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Fase Due, de Magistris: propaganda sui cadaveri e patto dell’omertà tra destra e sinistra, qui salta tutto

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Quello sopra è il video dell’intervista integrale al sindaco Luigi de Magistris. Si comincia al minuto 7,51. Quella che segue è una riduzione testuale di Lorenzo Sorrentino

 

Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris per la seconda volta  ospite in diretta alla rubrica Juorno Live Interview. Fra i temi allordine del giorno la fase due, una ripartenza che si preannuncia in salita per i Comuni, con gli aiuti economici promessi dal Governo che tardano ad arrivare. C’è spazio anche per un commento delle ultime ordinanze regionali e per una riflessione sulla grottesca vicenda delle nostre carceri, da cui sono usciti nelle ultime settimane decine di boss mafiosi, molti dei quali anche al 41 bis. Ecco i temi salienti dell’incontro col sindaco.

Sindaco, la nostra città entra nella fase due, deve riaccendere i motori. Prima però le vorrei chiedere di spendere qualche parola sullimprenditore napoletano che si è suicidato ieri.

Ci tengo a partire proprio dal dramma psicologico, sociale, economico e umanitario, al di là del virus che ha colpito pesantemente il nostro Paese. Avremo risultati molto negativi per la tenuta psicologica delle nostre comunità. La situazione è davvero molto seria. C’è un dato che è stato sottovalutato: la sospensione di molti diritti costituzionali. Se uniamo la preoccupazione per il diritto alla salute, il disagio economico e quello psicologico, c’è da preoccuparsi e bisogna mettere in campo il massimo sforzo in termini di coesione sociale e di intervento pubblico.

A proposito della sospensione dei diritti. Sembra che non siamo più liberi di fare qualsiasi cosa, ma che il Governo centrale e quello regionale ci concedano alcune possibilità.

Per capire perché ciò è stato fatto manca un dato: la compromissione del diritto alla salute è colpa della politica. LItalia sospende una trentina di diritti costituzionali, e non lo fa nemmeno per legge ma con Dpcm e ordinanze regionali, perché negli ultimi ventanni, con la regionalizzazione della sanità, abbiamo smantellato i presidi a garanzia del diritto alla salute. Un argomento che non viene affrontato perché le responsabilità politiche sono talmente vaste e trasversali, che regna quasi un patto dellomertà fra le forze di centrosinistra e centrodestra. Quando apriremo il cascione delle responsabilità morali, politiche, giudiziarie, chi oggi si riempie la bocca facendo propaganda sui morti, probabilmente dovrà chiedere scusa al Paese.

Al Sud non siamo stati più fortunati, ma più ligi al dovere e rispettosi delle regole perché spaventati da come il sistema sanitario avrebbe risposto ad un picco di contagi. Eunanalisi che condivide?

Sì. Il meridionale ha avuto paura perché sa perfettamente com’è stata ridotta la sanità pubblica. Noi in Campania abbiamo incominciato lepidemia con 334 posti letto di rianimazione su 6 milioni di abitanti. Per questo io chiusi le scuole e i cantieri prima che lo facesse il Governo, e ho sanificato uffici ed esercizi commerciali prima ancora che si registrasse il primo caso in città. Al Nord questo lhanno sottovalutato, è sotto gli occhi di tutti.

Qualcuno tentò anche di ridicolizzarla per ciò che fece

Sì, qualcuno mi prese in giro. Sa quando ho fiutato la gravità della situazione? Quando mi recai a Roma per alcuni incontri programmati il 24 e 25 di febbraio. Codogno era scoppiato il 21 sera. Ebbi la percezione che stava per arrivare qualcosa di grosso, ma ancora non lo diceva nessuno. Tornato a Napoli, riunii immediatamente la giunta e prendemmo quei provvedimenti.

