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Cronache

Omicidio di Christian Tarantino: arrestato Antonio Favale, amico della vittima. Dopo il delitto ha tentato il suicidio

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I carabinieri hanno arrestato il presunto assassino di Christian Tarantino, l’ingegnere 45enne sposato e padre di due figli, ucciso a Rotondella nel Materano il 23 gennaio scorso, lo hanno fatto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Matera. I carabinieri hanno arrestato Antonio Favale, amico da anni della vittima.

Fondamentale è stata infatti l’individuazione di una telecamera di videosorveglianza privata  nelle vicinanze del luogo dove è avvenuto il delitto. Le immagini hanno infatti catturato i drammatici momenti in cui Antonio Favale con il coltello in pugno, in seguito rinvenuto sulla scena del crimine, inseguiva, braccandola, la vittima lungo le vie che scendevano verso la via Panoramica.

Antonio Favale

Dopo una lotta furibonda che ha visto soccombere il 45enne, Antonio Favale ha tentato di togliersi la vita con lo stesso coltello utilizzato per l’omicidio del suo amico ed ha atteso lì l’arrivo dei primi soccorsi, alcuni vicini di casa che avevano notato i due sulla via panoramica del paese. Al momento non è ancora stato chiarito il movente alla base del gesto criminale. Favale è ancora ricoverato in prognosi riservata

Le indagini dei Carabinieri, coordinate dalla Procura della città dei Sassi, grazie ad un lavoro meticoloso e senza sosta, hanno portato rapidamente ad individuare l’autore del terribile delitto nei confronti dell’ingegnere 45enne. Sono, infatti, stati raccolti gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Antonio Favale, classe 76, residente a Rotondella, dipendente dell’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti nel paesino lucano ed amico di vecchia data della vittima.

Il reato contestato all’indagato è quello di omicidio aggravato dalla premeditazione.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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Truffa con ecobonus, la Finanza sequestra 1 miliardo di euro

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I finanzieri del Comando Provinciale di Savona hanno condotto una complessa attività di indagine nel settore dei crediti d’imposta, riconducibili a bonus in materia edilizia ed energetica, con particolare riferimento all’ Ecobonus e al Bonus facciate che ha portato al sequestro preventivo disposto dal gip di un miliardo di euro da eseguire sul cassetto fiscale di 311 soggetti economici coinvolti, detentori dei crediti d’imposta. Durante le indagini Finanza e agenzia delle Entrate hanno accertato come i crediti d’imposta fossero del tutto inesistenti perché con false fatture per lavori ancora da eseguire su immobili di proprietà di residenti nel savonese.

Una truffa replicata su scala nazionale da altre aziende del settore, in molti casi vere e proprie società fantasma oltreché evasori totali o con volumi d’affari inconsistenti, prive di immobili a cui poter associare le lavorazioni edilizie finalizzate all’agevolazione fiscale così come di fatture che comprovassero l’esecuzione dei lavori.

Alcuni dei soggetti coinvolti sono anche risultati percettori del reddito di cittadinanza, altri sono gravati da precedenti penali specifici, tra i quali si annoverano anche reati nel settore della spesa pubblica, altri ancora avevano generato e/o accettato crediti con soggetti con cui avevano un legame di parentela.

Una parte delle persone coinvolte aveva già effettuato la compensazione, conseguendo illeciti e consistenti vantaggi fiscali, mentre un’altra aveva acquistato blocchi di crediti fittizi dal valore nominale di centinaia di milioni di euro a fronte di un corrispettivo irrisorio effettivamente versato. La Gdf ha eseguito 85 perquisizioni nei confronti delle società che dei relativi rappresentanti legali, con l’impiego di oltre 250 militari in Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia.

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