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Economia

Usa, approvata fusione da 8 miliardi Paramount-Skydance

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La Federal Communications Commission (Fcc) ha approvato la fusione tra Paramount Global e Skydance Media, aprendo la strada alla vendita per 8,4 miliardi di dollari di alcuni dei nomi più importanti dell’intrattenimento, tra cui la rete televisiva Cbs, Paramount Pictures e il canale via cavo Nickelodeon. La Fcc ha accettato di trasferire le licenze di trasmissione di 28 emittenti televisive Cbs ai nuovi proprietari, dopo che Paramount ha pagato 16 milioni di dollari per chiudere una causa intentata da Donald Trump in merito a un’intervista di “60 Minutes” con l’allora candidata presidenziale dem Kamala Harris.

Il presidente della Federal Communications Commission, Brendan Carr, ha affermato che l’esame della proposta di fusione da parte dell’agenzia non è collegata alla causa civile. L’approvazione è arrivata dopo che Skydance e il suo partner d’investimento, RedBird Capital, hanno assicurato alla Fcc il loro impegno a favore di un giornalismo imparziale che rappresenti punti di vista diversi. Skydance ha dichiarato che nominera’ un difensore civico per valutare i reclami relativi a pregiudizi editoriali o altre preoccupazioni relative alla Cbs, al fine di promuovere la trasparenza e una maggiore responsabilità. Anche Paramount ha eliminato le sue iniziative ‘Dei’ a favore di diversità, equità e inclusione per allinearsi alla posizione dell’amministrazione Trump secondo cui tali politiche di azioni positive sono discriminatorie.

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Webuild cresce a doppia cifra, semestre oltre le attese

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Webuild batte le attese degli analisti e archivia un semestre con una crescita a doppia cifra dei risultati finanziari. Nei primi sei mesi dell’anno il gruppo ha messo a segno ricavi pari a 6,7 miliardi, con un miglioramento del 22% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il primo semestre ha registrato un “altro periodo con risultati molto solidi. Questi numeri dimostrano ancora una volta la resilienza del nostro modello di business, nonostante le sfide macroeconomiche”, afferma l’amministratore delegato Pietro Salini. I conti del semestre sono stati l’occasione anche per affrontare il tema del Ponte sullo Stretto. Salini, agli analisti finanziari che gli chiedevano del progetto, ha ricordato che il gruppo ha deciso di non inserirlo “nei nostri numeri anche se siamo vicini alle ultime fasi procedurali per l’approvazione del progetto come il passaggio del Cipess che è previsto nei prossimi giorni”.

Il top manager ha poi ricordato che c’è un’attenzione particolare nel “mondo, tutti guardano al Ponte di Messina, e ci chiedono del Ponte di Messina. Per noi è un progetto molto importante che sarà un punto di svolta per l’Italia, per la tecnologia italiana e anche credo per Webuild”. Tornando ai numeri, Webuild ha ottenuto un utile netto pari a 132 milioni, in crescita del 61%. Il margine operativo lordo (Ebitda) raggiunge i 564 milioni con un significativo incremento del 38% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Significativo anche il balzo degli investimenti che ammontano a 454 milioni per alimentare la crescita e la generazione di cassa.

I risultati ottenuti consentono a Webuild di confermare gli obiettivi per l’intero anno con ricavi superiori a 12,5 miliardi ed il margine operativo lordo maggiore di 1,1 miliardi. “Siamo ben avanti rispetto alla tabella di marcia per raggiungere gli obiettivi del 2025”, spiega Salini. Gli ordini acquisiti da Webuild da inizio anno ammontano a 6,5 miliardi, raggiungendo oltre il 50% del target per l’anno, di cui oltre il 95% è stato acquisito in geografie chiave con basso profilo di rischio. Sono compresi 1,8 miliardi di gare in cui Webuild è risultata come miglior offerente. Il portafoglio ordini supera i 58 miliardi, garantendo “ampia visibilità sui ricavi futuri e rappresentando una base solida per il prossimo piano industriale”. La strategia di crescita è “alimentata da investimenti mirati, con oltre 450 milioni di euro nel semestre, e da un impegno costante verso l’innovazione, la sostenibilità e la valorizzazione delle persone che rappresentano il nostro più grande valore, con una competenza ed una passione fuori dal comune”, evidenzia l’amministratore delegato. Webuild punta anche sul capitale umano, con oltre 7.500 nuove assunzioni dall’inizio dell’anno.