Il presidente della Regione Campania De Luca. Per il sindaco de Magistris fa propaganda politica con i soldi pubblici

Parliamo di ripartenza e dei tanti aiuti economici che dovrebbero arrivare dal Governo centrale e dalla Regione, che ha un piano socio-economico da circa un miliardo di euro. Quali aiuti sono arrivati per i cittadini napoletani?

Dallo Stato sono arrivati 7 milioni e 500mila euro che, insieme ai fondi comunali, hanno consentito di aiutare 130mila persone in difficoltà. Sono briciole rispetto al piano che Conte si era impegnato ad attuare entro il 30 aprile, con il decreto Cura Comuni. Il Governo non si rende conto che se non sostiene i Comuni crea le condizioni per sbriciolare il Paese. Non sono arrivati i soldi delle casse integrazioni, non sono arrivati i soldi per le attività produttive. Si parla di tante cifre ma finora mi sembra il fumo a manovella. La Regione non ha fatto altro che unoperazione di brillante propaganda politica, ha preso 900 milioni di euro di fondi europei, che tra laltro andavano concordati per legge con i Comuni, invece sono stati dati agli imprenditori con le letterine firmate dal Presidente De Luca in persona. La vera manovra rivoluzionaria lha fatta la nostra amministrazione, eliminando fino al 31 dicembre 2020 tutte le imposte comunali per le attività produttive. Euna misura straordinaria, forse anche folle, ma è da economia di guerra. Sceglieremo il pareggio di bilancio o la sopravvivenza delle nostre comunità? Io le anticipo che se il Governo non ci fornisce le risorse necessarie, sono pronto ad approvare un bilancio in disavanzo, in violazione dellarticolo 81 della Costituzione.

Come farà lei da qui a qualche mese a pagare gli stipendi e a garantire i servizi?

Il problema è che tutti i Comuni dItalia, senza i fondi del Governo, un poalla volta cadranno come birilli. Il ministro delleconomia Gualtieri ha comunicato tramite lAnci che non finanzierà un fondo demergenza per la cultura. La cultura vive con la tassa di soggiorno. Napoli avrebbe incassato 15 milioni; il Governo prima ha detto che avrebbe stanziato un fondo per garantire ai Comuni lentrata corrispondente alla tassa di soggiorno, adesso ci dicono che non arriverà niente, complimenti! LItalia come riparte in queste condizioni?

Questa storia di far partire prima alcune attività produttive e altre dopo, lha convinta?

Di questa vicenda penso che ricorderemo i balletti di ordinanze fra Stato e Regioni. In pochi giorni  De Luca ha cambiato idea mille volte sui runner, affermando prima che potevano correre, poi facendo dietrofront, infine consentendo la corsa solo dalle 06:30 alle 08:30; ma che senso ha? Poi c’è il cibo dasporto. Per quaranta giorni siamo stati lunica Regione dItalia che non poteva portare il cibo a domicilio né da asporto. Poi ha detto sì al domicilio, ma solo in alcuni orari. Ha cambiato idea altre dieci volte, così non possiamo andare avanti.

Sindaco lei ci sta smantellando un simbolo di concretezza amministrativa

Che esempio è uno che in 5 anni ha smantellato la metà degli ospedali della città di Napoli e poi ha speso dieci milioni di euro per fare un ospedale da campo inutile ed inutilizzato? Non era meglio rimettere a posto uno degli ospedali già esistenti? Se poi questo è lesempio della concretezza amministrativa, non so che dire.

Dalle rivolte nelle carceri di inizio marzo alla circolare del Dap che ha consentito a molti mafiosi di finire ai domiciliari grazie allo spauracchio del Covid-19; infine c’è la questione della promessa e poi mancata nomina al Dap del pm Nino Di Matteo. Qual è la sua idea su tutta la vicenda?

