre due punti della fiducia dei consumatori, il livello più basso da marzo 2021. Confesercenti invita alla cautela, ricordando che rispetto al 2021 i prezzi degli energetici sono saliti del 70% e quelli degli alimentari del 20%. Confcommercio, pur confermando che «la crescita non è brillante», invita a un «moderato ottimismo», stimando una possibile discesa dei prezzi nei prossimi mesi, passato l’effetto pasquale.

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