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Cronache

Ue, 130 migranti morti è una tragedia europea

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“Una tragedia europea”. Dopo il silenzio dei giorni scorsi la Commissione europea e’ tornata a parlare di migrazione. La carneficina dei 130 morti nel Mar Mediterraneo di venerdi’, e’ diventata l’occasione per rilanciare sulla necessita’ di far funzionare il nuovo Patto su migrazione e asilo, al palo ormai da mesi, intrappolato dalle divisioni dei 27 sull’aspetto centrale dell’equilibrio tra solidarieta’ e responsabilita’, e finito nelle retrovie, dietro all’emergenza Covid. “Nella notte tra giovedi’ e venerdi’, 130 persone, uomini, donne e bambini hanno vissuto un vero incubo, finito in totale tragedia”, ha ricostruito sul podio della sala stampa la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson. “Erano a bordo di un gommone, con onde di sei metri. Potete immaginare la paura di morire. I bambini che gridavano. La ricerca dei soccorsi. Questa e’ anche una tragedia europea. Abbiamo bisogno del Patto su migrazione e asilo” per gestire il fenomeno in “modo ordinato”, ha insistito la politica svedese, attenta pero’ a non toccare il tema della solidarieta’ che spacca l’Unione, incancrenitosi negli anni, trasformando il dossier in un file ‘tossico’. Una proposta, quella di Bruxelles, che il sottosegretario agli Affari Ue, Enzo Amendola, nelle ultime ore e’ tornato a definire “insoddisfacente” e rispetto a cui l’Italia di Draghi si aspetta progressi. Avanzamenti sostanziali che saranno pero’ assai improbabili almeno fino all’avvio della presidenza di turno francese del Consiglio dell’Ue, il prossimo anno. Nel frattempo Bruxelles prova ad affrontare questioni che offrono qualche margine di manovra, e che si legano alla politica estera. In questo solco corre il lancio di una strategia dell’Unione – la prima – per i rimpatri volontari. “Un importante pezzo del puzzle”, l’ha definita il vicepresidente, Margaritis Schinas, che ha ricordato quanto il capitolo rimpatri sia centrale nel nuovo Patto. “Non e’ un segreto che finora l’Ue non ha fatto bene”, ammettendo “il fallimento”. Nel 2019 circa mezzo milione di persone ha ricevuto un ordine di allontanamento “e solo 142 mila sono stati effettivamente” riaccompagnati, in tutto “un terzo circa”. Ma con l’intensificarsi del lavoro sugli accordi di riammissione con i Paesi terzi, facilitato dalla leva sui visti, ed i nuovi poteri assunti da Frontex, Bruxelles spera di dare un nuovo slancio alla discussione. “Il tempo e’ essenziale”, ha ripetuto Johansson. “I rimpatri volontari sono efficaci e costano meno di quelli forzati”. Uno studio del Parlamento europeo ha stimato che gli allontanamenti forzati costino 3.414 euro a persona, contro i 560 di quelli volontari, e i 2500 da un Paese di transito. “Con l’aiuto dell’Unhcr e delle altre agenzie Onu abbiamo aiutato 50 mila migranti a lasciare la Libia, 100 mila se consideriamo anche Niger e Gibuti” ha insistito la svedese che preme anche su forme di immigrazione legale come la Blue card (con un accordo prima della fine della presidenza portoghese). Ma le preoccupazioni montano con l’inoltrarsi della primavera che di solito si accompagna alla ripresa degli sbarchi. E mentre la Danimarca sembra intenzionata ad espellere i richiedenti asilo siriani, Johansson e Schinas respingono le accuse a Frontex di mancato rispetto dei diritti dei migranti. “Basta attacchi a buon mercato”.

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Auto si ribalta e prende fuoco, morti tre ragazzi

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re ragazzi sono morti in un incidente stradale che si è verificato poco fa nel Brindisino lungo la provinciale che collega Torchiarolo a Lendinuso. Sul posto stanno operando i vigili del fuoco. A quanto si apprende l’auto, una Porsche, con a bordo i tre giovani si sarebbe ribaltata prendendo fuoco.

Le vittime sono un 22enne e due ragazze 21enni, tutti residenti a Torchiarolo. Una delle ragazze era originaria dell’Ucraina e viveva in provincia di Brindisi. Le indagini sono condotte dalla polizia locale. La strada al momento è stata chiusa al traffico e sul posto si sta recando il pubblico ministero di turno della procura di Brindisi.

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Schianto in A1 dopo aver scelto casa, morti padre e bimbo

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Tornavano da Vicenza. Ci erano stati per iniziare a costruire la loro nuova vita: un lavoro da operatore socio sanitario grazie all’attestato che tra mille sacrifici era riuscito a prendere seguendo i corsi di un istituto di formazione a Cassino. Erano stati a scegliere la casa nella quale trasferirsi: giusto il tempo di far finire l’anno scolastico al loro bimbo che sta in Terza Elementare e poi un taglio netto con il passato, l’inizio di un sogno italiano che prende forma. Ma il sogno di una famiglia di origi nigeriane si è trasformato in un incubo. In una tragedia. È successo sull’autostrada A1, nel tratto tra Anagni e Ferentino, già in provincia di Frosinone, meno di cinquanta chilometri da casa: chilometro 615, direzione sud. Ore 15.30, cosa sia accaduto lo sta ancora ricostruendo la Polizia Stradale di Frosinone, forse uno pneumatico scoppiato.

