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Politica

Trump spiazza Meloni, ‘ma Zelensky non si discute’

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Italia, Stati Uniti e i partner europei e occidentali. Giorgia Meloni delinea il perimetro in cui secondo lei bisogna collaborare “per una pace duratura in Europa, che necessita di garanzie di sicurezza reali ed efficaci per l’Ucraina”. Sono parole limate con attenzione quelle della nota di Palazzo Chigi sul contenuto della telefonata con il primo ministro canadese Justin Trudeau. Un colloquio in cui la premier ha ricordato “come siano stati il sostegno occidentale insieme al coraggio e alla fermezza ucraina a precostituire le condizioni che rendono possibile parlare oggi di un’ipotesi di accordo”.

Meloni lunedì (la giornata in cui Emmanuel Macron è atteso alla Casa Bianca) non sarà a Kiev, insieme ai vertici dell’Ue, nella missione per il terzo anniversario del conflitto, a cui parteciperà anche il premier spagnolo Pedro Sanchez. Il motivo è il medesimo che non le consentirà di partecipare nelle stesse ore al summit in videoconferenza del G7 convocato dalla Presidenza canadese. Ossia, come ha spiegato a Trudeau, e come riferisce Palazzo Chigi, “la colazione da lei offerta allo sceicco Mohammed bin Zayed” e l’intervento “al Business Forum italo-emiratino, nell’ambito della visita di Stato in Italia del presidente degli Emirati Arabi Uniti, da lungo tempo programmata”.

A rappresentare il governo ci sarà il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che assieme all’altro vicepremier, Matteo Salvini, in mattinata ha avuto una riunione con Meloni. Un appuntamento focalizzato sul nodo delle concessioni balneari, dopo che il Tar della Liguria ha bocciato la riforma. Si è parlato pure della crisi ucraina. Non si è andati troppo in profondità, ma un punto fermo per il governo, a quanto filtra, deve essere il riconoscimento di Volodymyr Zelensky. Gli attacchi di Trump contro di lui e contro gli europei avrebbero generato un certo disorientamento a Palazzo Chigi in questi giorni, si ragiona in ambienti della maggioranza. E certo non ha fatto piacere, si fa presente nel centrodestra, la notizia delle imminenti visite alla Casa Bianca di Macron e del primo ministro britannico Keir Starmer. Il piano di Meloni di diventare ponte fra Bruxelles e Washington rischia di risentire di questa situazione. Un ulteriore elemento critico in settimane delicate – iniziate con il caso Almasri e appesantite dalla fresca condanna di Andrea Delmastro -, in cui fra gli alleati stanno emergendo strategie comunicative non perfettamente allineate su Trump e Ucraina. Meloni ha evitato commenti pubblici sugli affondi del tycoon, rinviando ogni valutazione al momento di un accordo di pace che auspica “il prima possibile”.

Salvini quotidianamente sostiene l’iniziativa del presidente americano. E Tajani ha riconosciuto che “le parole della nuova amministrazione Usa sono sempre forti”, e che “c’è qualche crepa nel rapporto tra Trump e Zelensky”. Ma “è nel nostro interesse- ha aggiunto – che la situazione si calmi e si arrivi alla pace: non soffermiamoci sulle parole”. In questo scenario, all’interno del governo ci sarebbero valutazioni diverse anche sull’opportunità dell’intervento della premier al Cpac, la convention dei conservatori americani a cui parteciperanno anche Trump e Elon Musk.

Il suo videocollegamento è previsto per sabato (verso le 19 italiane), la giornata conclusiva, in cui prenderà anche la parola il presidente argentino Javier Milei: in scaletta il discorso di Meloni è il penultimo dopo quello di Tom Homan, lo zar dei confini dell’amministrazione Trump, prima di quello di Elise Stefanik, l’ambasciatrice designata di Donald Trump per l’Onu. La presidente del Consiglio non avrebbe ancora deciso definitivamente se intervenire. Il suo discorso è comunque in fase di preparazione. E sarà interessante vedere quanto si discosterà da quello del 2019, quando sul palco del Cpac plaudiva alla ricetta Trump, sosteneva come l’Europa fosse in una “crisi di democrazia e di sovranità popolare”, e inquadrava le elezioni europee previste di lì a poco come uno “scontro finale”, fra “la nostra Europa, con le sue radici greche, romane e cristiane contro l’Europa dei Macron e delle Merkel, di chi vuole sempre maggiore cessione di sovranità dagli Stati nazionali ai tecnocrati”.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Economia

I sindacati in piazza, ‘basta morti sul lavoro’

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Oltre mezzo milione di incidenti sul lavoro e più di mille morti l’anno. Tre al giorno: tragedie in cantieri, fabbriche, campi, a cui bisogna mettere fine. Cgil, Cisl e Uil (foto Imagoeconomica in evidenza) scendono in piazza per il Primo maggio all’insegna della sicurezza sul lavoro, ricordando le tante vittime e dicendo basta. Al governo, che mette sul tavolo altri 650 milioni per la sicurezza, chiedono misure più incisive in vista dell’incontro dell’8 maggio a Palazzo Chigi.

