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Viaggio nell’inferno dell’Agenzia delle Entrate dove pagare le tasse o rottamare cartelle esattoriali espone un contribuente ad ogni tipo di angheria e umiliazione

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La fila, con il vociare di chi si prepara ad una attesa spasmodica che durerà ore, comincia anche alle 4 del mattino. Chi arriva per primo all’ingresso dei locali dell’Agenzia Riscossione ed  Entrate non è detto però che poi entrerà per primo. Alla filiale dell’Agenzia delle Entrate del Vomero, in via San Gennaro al Vomero, c’è un signore dai modi spicci che s’è inventato un mestiere: fa il tenutario della fila. Fa la sua levataccia all’alba e si preoccupa (senza che nessuno gliel’abbia chiesto) di tenere in ordine la fila. Assegna gli ingressi nei locali dell’Agenzia delle Entrate a seconda di chi gli fa “un piccolo regalo”. Insomma per entrare nell’Agenzia, sedersi davanti ai gabellieri del Fisco e capire quanto pagare, come pagare e quando pagare, di norma occorre pagare un obolo anche al signore che vende posti in fila. Non tutti sono disposti a farlo e spesso alle 5 del mattino, chi arriva col fiatone per entrare il prima possibile negli uffici che aprono verso le 830, non è disposto a versare la prima “tassa” da 2 a 4 euro al signore che disciplina la fila. E allora è facile che scoppi il diverbio e talvolta si innesca anche qualche piccola rissa che si ferma appena arrivano i poliziotti o i carabinieri allertati da chi nei pressi dell’Agenzia ci vive (e all’alba ci dorme) e non ne può più del baccano sotto casa anche nottetempo.

Insomma a Napoli per pagare le tasse, per rottamare le cartelle esattoriali, per mettersi in regola col Fisco, bisogna preventivamente pagare l’obolo a questo signore che si è inventato la professione di proprietario/tenutario delle file agli sportelli. Poi, una volta assegnato il posto d’ingresso, c’è da aspettare l’apertura dell’Agenzia delle Entrate ed entrare nell’inferno del Fisco vorace che macina speranze, sentimenti, dignità di qualunque essere umano che si presenta al suo cospetto. Perché il Fisco, da questo punto di vista, è democratico con chi si ostina a pagare le tasse. Si salva solo chi le tasse non le paga. Entro il 30 aprile c’è da aderire alla rottamazione, pertanto oltre al normale flusso di tartassati che vanno a pagare le tasse in via ordinaria, c’è l’esercito dei rottamati. Chi entra e si accomoda davanti ai dipendenti del Fisco (pochi, sotto stress e costretti a turni assurdi) a fine giornata, più o meno riesce a capire che cosa l’aspetta nei prossimi giorni e mesi in caso di adesione alla rottamazione.

Quello che non sa, perchè non tutti sono esperti tributaristi, è che spesso molte cartelle esattoriali rottamate sono somme che il Fisco non potrebbe e non dovrebbe esigere perchè scadute, prescritte da anni. E siccome nessuno lo spiega ai poveri cristi tartassati dal Fisco, in moltissimi pagano e basta. In altri posti questa via crucis verrebbe evitata a chi già deve pagare le tasse o mettersi in regola con le tasse non pagate. A Napoli, purtroppo, siccome al peggio non c’è limite, aggiungere al danno delle tasse da pagare anche la beffa delle file e del pagamento di tasse non dovute, ci hanno fatto il callo un po’ tutti i contribuenti. Un battagliero sindacato di consumatori, NoiConsumatori.it, prova a dare un po’ di istruzioni per il pagamento delle tasse e a farsi sentire sul fronte delle file indegne e la gestione degli ingressi.

 

“Le file a pagamento sono una cosa indegna che calpesta la dignità del contribuente. Sarebbe opportuno – spiega l’avvocato Angelo Pisani, presidente di NoiConsumatori – che l’Agenzia consentisse prenotazioni on line con orari di accesso all’ufficio in modo che chi arriva per definire la sua posizione lo fa nell’orario giusto, con la serenità giusta per far valere per intero i suoi diritti”. Non solo, “c’è la questione della scadenza della rottamazione che va ripresa. In questo mese di aprile tra ritardi, inefficienze degli uffici, festività pasquali, si corre il rischio di non far emergere tutti quelli che hanno diritto alla rottamazione. Sarebbe il caso – continua Pisani – che il termine del 30 aprile fosse prorogato fino a metà maggio o fine maggio. Lo Stato potrebbe attrezzarsi ancora meglio, eliminare altri contenziosi, consentire a tutti di pagare le tasse dovute e fare cassa. Infine ma non per ultimo – ripete quasi come un mantra Pisani – i dipendenti di Agenzia delle Entrate e Riscossioni devono aver la pazienza di spiegare ai contribuenti che ci sono molte cartelle che non possono e non debbono essere rottamate ma ritirate senza nulla pretendere perchè prescritte, sono crediti che il Fisco non può più esigere”.

