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Cronache

Decreto sicurezza, Maresca: la storia dei telefonini? Un altro favore in “buona fede” ai mafiosi in cella da evitare

L’aspetto più imbarazzante di questa nova figura di reato – introduzione dei telefoni in cella – è che per quel che ne sappiamo se è vero che 1761 sono i telefonini trovati dalla polizia penitenziaria perché introdotti illecitamente nelle carceri, ce ne sono diverse centinaia di telefonini che lo Stato mette a disposizione dei detenuti per farli chiamare a casa. L’ultimo ordine di acquisto che lo Stato ha fatto è di 1600 telefonini. Con la promessa di un ulteriore acquisto di altri 1600 device per i detenuti.

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Nel Decreto sicurezza approvato dal Consiglio dei Ministri, a quanto si apprende dal comunicato stampa, su proposta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, viene introdotto un nuovo reato per chi introduce in carcere un cellulare destinato ad un detenuto: la pena va da 1 a 4 anni sia per chi lo introduce sia per chi lo riceve.
Si legge nelle note di stampa che nel regime precedente al decreto sicurezza il reato si configurava come illecito disciplinare, sanzionato all’interno del carcere.

Per chi agevola il detenuto al 41bis nelle comunicazioni con l’esterno (anche di tipo diverso da quelle con cellulare) la pena e’ alzata da 1 a 4 anni a 2 a 6 anni. Nei casi di ipotesi aggravata (ovvero se il reato e’ commesso da pubblico ufficiale, da incaricato di pubblico servizio o da chi esercita la professione forense) la forbice edittale passa da 2- 6 anni a 3-7 anni.
Primo commento a caldo: finalmente è stato introdotto il reato di detenzione di telefoni cellulari per i detenuti!
Sì, come spesso accade dobbiamo distinguere i proclami dalla realtà normativa.
La vera novità è che se da oggi si troverà un detenuto in possesso di un cellulare, costui potrà essere denunciato e presumibilmente condannato per effetto dell’introduzione del nuovo reato.
Per chi introduce ( soggetto che ahimè spesso resta ignoto) il reato già esisteva e forse in taluni casi era anche punito più gravemente per i pubblici ufficiali ( operanti all’interno degli istituti di pena) come abuso di ufficio aggravato, corruzione aggravata ( quando si riusciva a provare il corrispettivo del “favore”) e come concorso esterno in associazione mafiosa negli altri casi.

Ne deriva una prima constatazione tecnica: in assenza di clausole di riserva ( del tipo “salvo che il fatto configuri più gravi reati”) la nuova figura potrebbe addirittura avvantaggiare gli autori del reato, consentendo loro di usufruire di una pena minore, per effetto del principio del favor rei. Ma su questo potrebbe ancora intervenire facilmente il Parlamento in sede di approvazione del testo definitivo.
Ma non è tutto. A partire dal 21 marzo 2020 in piena emergenza epidemiologica il DAP, diretto ancora dal dr. Basentini, disponeva nuove regole per i colloqui telefonici dei detenuti, acquistando 1600 cellulari, e riservandosi di acquistarne altri 1600 a stretto giro. Non mi sembra che queste disposizioni siano state sostanzialmente modificate dalla nuova dirigenza. Ma spero di sbagliarmi.
Sarebbe però davvero un paradosso che mentre da un lato si introduce un nuovo reato, dall’altro si consente ai detenuti di parlare comodamente con cellulare “autorizzato”.
Come segnalavo già ad aprile, così è praticamente impossibile intercettare messaggi, comunicazioni, in pratica tutto quello che esce dal carcere.

La magistratura è oggi quasi del tutto impotente. Autorizzare l’utilizzo del telefono cellulare e di Skype gratis anche per i detenuti in alta sicurezza è l’errore più grave che si potesse commettere.
Credo realisticamente che fosse uno degli obiettivi principali della criminalità organizzata, la vera regia occulta delle agitazioni negli istituti di detenzione di inizio marzo.
Una volta, quando io facevo le indagini ed arrestavo i criminali, alcuni di loro per cercare di sfuggirmi usavano Skype per non essere intercettati. Io mi inventai il troian, che poi qualche anno dopo è diventato famoso.
Oggi è lo Stato che offre Skype gratis ai detenuti.

Qualcosa deve essere andato storto!
Credo che sia una delle più brutte pagine della lotta alle mafie in questo Paese.
Purtroppo ho l’impressione netta che non si sia stati capaci di opporsi alle richieste dei detenuti più pericolosi, che hanno chiaramente pilotato e strumentalizzato l’emergenza coronavirus.
Non sono io a decidere.
Ma ci siamo fatti fregare tutti.
Le mafie hanno gestito l’emergenza coronavirus a loro vantaggio e a loro piacimento.
Ed in assenza di altri interventi, purtroppo, temo che l’introduzione di nuovi reati sia solo un piccolo temporaneo palliativo destinato ad incidere in maniera assolutamente marginale sul problema.

*L’autore del commento è Catello Maresca, per 12 anni alla Procura distrettuale antimafia di Napoli, ha firmato gli arresti più importanti di latitanti mafiosi degli ultimi anni (Michele Zagaria, Antonio Iovine, Giuseppe Setola), ha sequestrato beni alla cosca dei casalesi per centinaia di milioni di euro. Oggi è sostituto procuratore generale sempre a Napoli.  

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Indossa un passamontagna al porto di Ischia ed evade dai domiciliari: arrestato un 21enne

A Ischia, un 21enne evade dai domiciliari e tenta di imbarcarsi per Napoli con un passamontagna: riconosciuto e arrestato dai Carabinieri.