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Chiusa l’opas di Bper, a Modena l’80% della Sondrio

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Va a segno l’opas di Bper sulla Banca Popolare di Sondrio, con l’istituto modenese che chiude la sua offerta di acquisto e scambio all’80,7% del capitale. Se la quota non è sufficiente per il delisting (servirebbe almeno il 90%), basta e avanza per garantire lo stesso risultato attraverso una fusione per incorporazione che Bper ha i numeri per far passare in assemblea straordinaria. “Il successo di questa operazione rappresenta una tappa significativa per Bper e un importante riconoscimento della validità del nostro progetto da parte del mercato e degli azionisti. Con l’ingresso di Banca Popolare di Sondrio nel Gruppo si rafforza il nostro posizionamento tra i principali player del settore in Italia”, ha dichiarato l’ad Gianni Franco Papa.

“Insieme siamo più grandi, più solidi e ancora più radicati nel tessuto economico e sociale del Paese, assistendo oltre 6 milioni di clienti, con più di 2.000 filiali distribuite capillarmente e gestendo circa 400 miliardi di asset finanziari. Diamo inizio ad un nuovo percorso di crescita che accelererà significativamente il raggiungimento degli obiettivi del nostro piano industriale, pronti a conoscere e lavorare con i nuovi colleghi con i quali condividiamo valori, passione e senso di responsabilità verso famiglie, imprese e comunità”. Ora Bper potrà schiacciare il pedale dell’acceleratore con l’obiettivo di arrivare alla fusione entro la fine dell’anno, così da procedere rapidamente all’integrazione e all’estrazione delle sinergie promesse al mercato, pari a 290 milioni di euro. Si tratterà di vedere che cosa deciderà di fare il cda della Sondrio che, preso atto dei nuovi assetti, potrebbe farsi da parte e dare spazio al nuovo azionista di controllo.

Per la banca valtellinese si chiude, almeno sotto il profilo dell’autonomia, una storia iniziata nel 1871, fatta di buon credito, attenzione al territorio e orgoglio identitario, difeso fino all’ultimo dall’ad, Mario Pedranzini. Bper corona invece le sue ambizioni da ‘terzo polo’, concludendo un percorso di crescita impetuosa, segnato dalle acquisizioni di Unipol Banca, delle filiali Ubi e di Carige, sotto la regia del gruppo Unipol, partner industriale e principale azionista delle due banche. Intanto a Siena si registra l’accordo tra Mps e i sindacati sul nuovo contratto integrativo, che alza l’asticella delle tutele economiche e di welfare, e sul premio aziendale, una una tantum di 1.500 euro che verrà erogata nel 2026. “Dopo anni difficili, iniziamo a dare risposte concrete alle legittime aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori”, ha dichiarato Alessia Silvestri della First Cisl mentre Guido Fasano della Fabi parla di “strada giusta” per dare “il dovuto e tangibile riscontro” a chi ha remato “in periodi di grande difficoltà economica”. “Dopo oltre un decennio restituiamo finalmente alle lavoratrici e ai lavoratori un contratto vero” le parole di Carlo Magni della Uilca.