 

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In carcere tesoriere Messina Denaro, avvocato e massone

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Matteo Messina Denaro e la sua amante, Laura Bonafede, lo chiamavano Solimano, come Solimano il Magnifico, il sultano che ha guidato l’impero ottomano per quattro decenni. E, almeno nell’ultimo periodo, non gli risparmiavano critiche rimproverandogli di essere venuto meno ai patti. “Ci ha distrutto”, scriveva la Bonafede in un pizzino fatto avere al boss. Eppure, Antonio Messina, 79 anni, avvocato, massone in sonno con una sfilza di precedenti, per un ventennio aveva fatto affari con tutta la mafia trapanese e sovvenzionato la lussuosa latitanza del padrino di Castelvetrano coltivando le relazioni pericolose che oggi gli sono costate l’arresto per associazione mafiosa.

Già condannato per narcotraffico, concorso esterno in associazione mafiosa, subornazione di teste e per il sequestro di Luigi Corleo, suocero dell’esattore mafioso Nino Salvo, Messina sarebbe stato formalmente affiliato a Cosa nostra, come da lui stesso ammesso in un’intercettazione, su proposta del boss Leoluca Bagarella e avrebbe frequentato e fatto affari con gli esponenti mafiosi più importanti del trapanese dell’ultimo ventennio come Domenico Scimonelli, Giovanni Vassallo, Franco Luppino, Jonn Calogero Luppino. Legami tutti finalizzati ad acquisire attività economiche da utilizzare anche per garantire a Matteo Messina Denaro il denaro necessario alla sua clandestinità.

“Personaggio assolutamente versatile e poliedrico, uno dei maggiori protagonisti (in negativo) di questo processo. Da un lato svolge l’attività professionale di avvocato, patrocinando mafiosi e delinquenti comuni (tra i quali proprio quel Rosario Spatola che poi diverrà il suo principale accusatore); dall’altro risulta attivo in vari campi del crimine e coltiva rapporti con esponenti di primo piano della delinquenza organizzata”, scrisse di lui già anni fa, la corte d’assise di Trapani. Ma a un certo punto l’idillio con Messina Denaro era venuto meno. “Che Solimano tenesse tanto al denaro l’ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto. Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto”, scriveva la Bonafede in un pizzino trovato dopo l’arresto del padrino. Ed è stata proprio la donna a svelare agli investigatori, nel corso di singolari dichiarazioni spontanee rese al suo processo, che dietro al nomignolo si celasse l’avvocato.

Dal tenore del biglietto “si comprendeva che, evidentemente, – scrivono i pm nella richiesta di arresto di Messina – entrambi avevano già in passato ricevuto denaro da Solimano, ma l’avidità, l’ingordigia del Messina e il suo mancato rispetto di precedenti accordi o prassi (da leggersi univocamente nei termini di un precedente sovvenzionamento della latitanza di Matteo Messina Denaro e della famiglia di Campobello di Mazara) si erano verificati anche in passato. Dalle indagini che hanno portato al suo arresto è emerso che Messina aveva cercato di mettere le mani anche su un bene confiscato alla mafia e che avrebbe avuto un ruolo primario nella gestione della “cassa” della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, alimentata anche dai proventi di una delle aziende gestite da Cosa nostra: l’oleificio “Fontane d’Oro s.a.s.” del boss Franco Luppino.

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Mozzarella di bufala, quanti errori nel consumo: italiani solo quarti tra i più attenti in Europa

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Si avvicina la bella stagione, e con essa anche le gite fuori porta del Primo Maggio, spesso celebrate con un picnic all’aria aperta. Ma c’è un dato sorprendente che riguarda uno dei simboli della gastronomia italiana: il 68% dei consumatori commette errori nel consumare la Mozzarella di Bufala Campana Dop. Lo rivela un’indagine realizzata da Fattorie Garofalo, primo produttore mondiale del celebre latticino, su un campione di 1.200 consumatori europei nei principali aeroporti e stazioni italiane.

Tra gli errori più comuni, tagliare la mozzarella a fette come fosse un formaggio qualsiasi, gesto che compromette l’equilibrio tra la sapidità della crosta esterna e la dolcezza del cuore. Altri sbagli diffusi? Consumare il prodotto appena tirato fuori dal frigorifero, senza lasciarlo tornare a temperatura ambiente, oppure immergerlo in acqua del rubinetto, alterandone salinità e struttura.

