Pochi secondi per saldare l’unione d’intenti sino-russa su “un nuovo ordine mondiale” in opposizione all’Occidente a guida Usa. E’ martedì sera, la cena di stato al Cremlino si è conclusa e il presidente Vladimir Putin accompagna l’illustre ospite Xi Jinping lungo la scalinata verso la sua auto. “In questo momento ci sono cambiamenti che non si vedevano da 100 anni”, dice il presidente cinese tramite un interprete. “Sono d’accordo”, annuisce Putin, ricambiando con una stretta di mano. “Per favore, abbi cura di te, mio ;;caro amico”, aggiunge Xi. “Fai buon viaggio”, lo saluta lo zar con un sorriso stampato in volto. Un ultimo scambio di cortesie tra i due leader, ripreso dalle telecamere, che ha proiettato nuove ombre sulla guerra in Ucraina e sui presunti piani di pace.
Questa mattina, mentre Xi si preparava a lasciare Mosca, la Russia ha lanciato un’ondata di missili e droni armati in Ucraina, provocando danni e morti. La Cina aveva definito la missione a Mosca come “un viaggio per la pace”, ma di fatto si è presentata proponendo una nuova visione mandarina per se stessa e per il suo ruolo nel mondo: Pechino e i suoi amici non sono più obbligati a conformarsi all’ordine globale – sfidando gli Stati Uniti mentre cercano di plasmare un mondo diviso tra democrazie e autocrazie -, fino a ignorare il mandato d’arresto della Corte penale internazionale a carico di Putin per crimini di guerra. “La crisi ucraina e il peggioramento dei legami tra Russia e Occidente non incidono sullo sviluppo dei legami tra Cina e Russia e questo è un messaggio chiave inviato al mondo”, ha osservato un editoriale del Global Times, il tabloid del Quotidiano del Popolo. Un concetto corretto da Alexander Gabuev, uno dei principali osservatori russi della Cina – ora in esilio – del Carnegie Endowment for International Peace: “La pace in Ucraina – ha scritto su Twitter – è una foglia di fico per la dimostrazione di potere di Xi. L’ottica di una Russia come partner minore, senza opzioni oltre alla Cina, è enormemente vantaggiosa per Pechino che ritiene di essere in un confronto a lungo termine con gli Stati Uniti”.
Del resto, al XX Congresso del Partito comunista di ottobre che gli ha affidato un inedito terzo mandato alla segreteria generale, Xi ha promesso di fare della Cina il primo Paese al mondo per “forza nazionale” e “influenza internazionale” entro il 2049, anno del centenario della fondazione della Repubblica popolare. A differenza di quanto accaduto tra Arabia Saudita e Iran, il leader cinese non è in condizioni di mediare in una guerra tra parti pronte a trovare l’intesa. Pechino non è un attore neutrale: si è astenuta o ha votato contro all’Onu sulla condanna dell’aggressione di Mosca e ha spesso usato la terminologia russa per descrivere il conflitto, condannando “il bullismo” americano e l’espansione della Nato verso Est. Il documento per la soluzione politica di pace cinese, composto di 12 punti, del resto non dice nulla sul ritiro russo dall’Ucraina occupata. Se Xi proponesse un cessate il fuoco, i russi potrebbero fingere entusiasmo, sapendo che Kiev non accetterebbe l’idea. E anche per l’imperatore rosso la mossa sarebbe utile per presentare la Cina come un pacificatore pragmatico, interessato soprattutto al commercio e alla prosperità condivisa. L’America, al contrario, è ritratta come un guerrafondaio ideologico che divide il mondo in amici e nemici, determinato a preservare la propria egemonia: una narrazione che aiuta Pechino a conquistare il Sud del Mondo a discapito proprio degli americani.