Parto dal sovraffollamento delle carceri. Uno Stato di diritto deve riconoscere i diritti sempre, anche in carcere. Poi c’è la vicenda dei mafiosi al 41 bis che è di una gravità inaudita. Come si fa a pensare che il detenuto in isolamento al 41 bis fosse a rischio contagio, è un mistero. Le responsabilità amministrative sono evidenti, tant’è vero che il capo del Dap s’è dimesso, o lhanno fatto dimettere. Poi c’è la responsabilità politica del ministro Bonafede, che prima propone per il Dap un nome autorevole come quello di Di Matteo, poi torna sui suoi passi, senza spiegare, né allora né oggi, i motivi di quel ripensamento. Il ministro ha compreso la gravità di quello che è successo con i mafiosi ai domiciliari e sta preparando un provvedimento, seppur tardivo, per riportarli in carcere. Nel frattempo però hanno avuto tutto il tempo per impartire ordini e disposizioni sul territorio. Eun evidente caldo di tensione nella lotta alla mafia. Purtroppo lo Stato da questa vicenda ne esce a pezzi.

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Caos balneari, tavolo tecnico di Chigi dopo Europee

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Resta alta la tensione fra gran parte del mondo degli imprenditori balneari e il governo. Con la stagione estiva alle porte, il disappunto nel settore è aumentato alla luce della convocazione della prossima riunione del tavolo tecnico per il 12 giugno, quindi dopo le Europee, e in formato ristretto, con i tecnici dei ministeri e i rappresentanti delle regioni, ma senza quelli della categoria. Lo scopo è la “definizione dei lavori all’esito dell’interlocuzione con la Commissione europea”, che al momento, però, ancora non ha portato a risultati.

L’esecutivo cerca una soluzione per evitare che la procedura di infrazione, per violazione della direttiva Bolkestein, arrivi davanti alla Corte di giustizia europea, ma non ci sarebbe piena sintonia tra gli alleati su come agire. Non è però escluso che un rimedio, almeno parziale sugli indennizzi, possa emergere nel frattempo dai lavori parlamentari, dagli emendamenti alla proposta di legge all’esame della commissione Finanze della Camera per abrogare l’articolo 49 del codice della navigazione, previsione normativa del 1942 da tempo contestata dagli operatori. Secondo questa norma, le opere fisse costruite su una zona demaniale restano acquisite dallo Stato senza indennizzo alla scadenza della concessione. “L’indennizzo per gli imprenditori balneari a fine concessione è da tempo, del resto, previsto dalla legge sulla concorrenza del governo Draghi e nessuna giurisprudenza sia nazionale che europea, ha mai eccepito niente in merito – sottolinea Riccardo Zucconi (FdI), primo firmatario della proposta di legge, presentata un anno fa e in esame da fine aprile -. Invece proprio il Consiglio di Stato ha sollevato obiezioni sull’articolo 49 del codice della navigazione, rispetto al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Io propongo una soluzione per risolvere almeno uno spicchio del problema e aiutare a fare uscire il settore da una crisi seria”.

L’iter di questo provvedimento – una proposta di legge ordinaria in prima lettura a Montecitorio – rischia però di andare troppo lungo rispetto alle esigenze del settore. E, secondo i ragionamenti che si fanno nella maggioranza, uno o più emendamenti (il termine scade mercoledì) potrebbero essere recepiti dal governo in un decreto legge, visto che la stagione estiva è ormai imminente e il settore chiede chiarezza, mentre molti Comuni hanno messo a gara nel concessioni e associazioni come Mare Libero dopo l’ultima sentenza del Consiglio di Stato chiedono di disapplicare le proroghe. Di certo, fa notare un ministro, quella sentenza ha di fatto messo una “pietra tombale” sulle ipotesi di nuove proroghe. Ma per arrivare a un decreto va prima trovata la sintesi tra gli alleati.

