Collegati con noi

Cinema

Venezia, Olivier Assayas: ecco la Cuba sconosciuta in guerra

Pubblicato

del

Nello spirito di questa edizione del Festival di Venezia, che sembra declinata a rivisitare la storia anche quella lontana (basti pensare al J’Accuse di Roman Polanski), passa oggi in concorso ‘Wasp Network’ di Olivier Assayas (Personal Shopper, Sils Maria) che ci porta dentro alla fine della guerra fredda. Scritto dallo stesso Assayas e basato sul libro ‘The Last Soldiers of the Cold War’ di Fernando Morais questo dramma di spionaggio racconta una poco conosciuta piccola guerra civile tra cubani. Ovvero quella scatenatasi quando gruppi anticastristi in Florida, con il sostegno della Cia, tentano con ogni mezzo di rovesciare il regime cubano facendo veri e propri atti terroristici a Cuba nelle strutture turistiche dell’isola. L’intento era chiaro, far crollare turismo, economia e regime. I cubani fedeli a Castro cercano pero’ di porre rimedio a questa situazione creando il ‘Wasp Network’, ovvero una struttura di spie capaci di infiltrarsi e boicottare questi sabotatori. Cinque di loro, nel 1988, saranno arrestati e processati dagli americani e condannati negli USA con l’accusa di spionaggio e omicidio. Solo nel 2014, grazie a Barack Obama furono liberati tre di loro ancora in carcere (due erano gia’ stati rilasciati). ‘Wasp Network’, che esce nove anni dopo ‘Carlos’ miniserie del 2010 presentata fuori concorso al Festival di Cannes 63 e vincitrice di un Golden Globe, racconta la storia di Rene’ Gonzalez (Edgar Ramirez), un pilota cubano, che ruba un aeroplano e fugge in Florida abbandonando la moglie Olga Salanueva (Penelope Cruz) e figlie. Inizia una nuova vita a Miami, unendosi subito agli altri dissidenti impegnati alla destabilizzazione del regime di Castro. Nel cast anche Gael Garcia Bernal. ”Per prepararmi al film girato a Cuba, ho parlato molto con i cubani – spiega oggi al Lido la Cruz -. Sono persone meravigliose con un grande cuore e valori, ma senti che non e’ gente libera di condividere le cose davvero, e questo mi preoccupa”. Dice invece il regista Assayas: “La condizione per fare questo lavoro era girare a Cuba. Siamo arrivati prima per incontrare la gente e alcuni dei veri protagonisti, ma la prima risposta era che non volevano partecipare. Ma alla fine e’ prevalso il fatto che avremmo parlato di cinque eroi cubani e, alla fine, ci hanno dato il permesso. Certo aggiunge il regista non posso dire che, durante le riprese, non c’erano controlli, eravamo monitorati, ma senza alcun fastidio”. La piu’ grande paura di Penelope Cruz? ”Ne ho cosi tante che e’ difficile da dire. Ma quello che mi spaventa di piu’ e’ il fatto che il mondo sembra sempre piu’ diviso e l’individualismo e’ sempre piu’ esasperato. I bambini hanno solo contatti con l’elettronica e questo impedisce loro di parlare, di avere veri contatti. Il nostro cervello prima o poi esplodera’ – conclude l’attrice – con tutta questa accelerazione data dal digitale e spero davvero che nasca, prima o poi, un movimento che proponga un ritmo diverso”.

Advertisement

Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

Pubblicato

del

Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

Continua a leggere

Cinema

Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

Pubblicato

del

È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

Continua a leggere

Cinema

Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

Pubblicato

del

«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto