Collegati con noi

Cronache

Università telematica usata come un bancomat, 5 arresti a Chieti

Pubblicato

del

Usavano come un bancomat le casse dell’Universita’ telematica Gabriele D’Annunzio. Per questo motivo sono scattate cinque ordinanze di custodia cautelare di cui tre in carcere e due ai domiciliari nell’ambito di una vasta indagine nella quale risultano indagate 18 persone italiane: 16 residenti in Abruzzo, Toscana, Emilia-Romagna, Lazio e Campania e due residenti in Svizzera e Romania. Le attivita’ di indagine coordinate dal sostituto Procuratore Giancarlo Ciani hanno accertato piu’ peculati a carico di alcuni soggetti con denaro sottratto dall’Unidav per creare fondazioni e societa’: in un caso particolare, poi, era stata costituita una societa’ con oltre centomila euro che fungeva da schermo per drenare denaro con falsi contratti di formazione. Le misure cautelari personali sono scattate per l’ex direttore generale Alberto Rimicci, per due ex consiglieri di amministrazione, per un dipendente della Da Vinci, tre imprenditori e un basista residente in Romania. Dalle prime ore di questa mattina contestualmente alle misure cautelari si sta procedendo al sequestro preventivo dei beni mobili, immobili e conto correnti bancari per un valore di oltre ottocentomila euro sia in Italia che in Svizzera, in Slovacchia e a Malta. Gli inquirenti hanno accertato frodi, appropriazione e falsificazione di documenti sul larga scala: l’unico obiettivo era depredare le casse dell’Universita’ telematica Da Vinci. Circa 800 mila euro il flusso di denaro che veniva utilizzato a vari fini per la costituzione di societa’ per il pagamento di fatture a scopo personale e per la gestione di aziende di persone collegate al consiglio d’amministrazione.

Dalle indagini e’ stato contestato anche un abuso di atti di ufficio per la nomina illegittima a professore universitario a contratto di Antonio Cilli. “Abbiamo neutralizzato una banda di affaristi che per oltre due anni hanno depredato senza ritegno, al loro uso e consumo, i fondi dell’universita’ – ha dichiarato il Procuratore capo diChieti Francesco Testa – allo scopo di creare nuovi enti e nove societa’ in Italia e all’estero: vere proprie scatole cinesi nate per accaparrarsi risorse pubbliche e fondi comunitari che avrebbero dovuto essere invece destinate alle attivita’ di istruzione e formazione. In un caso, addirittura, -spiega Testa- abbiamo accertato la distrazione di fondi per pagare i creditori di una societa’ maltese che faceva da drenante di denaro. Le indagini sono scattate dopo alcune segnalazioni, sulla base di analisi dei documenti di governance dell’universita’ e dei flussi finanziari: grande collaborazione dell’attivita’ giudiziaria coordinata dal colonnello dei CC Florimondo Forleo e del colonnello della GDF Serafino Fiore. “Nell’ambito della cooperazione internazionale – spiega Francesco Testa- c’e’ stata una grande sinergia :abbiamo richiesto e ottenuto con sollecitudine collaborazione sia nell’esecuzione di ordini di indagini europee che di tradizionali rogatorie anche da paesi che non fanno parte dell’unione europea e mi riferisco in particolare a Slovacchia, Svizzera ,a Malta e alla Romania. Restano ancora da chiarire l’origine dei fondi provenienti dalla Slovacchia ed erogati dalla comunita’ europea cosi’ come e’ ancora da approfondire sono da approfondire gli aspetti dell’aggiudicazione del bando di concorso. Sono tuttora in corso 22 perquisizioni e a breve si procedera’ ad informare il ministero dell’istruzione circa i risultati delle indagini per fare in modo che vengano presi provvedimenti anche in un’ottica futura e non lasciati piu’ in mano di speculatori che fa pensare ad una debolezza intrinseca.

Advertisement

Cronache

Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

Pubblicato

del

Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

Continua a leggere

Cronache

Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

Pubblicato

del

Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

Continua a leggere

Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

Pubblicato

del

Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto