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Corona Virus

Vaccini, campagna teen su Tik Tok: 3 milioni di dosi in arrivo

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 Una nuova ‘operazione giovani’ in tutto il Paese coinvolgendo gli influencer su Tik Tok, per convincere i 16enni a fare il vaccino e – agli antipodi – l’attivita’ incessante sui territori per completare il target dei settantenni, tra i quali oltre due milioni non hanno ancora ricevuto la prima dose. Viaggia su piu’ binari la campagna vaccinazioni del Governo, che punta a ridurre il gap tra le Regioni e aumentare le somministrazioni anche con strategie di redistribuzione. La prossima settimana e’ previsto l’arrivo di altre tre milioni di dosi: oltre ai 2,1 milioni di Pfizer, dovrebbero essere invece distribuiti anche 200mila shot di Johnson & Johnson, 500mila di Astrazeneca e oltre 100mila di Moderna. E stavolta le destinazioni dei camion dell’esercito potrebbero subire diverse variazioni, in vista del meccanismo di compensazione previsto dalla stessa struttura commissariale per l’Emergenza. Il generale Francesco Figliuolo potrebbe cosi’ assecondare le richieste delle regioni piu’ avanti, come Veneto, Lombardia, Lazio e Piemonte. Al centro-sud, invece, oltre il 66% delle scorte AstraZeneca sarebbero ancora in frigo a causa della diffidenza di molti cittadini, in particolare in Sicilia, Calabria e Basilicata. A chiedere piu’ fiale del siero di Oxford con il sistema dei bilanciamenti e’ innanzitutto governatore lombardo Attilio Fontana: “i nostri cittadini non rifiutano il vaccino anglo svedese, se non in misura irrisoria – spiega – . Il Commissario ha preso atto della nostra richiesta e ha detto che provvedera’”. La Regione ha annunciato in queste ore l’apertura delle prenotazioni ai 16enni da giugno, ma presto altri potrebbero fare lo stesso. Anche per questo il Governo si prepara ad una nuova campagna informativa sui social che coinvolga i giovanissimi. Il progetto e’ nelle mani del Ministero alle Politiche Giovanili, per puntare ad arrivare ai ventenni e ai ragazzi, proprio in vista del ritorno a scuola in sicurezza a settembre. Lo strumento sara’ una campagna di sensibilizzazione sui social, dedicata i giovanissimi, sull’importanza della vaccinazione. Per gli under 30 verranno coinvolti i vip di Instagram, Facebook e Twitch mentre per gli under 20 si useranno Tik Tok con i suoi influencer. La piattaforma nata in Cina che ora spopola ovunque tra i teen-ager, anche quelli italiani, si era gia’ impegnata contro la disinformazione che riguarda i vaccini, affidandosi a esperti riconosciuti e banner applicati ai video. Anche se non e’ stato ancora contattato alcun nome tra i vip della community, sono diversi gli influencer impegnati in temi sociali fin dall’inizio della pandemia: una su tutte, la star 21enne Virginia Montemaggi. Fuori dai luoghi virtuali, un altro tema da affrontare, sempre riguardo ai giovani, sara’ anche quello di intercettare i posti le modalita’ in cui possano essere coinvolti i ragazzi affinche’ si sottopongano in massa alle iniezioni. Un’idea da perseguire, almeno nel Lazio, saranno gli Open day che dopo il sold out di questo fine settimana saranno replicati e a giugno si apriranno ai 30enni. Dalle speranze sui liceali alle difficolta’ sull’immunizzazione degli anziani: oltre due milioni di italiani over 70 non hanno ancora ricevuto la prima dose. In base all’ultimo report, 519.666 ultra ottantenni (l’11,49% della popolazione di questa fascia d’eta’) e 1.495.947 cittadini tra i 70 e i 79 anni (il 24,84%) non sono stati vaccinati. Tra gli over 80 la regione piu’ indietro e’ la Sicilia, con un 30,99% che non ha avuto neanche il primo shot mentre in Veneto la percentuale scende all’1,56%. Tra i 70-79enni la Sicilia ha inoculato meno di tutti, con il 42,57% e quella che e’ andata meglio e’ la Puglia, dove resta un 15,70% senza copertura. Quella dei settantenni non e’ l’unica questione sul tavolo. La struttura commissariale per l’Emergenza sta lavorando per trovare una soluzione ai richiami in vacanza, fuori dalla Regione di residenza: l’unica soluzione sembra essere una piattaforma che sia in grado di far comumicare i sistemi informativi dei vari territori in tutto il Paese. Alcune regioni, come la Lombardia, per il momento sono corse ai ripari fissando appuntamenti sulla seconda dose nelle due settimane centrali di agosto. Per le prossime due settimane e in attesa della campagna di massa si stanno invece preparando alle somministrazioni i 20mila farmacisti, dei quali 16mila hanno gia’ completato i corsi di formazione dell’Iss.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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