Servono risposte ‘adeguate’ o sarà mobilitazione, avverte il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. In attesa del confronto, la premier Giorgia Meloni rivendica l’azione dell’esecutivo in questi due anni e mezzo: oltre un milione di posti di lavoro in più e il numero degli occupati al massimo storico, più di 24 milioni e 300mila. Un impegno che, assicura, continua anche sul fronte della sicurezza. Ma sulle sue parole si riaccende lo scontro con la segretaria del Pd, Elly Schlein: ‘Continua a mentire sui numeri’, attacca la segretaria dem, rilanciando la necessità di una legge sul salario minimo. Nelle piazze riecheggiano anche i referendum dell’8 e 9 giugno. Schlein al corteo a Roma sfila accanto a Landini, che rilancia l’invito ad andare a votare, e conferma che il Pd sostiene tutti i 5 sì al referendum.

VIA SPARANO PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVORATORI CGIL CISL E UIL UNITI PER UN LAVORO SICURO BANDIERE CGIL UIL CISL (foto Imagoeconomica)

Mentre il leader M5s, Giuseppe Conte, su Fb scrive che il movimento ‘dirà 4 sì’ ai quesiti sul lavoro (resta fuori quello sulla cittadinanza che non aveva firmato). Il tema unitario resta quello della sicurezza e del contrasto agli incidenti sul lavoro. ‘Questa vergogna deve finire’, dice la segretaria generale della Cisl, Daniela Fumarola, dal palco a Casteldaccia (Palermo), dove il 6 maggio dell’anno scorso cinque operai persero la vita, guardando alla convocazione dell’8 maggio per costruire una strategia nazionale e ‘un’alleanza’.

Da Montemurlo (Prato), il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ricorda invece Luana D’Orazio, morta lì quattro anni fa in una ditta tessile. E da lì torna a chiedere di istituire il reato di omicidio sul lavoro e una procura speciale. Alla giovane nel pomeriggio viene intitolata una strada, su iniziativa del comune. E alla mamma, Emma Marrazzo, arriva l’abbraccio anche della ministra del Lavoro, Marina Calderone, presente alla cerimonia: ‘Quello che le è accaduto è il peggior incubo’, le dice assicurando l’impegno a fare di più. Nel pomeriggio il concertone del Primo maggio a Roma – aperto da Leo Gassmann sulle note di ‘Bella Ciao’ – omaggia Papa Francesco: ‘La sicurezza sul lavoro è come l’aria che respiriamo, ci accorgiamo della sua importanza quando viene tragicamente a mancare ed è sempre troppo tardi’, le parole di Bergoglio che riecheggiano in una piazza San Giovanni stracolma.

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Politica

Mattarella: Resistenza non è feticcio ma responsabilità

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Le associazioni combattentistiche “sono l’anima perenne della memoria”: la loro opera è “preziosa” perchè voi trasmettete “il senso di quello che è avvenuto, la custodia della memoria senza farne un feticcio consegnato al solo ricordo, ma facendola vivere come consapevolezza civile, come educazione alla responsabilità. Un ponte ideale tra generazioni nell’attualità dei valori”. Sergio Mattarella chiude le celebrazioni per il 25 aprile con un ennesimo appello a non dimenticare quanto accaduto con la Resistenza e la Liberazione ma soprattutto con un invito a far si che questa data non diventi uno sterile appuntamento ma una spinta ad agire nel nome di quei valori. Ricevendo al Quirinale le associazioni combattentistiche e d’arma, il cui incontro era programmato per il 23 aprile, il presidente della Repubblica è tornato a sottolineare l’importanza della festa della Liberazione.

Infatti per il capo dello Stato il 25 aprile deve essere “un’eredità vissuta nel presente e trasformata in impegno per riflettere sull’attualità di quei valori, a cominciare dal rifiuto dell’indifferenza”. Ma non solo perchè, ha ricordato ancora Mattarella, la Liberazione sprigionò “energia morale” e fu “il frutto di un moto individuale delle coscienze che divenne espressione della dignità del nostro paese, del nostro popolo che non si lasciò sopraffare dalla barbarie”. La rievocazione del presidente con le associazioni combattenti è quindi giocata tutta sul valore degli ideali che portarono al 25 aprile, sulla necessità di non perdere la spinta propulsiva che generò. Infatti ha spiegato come “minacce in forme diverse che pretendono di porre in discussione i valori di democrazia, libertà e pace che furono alla base della Resistenza sono sempre presenti. Conflitti armati sempre più frequenti vicini ai confini dell’Europa.

Tensioni nei rapporti internazionali che con oblio della memoria rischiano di provocare crisi globali dalle conseguenze catastrofiche. Ecco perché – ha ripetuto – il 25 aprile non è mera occasione di formale omaggio”. Non poteva infine mancare un raccordo tra gli ideali di quei tempi e le prime visionarie idee sulla necessità di arrivare ad un Europa unita, unico vero baluardo contro i nazionalismi aggressivi di quell’epoca: “rendiamo onore ai protagonisti della Liberazione e della Resistenza che ci hanno condotto nella nuova Italia, libera, democratica e promotrice di quella che oggi è l’Unione europea, un’Italia protagonista della cooperazione internazionale”, ha concluso il presidente.

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