Un travaglio lungo 251 giorni segnato da aggressioni omofobe, stop and go della politica, pressing dei vip, ‘blitz’ del Vaticano, difesa del governo sulla laicita’ dell’Italia fino all’approdo in Aula. Sono gli otto mesi sulla giostra del disegno di legge contro l’omotransfobia, approvato alla Camera il 4 novembre 2020 e da domani in discussione al Senato. Un cammino insidioso e super esposto, niente a che vedere con l’iter a Montecitorio. Ma per meta’ del tempo passato in standby. Da novembre a marzo il ddl Zan (dal nome del primo firmatario, Alessandro Zan del Pd) e’ rimasto nel limbo del Senato. Poi lo sprint per avviare l’esame nella commissione Giustizia, prima arena di discussione a cui si arriva faticosamente dopo settimane. Ecco le principali tappe fino al d-day di domani:
– BOTTE A DUE RAGAZZI GAY A ROMA. E’ la scintilla che scatena la solidarieta’ della politica e ‘scongela’ la proposta di legge. L’aggressione scatta a fine febbraio nella fermata metro di Valle Aurelia per un bacio che un passante non apprezza. Vittime un attivista lgbt e il suo compagno, che denunciano con un video eloquente, diffuso il 21 marzo. Enrico Letta, da una settimana alla guida del Pd, twitta: “L’impegno del Pd a favore del ddl Zan proseguira’ con maggiore determinazione”. Replica la Lega: “Non e’ una priorita’, il Pd torni sulla terra”.
– VIP SI SCHIERANO. Il mondo della musica scende in campo e sollecita la discussione del Parlamento. Comincia Elodie, accusando il partito di Matteo Salvini di essere “indegno”, seguono le bordate tra il rapper Fedez e il senatore leghista Simone Pillon, le critiche di Achille Lauro fino a gran parte del mondo dello spettacolo. Vanity Fair lancia la campagna fotografica di mani con la scritta ‘Ddl Zan’ che inondano i social.
– PING PONG CALENDARIZZAZIONE. Per settimane si alternano le richieste di Pd, M5s e Leu e la ‘melina’ del centrodestra per far entrare il ddl nel calendario della commissione. Il 28 aprile si vota: l’avvio dell’esame passa con 13 si’ e 11 no, la maggioranza si spacca e il presidente della commissione, il leghista Andrea Ostellari, si autoproclama relatore del provvedimento.
– SHOW FEDEZ AL CONCERTONE. E’ sul palco del primo maggio (trasferito all’Auditorium di Roma, per Covid) che il rapper porta il tema, accusando di omofobia la Lega. Lo fa urlando in diretta tv le dichiarazioni anti gay di alcuni esponenti del partito. Scoppia la bufera che coinvolge la Rai.
– PIOGGIA DI AUDIZIONI. Il centrodestra non cede e gioca la carta del testo alternativo allo Zan: Lega e Forza Italia presentano un altro disegno di legge (prima firmataria, Licia Ronzulli) che per il fronte opposto e’ ‘annacquato’ rispetto alla question gender. Intanto il 25 maggio e’ pronto l’elenco delle audizioni: 170 quelle ammesse (richieste soprattutto dalla Lega), si svolgeranno un giorno a settimana rischiando di durare mesi.
– LA NOTA DEL VATICANO. Il 22 giugno la Santa sede chiede al governo italiano di modificare il ddl perche’ violerebbe l’accordo di revisione del Concordato. Lo mette per iscritto in una nota consegnata all’ambasciatore italiano. Scoppia il caos, placato in parte dalla risposta di Mario Draghi: “L’Italia e’ uno Stato laico non confessionale, il Parlamento e’ libero di legiferare”, scandisce il premier il giorno dopo al Senato.
– BLITZ DI ITALIA VIVA E VOTO PER AULA. Nell’ennesimo tentativo di mediazione fatto da Ostellari per modificare il testo, il partito di Matteo Renzi propone quattro modifiche. Una cancella la definizione di identita’ di genere dall’articolo 1, un’altra lima il passaggio sulla giornata contro l’omofobia nelle scuole. Il centrosinistra grida allo scandalo e accusa i renziani di flirtare con Salvini. Tra le polemiche si arriva al 6 luglio quando si vota l’approdo in Aula, indipendentemente dai lavori in commissione. Passa con i voti anche di Iv.