Sta di fatto che la loro Ford Fiesta grigia viene tamponata con violenza da un suv Volvo di colore blu scuro. Un impatto che costa la vita a Inya Christopher Nwachi, 40 anni, ed al figlio Inya Christopher Junior, di appena 8 anni. Gravi anche la moglie, 40 anni, e l’altra bambina, 5 anni, che viaggiavano in auto. La donna è stata trasferita in elicottero al San Camillo di Roma: la sua prognosi è riservata. L’eliambulanza con la bambina invece è atterrata al Bambin Gesù: anche la bimba è in condizioni critiche. Il bilancio dell’incidente avrebbe potuto essere ancora più grave se non fosse stato per il conducente di un autoarticolato della società Iannotta che arrivava alle spalle delle due vetture: appena assistito all’incidente ha rallentato e si è messo di traverso, occupando le tre corsie di marcia facendo da scudo ed impedendo ad altri mezzi di finire addosso a quelli incidentati.

I primi a prestare i soccorso sono stati alcuni automobilisti, dopo pochi minuti è arrivato il personale sanitario del 118 con la Polizia Stradale di Frosinone ed i Vigili del Fuoco. Per prestare i soccorsi è stato necessario chiudere un tratto di autostrada: si sono creati fino a 6 chilometri di coda verso Sud e 2 verso Nord. Ora la circolazione è ripresa regolarmente. La famiglia, immigrata anni fa dalla Nigeria, si era costruita una vita nel sud della provincia di Frosinone: Inya Christopher Nwachi lavorava in una pizzeria di Cervaro e nel tempo libero studiava per prendere l’attestato da Oss. Ci era riuscito. Ed aveva trovato lavoro a Vicenza: avrebbe preso servizio all’inizio del prossimo giugno. “È una tragedia che colpisce la nostra comunità – dice il sindaco di Cervaro, Ennio Marrocco – era una famiglia che si era fatta ben volere, ben inserita, bravissime persone. Come Comune di Cervaro saremo al fianco della signora e della bambina”. Che ora, dal sogno si ritrovano a vivere un incubo.

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Il 19 giugno parte il processo per l’omicidio di Aurora

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Si svolgerà il 19 giugno al Tribunale per i minorenni di Bologna, con rito abbreviato, il processo per il 15enne accusato dell’omicidio di Aurora Tila, la ragazza di 13 anni, morta dopo essere precipitata dal terrazzo sopra casa a Piacenza, il 25 ottobre. Ne dà notizia il quotidiano Libertà. Il processo era stato inizialmente fissato per il 9 luglio, con rito ordinario. L’avvocato difensore del ragazzo ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. Oltre agli atti raccolti dalla procura saranno presi in esame in aula i risultati delle perizie dei consulenti di parte. Aurora Tila, studentessa dell’Istituto Colombini, morì la mattina del 25 ottobre precipitando da un terrazzo al settimo piano del palazzo dove viveva con la madre e cadendo poi su un balcone tre piani più in basso. Con lei, sul terrazzo, c’era l’ex fidanzatino, di due anni più grande: le telecamere del condominio hanno ripreso il loro incontro nell’atrio, prima di salire in casa.

È stato lui a dare l’allarme e qualche giorno dopo è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Lui ha sempre negato queste accuse, sostenendo una versione diversa dei fatti rispetto alla ricostruzione della Procura. Il processo si svolgerà secondo il rito abbreviato (ovvero sulla base degli atti raccolti dalla procura, con il beneficio di uno sconto di un terzo della pena) ma “condizionato”, ovvero con l’ascolto in aula dei periti, e quindi con il confronto fra le due perizie, dagli esiti divergenti, che potrebbero rappresentare il cuore del processo. I medici legali di parte della difesa, infatti, contestano radicalmente le conclusioni alle quali era arrivata la perizia disposta dalla procura dei minorenni, che sostanzialmente attribuiscono al 15enne la volontà di far cadere Aurora dal terrazzo, da un’altezza di nove metri.

Una ricostruzione che la difesa ha sempre negato. Il punto cruciale su cui ci sarà battaglia sarà la dinamica della caduta, che secondo la perizia del consulente della procura, è incompatibile con un suicidio. Conclusioni, che come riferisce il quotidiano piacentino, secondo il medico legale Mario Tavani (che insieme al collega Attilio Maisto ha curato la perizia per la difesa) “risultano indubbiamente criticabili”, mentre “quelle sulla ricostruzione dinamica della precipitazione del corpo per alcuni versi inaccettabili”. Saranno prese in esame anche alcune testimonianze oculari: il racconto di alcune persone che hanno riferito di aver visto i due giovani litigare sul terrazzo sono state infatti cruciali per le indagini.

E’ stata una di queste testimonianze, in particolare, secondo cui il ragazzo avrebbe spinto Aurora oltre il parapetto e l’avrebbe colpita sulle mani per farla cadere, a risultare cruciale nella decisione di arrestare il 15enne. Un dettaglio, quello dei colpi sulle mani, che sarà messo a confronto con gli esiti delle perizie: quella dell’accusa ritiene le ferite che Aurora aveva sulle dita compatibili con i colpi ricevuti per farla cadere, mentre secondo la perizia della difesa sono state procurate dall’impatto a terra.

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