Anche negli abbinamenti si notano cadute di stile gastronomico: vini troppo tannici o pane troppo saporito, che sovrastano la delicatezza della mozzarella. C’è poi chi esagera con condimenti, erbe e spezie, snaturando la semplicità e purezza che rendono unica la Bufala Campana Dop.

Secondo Fattorie Garofalo, l’ideale sarebbe consumarla con le mani, e se proprio è necessario tagliarla, usare coltelli in ceramica a lama liscia per non strapparla e rispettarne la fibra naturale.

L’indagine, realizzata in vista della partecipazione alla fiera TuttoFood 2025 (in programma dal 5 all’8 maggio a Milano), ha anche stilato la classifica dei popoli europei più attenti al consumo corretto della mozzarella:

  1. Tedeschi – meticolosi e informati

  2. Spagnoli – attenti alla temperatura e sobri negli abbinamenti

  3. Francesi – abili nell’inserirla in piatti freddi e raffinati

  4. Italiani – penalizzati da superficialità e disattenzione

  5. Belgi – ancora inesperti ma in crescita

Un dato che fa riflettere: gli italiani, patria della mozzarella di bufala, non brillano nella corretta valorizzazione del proprio prodotto d’eccellenza, dando per scontato ciò che richiede invece attenzione e rispetto.

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La scelta di Becciu: io innocente ma non sarò in conclave

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Il cardinale Angelo Becciu il prossimo 7 maggio non entrerà in conclave. La sua comunicazione ufficiale, dopo le indiscrezioni della giornata di ieri, è arrivata questa mattina: “Avendo a cuore il bene della Chiesa, che ho servito e continuerò a servire con fedeltà e amore, nonché per contribuire alla comunione e alla serenità del conclave, ho deciso di obbedire come ho sempre fatto alla volontà di Papa Francesco di non entrare in conclave pur rimanendo convinto della mia innocenza”. Poche righe per ribadire la sua posizione, ovvero che è innocente, ma anche per fare quel passo indietro che non solo i suoi avversari, ma all’ultimo momento anche i cardinali a lui più vicini, gli avevano chiesto, per evitare voti e spaccature. Secondo quanto si apprende la decisione è rimasta aperta fino alla tarda serata di ieri. Poi il cardinale ha deciso di mettere lui stesso fine alla vicenda conclave.

Questo non chiude tuttavia lo strascico di polemiche e indiscrezioni che ha sempre accompagnato la vicenda giudiziaria del cardinale sardo. Il programma le Iene di Mediaset in scaletta ha un audio teso a dimostrare il “complotto”, come lo definisce il fratello Mario che rilancia sui suoi profili social l’annuncio della nuova puntata. Ed è questa solo la prima uscita, a poche ore dall’annuncio dello stesso cardinale sulla sua non partecipazione al conclave. Già il quotidiano Il Domani aveva pubblicato le chat, che erano state omissate dai magistrati vaticani, tra la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale di mons. Alberto Perlasca, Genoveffa Ciferri, nelle quali Chaouqui anticipava i dettagli dell’inchiesta e degli interrogatori.

Era metà aprile e Becciu commentava: “Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine”. Questa sera a Le Iene anche audio inediti sempre nel filone, spinto dai legali del cardinale, che vuole dimostrare che il maxi-processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede era inquinato dall’inizio. Ma il Papa nei giorni del ricovero al Gemelli comunque aveva deciso che il cardinale Becciu non doveva entrare in conclave e aveva siglato con un ‘F’ la disposizione in tal senso, mostrata in questi giorni al cardinale da Pietro Parolin. Becciu per tutto il pomeriggio di ieri sarebbe stato chiuso con i suoi avvocati che, secondo quanto si apprende, ponevano dubbi sul fatto che quell’appunto del Papa bastasse sotto il profilo del diritto canonico a tenere Becciu fuori dall’elezione del nuovo Papa. Poi è prevalsa la decisione di farsi da parte, comunicata ufficialmente appunto stamattina, anche perché gli stessi cardinali più vicini lo avrebbero consigliato in questo senso

. Il voto rischiava di spaccare il collegio prima ancora di entrare nella Sistina per il conclave. Questa mattina, all’ingresso della congregazione generale, trapelava una certa insofferenza da parte dei cardinali per il perdurare di questa situazione. “Dovete chiedere a lui”, ha risposto il cardinale argentino Angel Sixto Rossi, ai giornalisti che chiedevano lumi sul caso, considerato che in quel momento non era arrivata ancora una nota ufficiale. “Di Becciu non possiamo parlare”, diceva il cardinale di Baghdad, Raphael Sako. Mentre il cardinale austriaco Cristoph Schoenborn dribblava i cronisti con una battuta: “Avete visto che bel tempo c’è oggi?”.

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