Il dossier è in mano ai ministri Raffaele Fitto (Affari europei) e Matteo Salvini (Infrastrutture), e fra i due c’è disallineamento sulla strategia, come riconoscono anche nella maggioranza. Pure per questo motivo l’interlocuzione con Bruxelles non starebbe facendo, al momento, grandi passi avanti. Anche perché la Commissione Ue ritiene non esaustiva la mappatura con cui il tavolo tecnico di Palazzo Chigi ha definito “non scarsa” la risorsa spiaggia ritenendo di non dover applicare la Bolkestein. Ma restano resistenze, anche dentro FdI, ad abbandonare questa via.

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Bonaccini media sul Jobs act, ma riformisti in tensione

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Parola d’ordine: smussare. Il presidente del Pd Stefano Bonaccini, leader dei riformisti del partito, ha provato a mediare sul Jobs act, dopo che molti della sua area hanno definito “una forzatura” la decisione della segretaria Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil. “Evitiamo di schiacciare il dibattito su una iniziativa referendaria – ha detto Bonaccini – Ciascuno è libero di firmare o meno sugli specifici punti”. In vista delle europee, non c’è troppa voglia di alzare i toni, ma la minoranza del partito resta sul chi va là. Il sostegno della segretaria al referendum “mi sembra una cosa coerente con la storia politica di Elly Schlein – ha rilevato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, candidato per Bruxelles – Siccome firmare sarebbe totalmente incoerente con la mia storia politica, io sicuramente non firmerò”.

Non si è invece smarcato il sindaco di Firenze Dario Nardella: “Se firmerò il referendum come ha fatto la segretaria del Pd Schlein? Ci sto pensando. Schlein ha lasciato libertà di decidere”. Ma crepe ci sono anche nel fronte di chi ha sostenuto la segretaria al congresso. Come il deputato ed ex ministro del lavoro Andrea Orlando: “Sto riflettendo se firmare per il referendum sul Jobs act. Francamente penso che i parlamentari possono anche esimersi. Le mani ci vanno messe e il Parlamento deve fare il proprio mestiere. C’è un mio disegno di legge per modificare la normativa”. Un clima non nuovo nel partito. “Il Pd fa i congressi e li fa davvero, discute e poi definisce una linea – ha assicurato Schlein – Questo non significa che non sia un partito plurale. Legittimamente altri non firmeranno il referendum sul jobs act. Non vedo un partito diviso e frammentato come tanti raccontano, ma un partito in grado di recuperare sei punti nei sondaggi. Il Pd è in buona salute”.

Insomma, anche il dibattito sul Jobs act restituisce il trambusto di un riequilibrio interno. Non è la prima volta che l’area di Orlando ha posizioni diverse da quelle di Schlein. E’ successo anche sul patto di stabilità: in Ue il Pd si è astenuto mentre Orlando aveva chiesto un voto contrario. E non è la prima volta che l’area di Bonaccini non appare allineata al suo leader. L’ultimo episodio è stato in direzione, sulla proposta di mettere il nome di Schlein nel simbolo per le europee. La illustrò Bonaccini, ma molti dei suoi dissero “no”. Stavolta Bonaccini ha provato a indicare la via d’uscita. O di fuga dalle sirene dei centristi: “Non ci schiacciamo su proposte che vengono da altri – ha detto il governatore dell’Emilia Romagna – Liberamente chi vuole nel Pd può firmare il referendum della Cgil, ma dobbiamo stare sulle battaglie che stiamo facendo in Parlamento, dove le opposizioni, e lo dico anche a Renzi, potrebbero trovare unità”. Schlein tira dritto: l’obiettivo è dare un’identità chiara al partito.

ù”Nel 2015 ero in piazza con la Cgil contro l’abolizione dell’articolo 18″, il referendum “è un punto di ricucitura rispetto ad alcune scelte sbagliato del passato, che anche i nostri elettori non ritengono corrette”. Pd unito invece contro il premierato, a breve in Aula al Senato. La riforma non piace nemmeno all’area riformista anche extra dem. Un gruppo trasversale di costituzionalisti ha formulato due emendamenti per “migliorare” e “colmare alcune lacune” della riforma. Li hanno illustrati a Palazzo Madama Peppino Calderisi, Stefano Ceccanti, Gaetano Quagliariello, Nicola Drago, Claudia Mancina ed Enrico Morando.