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Iniziamo questa storia dalla fine, da un epilogo inaspettato, frutto di una scelta maldestra di un 21enne di Barano d’Ischia. Il giovane si trovava in fila al porto, pronto a imbarcarsi su uno degli ultimi traghetti della giornata con destinazione Napoli. Nulla di strano, se non fosse per un dettaglio singolare: indossava un passamontagna.

Alcune persone presenti hanno manifestato curiosità, altre preoccupazione. A porsi domande sono stati anche i Carabinieri del nucleo radiomobile di Ischia, impegnati nei controlli serali. Avvicinatisi al giovane, gli hanno chiesto di mostrare il volto. A quel punto, come in un colpo di scena da film, il ragazzo ha tolto il passamontagna e si è dato alla fuga verso una pineta.

Riconosciuto e arrestato dopo l’inseguimento

I militari lo hanno inseguito, bloccato e immediatamente riconosciuto: era lo stesso giovane che poche ore prima aveva rubato uno scooter, fuggendo tra le strade di Ischia e venendo arrestato dai Carabinieri. Dopo il primo arresto, era stato sottoposto agli arresti domiciliari.

Questa volta, in manette per la seconda volta nel giro di poche ore, il 21enne dovrà rispondere anche dei reati di evasione e resistenza a pubblico ufficiale. In attesa dell’udienza in Tribunale, resterà in camera di sicurezza.

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Campione di poker non dichiara vincite, recuperati 1,5 milioni

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Considerato uno dei migliori giocatori al mondo di poker live , non avrebbe mai dichiarato le proprie vincite. Enrico Camosci, 31 anni, bolognese, è stato sottoposto ad una verifica fiscale dalla Guardia di Finanza, nucleo operativo metropolitano di Bologna. La ricostruzione della sua posizione, preventivamente condivisa con la locale Agenzia delle Entrate e da cui è successivamente scaturita la denuncia per omessa dichiarazione, è stata fatta anche attraverso la ricerca di informazioni sui siti specializzati e sui social, consentendo di recuperare a tassazione oltre 1,5 milioni di euro di redditi da lavoro autonomo, derivanti dall’attività sportiva svolta in forma abituale e professionale al di fuori dell’Unione Europea. Se da un lato, spiega infatti la Gdf, i premi corrisposti da case da gioco autorizzate all’interno dell’Unione Europea non vanno dichiarati, in quanto soggetti a ritenuta alla fonte, quelli conseguiti al di fuori del territorio comunitario costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito.

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Cronache

Arrestato giovane a Bolzano per propaganda razzista e addestramento al terrorismo

Operazione dei Carabinieri a Bolzano: arrestato un giovane per propaganda razzista e attività con finalità di terrorismo. Indagini coordinate dalla Procura di Trento.

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In data odierna, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Trento, i Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Bolzano hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un cittadino italiano. Il giovane è sottoposto a indagini per attività di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa aggravata, nonché per addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale.

Il provvedimento, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Trento, è il risultato di una complessa attività investigativa avviata nel settembre 2023 grazie a un contributo dell’intelligence italiana. L’indagine ha portato all’individuazione di un profilo social attivo nella diffusione di materiale di matrice nazionalsocialista e di supporto all’organizzazione terroristica jihadista nota come “Stato Islamico”.

Tecniche sofisticate per evitare l’identificazione

Nonostante l’indagato avesse adottato sofisticati accorgimenti informatici per restare anonimo, i Carabinieri del ROS sono riusciti a identificarlo. Le investigazioni hanno confermato l’intensa attività di diffusione di contenuti multimediali di propaganda jihadista e antisemita, oltre a documentare un percorso di apprendimento per la costruzione di ordigni esplosivi azionati tramite detonatori wireless.

Il giovane, diplomato come perito elettrotecnico, si vantava in comunicazioni telefoniche e telematiche di essere in procinto di realizzare un ordigno artigianale del tipo TATP, chiedendo indicazioni su come costruire un detonatore a distanza e acquisendo i componenti elettronici necessari. Inoltre, risultava impegnato in un’opera costante di indottrinamento dei familiari, inclusi un fratello minore di soli 10 anni e un altro fratello maggiorenne, con il quale discuteva anche dell’acquisto di un’arma da fuoco.

Perquisizioni e materiali sequestrati

Le perquisizioni disposte dalla Procura Distrettuale di Trento hanno permesso di sequestrare una maschera antigas, oltre 200 unità di polvere pirica, componenti elettroniche per rilevamento di microspie, strumenti per la fabbricazione di telecomandi a distanza e attrezzature per microsaldature. Sono stati sequestrati anche materiale informatico e documentale ritenuto di interesse investigativo.

Un percorso di de-radicalizzazione interrotto

L’odierna indagine si collega a una precedente, condotta dalla Procura per i minorenni di Bolzano, che aveva visto coinvolto lo stesso soggetto quando era ancora minorenne. All’epoca fu avviato a un programma educativo e riabilitativo di de-radicalizzazione, innovativo strumento di contrasto al terrorismo, il cui percorso però si interruppe con l’emergenza Covid-19, senza ottenere i risultati sperati.

Presunzione di innocenza

Si ricorda che, in base al principio di presunzione di innocenza, la colpevolezza della persona sottoposta a indagini sarà definitivamente accertata solo in caso di sentenza irrevocabile di condanna. Il procedimento è attualmente nella fase delle indagini preliminari.

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