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Israele-Emirati, primo incontro a museo Shoah di Berlino

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In una scelta altamente evocativa, i ministri degli esteri di Israele ed Emirati Arabi Uniti hanno deciso di incontrarsi per la loro prima volta al Museo della Shoah di Berlino. Una riunione “storica” – dopo l’Accordo di Abramo firmato il mese scorso alla Casa Bianca – di grande impatto per i rapporti tra mondo ebraico ed arabo. “Mai piu'”, ha scritto in arabo e in inglese sul libro del Museo il ministro Abdullah bin Zayed Al Nahyan commemorando cosi’ “le vittime europee dell’Olocausto”.

“Una riunione che simboleggia l’inizio di una nuova era di pace tra i popoli”, ha incalzato Gabi Ashkenazi, figlio di un sopravvissuto alla Shoah ed ex capo di stato maggiore di un esercito che piu’ volte ha combattuto contro nazioni arabe. Ed Heiko Maas, ministro degli esteri tedesco, ha definito un “grande onore” il fatto che i due rappresentanti di paesi senza relazioni per decenni “abbiano scelto” proprio Berlino “come luogo del loro primo storico incontro”.

Visitando le sale di un luogo che racconta lo sterminio degli ebrei perpetrato dalla Germania nazista, Zayed Al Nahyan ha commentato che “un intero gruppo di esseri umani e’ caduto vittima di quelli che parlano di estremismo e odio” sottolineando invece “l’importanza dei valori umani come la coesistenza, la tolleranza e l’accettazione dell’altro ed anche il rispetto per tutti i credi e le fedi”. “Questi – ha affermato – sono i valori sui quali la mia patria e’ stata fondata”.

I due ministri – accompagnati da Maas – si sono poi inoltrati nel labirinto di piu’ di 2.700 blocchi di cemento disseminati in un’area equivalente a tre campi di calcio: un mausoleo del ricordo. Maas ha sottolineato che la volonta’ dei due ministri di incontrarsi i quel luogo mostra ” quanto sia serio il loro sforzo per buone relazioni bilaterali”. Rapporti sanciti dall’Accordo di Abramo che per il ministro tedesco e’ “la prima buona notizia in Medio Oriente da molto tempo”. “Questo significa – ha detto – che una pacifica coesistenza nel Medio Oriente e’ possibile,” che e’ possibile “rilanciare il dialogo tra israeliani e palestinesi”. Tema ripreso sia dal ministro degli Emirati sia da quello israeliano. “C’e’ una nuova speranza per Israele e Palestinesi in modo che – ha detto Zayed Al Nahyan – che possano lavorare per una Soluzione a 2 Stati e una regione migliore”. Ashkenazi ha fatto appello ai Palestinesi affinche’ tornino ai negoziati sottolineando che ” trattative dirette con Israele sono l’unica maniera di avanzare verso la pace”.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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