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Mattarella, corsa alle armi divora risorse,serve la pace

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“Visioni ottocentesche e pulsioni di potenza” sono ancora presenti nel nostro pianeta e ritardano soluzioni politiche condivise alimentando i conflitti, mai così tanti dalla fine della seconda guerra mondiale. Sergio Mattarella parla alle Nazioni Unite, il foro principe del dialogo e del multilateralismo, e non nasconde le sue preoccupazioni per il riarmo generalizzato del pianeta che rende inpossibile la crescita. Non ci gira intorno il presidente della Repubblica e, aprendo aprendo i lavori dell’incontro su “Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile”, non nasconde la sua preoccupazione: “Pace e Sviluppo hanno destini incrociati. Non può esservi l’uno, senza l’altra. Viviamo in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della seconda guerra mondiale che divorano enormi risorse nella corsa agli armamenti, sottraendole allo sviluppo.

L’appello alla costruzione delle condizioni necessarie per la pace e per porre fine ai conflitti – aggiunge allarmato dal Palazzo di vetro – non potrebbe essere più necessario e urgente”. Un allarme accompagnato da un richiamo che parte dalla disinformazione che spadroneggia e condiziona le democrazie e dove è chiaro il riferimento alla Russia. Ma che può essere letto anche in chiave italiana dopo il Rapporto 2024 curato, come ogni anno, da Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa che vede l’Italia scivolare dal 41° al 46° posto. “Fronteggiamo oggi – spiega Mattarella da New York – un pericolo ulteriore che mina il rapporto di fiducia con le istituzioni e tra i Paesi, quello della disinformazione. E’ di venerdì scorso la Giornata mondiale per la libertà di stampa che ammonisce, ogni anno, sul valore della libertà d’informazione per il mantenimento della democrazia”. L’intervento del presidente alle Nazione Unite (poi interverrà all’Assemblea generale) è però tutto teso a sottolineare la necessità di rafforzare il ruolo dell’Onu, sottolineando l’importanza di fare passi avanti nello sviluppo sostenibile.

Ed anche in questo settore il capo dello Stato torna sui danni della guerra, di un riarmo cieco ed irrazionale, spiegando quanto ciò stia drammaticamente rallentando l’agenda internazionale sulla lotta ai cambiamenti climatici: “all’intensificarsi degli effetti negativi del cambiamento climatico si aggiunge il proliferare di drammatici conflitti che allontanano dal dare priorità all’agenda stessa. Le conseguenze sono disastrose: allo stato attuale solo una modestissima percentuale degli obiettivi dell’Agenda 2030 sarebbe raggiungibile nei tempi dati”, spiega Mattarella sottolineando che, nonostante i conflitti, “una decisa accelerazione verso il raggiungimento dei nostri obiettivi comuni appare imprescindibile”.

Naturalmente la richiesta accorata di “trovare e costruire strade per la pace” non significa certo per il Quirinale allentare l’aiuto all’Ucraina, ne’ tantomento un affievolimento dell’esatta percezione di dove si trovi l’aggressore e dove l’aggredito. Certo, la corsa forsennata e disordinata ad armarsi non è la strada giusta per il presidente che da sempre chiede una riorganizzazione della Difesa europea. Una visione organica e strutturata ben diversa dalle folli e dispendiose corse individuali agli armamenti. Resta, per Mattarella, l’Onu, “con tutte le sue difficoltà”, il luogo in cui “si incontra il mondo per cercare di convivere in modo sereno. “Siamo convinti che questo è il luogo in cui il mondo può trovare una sintesi positiva”, assicura ai funzionari italiani che lavorano per il Palazzo di vetro.

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