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Von der Leyen vede Trump, l’intesa sui dazi è a un passo

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Turnberry, estuario del fiume Clyde, Sud-Ovest della Scozia. E’ qui che domenica Unione Europea e Stati Uniti sono chiamati a stringersi la mano chiudendo, almeno temporaneamente, la lunghissima trattativa sui dazi. Al tavolo ci saranno Donald Trump e Ursula von der Leyen. Si tratterà del primo, vero bilaterale tra i due da quando il tycoon ha ripreso possesso della Casa Bianca. La presidente della Commissione, confermando i rumors che circolavano in una Bruxelles ormai svuotata dalla pausa estiva, ha annunciato il viaggio lampo che le eviterà di entrare nella trappola dello Studio Ovale. Un viaggio che prelude ad un’intesa ormai giunta alle battute finali. La bozza dell’accordo si troverebbe già al tredicesimo piano del Palais Berlaymont, dove von der Leyen ha potuto visionarla al rientro dalla Cina.

La presidente dell’esecutivo Ue ha sempre sostenuto che non si sarebbe recata da Trump prima di avere sul tavolo un sostanziale schema dell’intesa. L’imprevedibilità dell’interlocutore richiama alla cautela anche dei più ottimisti ma nella Direzione generale Trade, protagonista dei lavori preparatori, cominciano a vedere una luce in fondo al tunnel. Il numero che ha sbloccato lo stallo è il 15%, ritenuto sopportabile dalle cancellerie europee. Ed è una percentuale su cui, evidentemente, ha convenuto anche il tycoon. “Ho avuto una buona telefonata con Trump, abbiamo concordato di vederci in Scozia per discutere delle relazioni commerciali transatlantiche e di come mantenerli forti”, ha scritto von der Leyen su X. L’incontro che si terrà in Scozia segna una svolta definitiva sul negoziato dei dazi ma non è detto che porti alla formalizzazione dell’intesa già domenica. Nell’aereo diretto al Golf Club di Trump ci saranno von der Leyen e il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic, accompagnati dai rispettivi staff.

I contorni del bilaterali sono tutt’altro che definiti ma, fonti vicine al dossier, spiegano che potrebbe articolarsi in due fasi: in una ci saranno anche gli sherpa, in una seconda, ristretta, ci saranno solo von der Leyen e Trump. Al di là di percentuali e esenzioni la presidente della Commissione puntualizzerà alcuni principi che regolano i rapporti commerciali dell’Ue con i Paesi terzi. Principi legati al libero scambio e all’affidabilità delle partneship. Prima di decollare per la Scozia Trump, parlando con i cronisti, ha dato l’impressione di voler frenare l’ottimismo degli ultimi giorni. “L’intesa ci sarà al 50%” mentre “su acciaio e alluminio non c’è molto margine di manovra”, ha sottolineato. Tradotto, sui primi due settori colpiti dai dazi americani la percentuale resterà del 50%. E’ su tutto il resto che la trattativa è in rapida evoluzione. Cruciale sarà la conferma di alcune esenzioni settoriali, dai prodotti agroalimentari agli alcolici, dai dispositivi medici al legname. Con il nodo dei farmaci come appendice.

E qui le parti, ad una manciata d’ore dal bilaterale, non sembrano ancora vicine. Importante per gli europei (basta vedere gli avvertimenti reiterati della Volkswagen) sarà che le tariffe per il settore dell’automotive scendano dal 27,5% al 15%, ovvero alla percentuale base. Altrettanto decisivo, nello schema della Commissione, è che il 15% includa quel 4,8% figlio della clausola della ‘Nazione più favorita’ finora in vigore tra le due sponde dell’Atlantico. Resta da capire, con il possibile ‘deal’, che fine farà il listone di contromisure messo in campo dall’Ue. Le prime, quelle in risposta ai dazi su acciaio e alluminio, partirebbero dal 7 agosto ma, certo, tutto dipenderà dai contorni di un’intesa a un passo ma, per certi aspetti, ancora fumosi. Intanto, il presidente Usa ha annunciato che invierà nuove lettere sui dazi ai Paesi terzi. E ha riacceso lo scontro con il Canada. “Forse con loro non ci sarà accordo sui dazi”, ha attaccato. Sebbene si giochi in campo neutro il bilaterale con Trump, per von der Leyen, resta una sfida difficile.

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