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Trump annuncia dazi sui farmaci: riporteremo la produzione in America

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Donald Trump lancia la sfida globale anche al settore farmaceutico. Durante la cena di gala del National Republican Congressional Committee a Washington, il presidente degli Stati Uniti ha annunciato l’intenzione di introdurre a breve dazi significativi sui prodotti farmaceutici, accusando i Paesi stranieri di approfittare degli Stati Uniti sui prezzi e sulla produzione. “Annunceremo a breve un’importante tariffa sui prodotti farmaceutici”, ha dichiarato Trump, sostenendo che la misura servirà a riportare la manifattura farmaceutica sul suolo americano, dopo decenni di delocalizzazione.

L’Italia tra i Paesi più colpiti

L’annuncio non è solo una questione interna americana. L’Italia, che vanta uno dei settori farmaceutici più forti d’Europa e una robusta quota di export verso gli USA, rischia di essere tra i Paesi più colpiti dalla nuova misura. Si apre così un nuovo fronte di tensione nei rapporti commerciali tra Washington e Bruxelles.

La guerra dei dazi si allarga, ma le trattative restano al palo

Nonostante le promesse di dialogo, molti governi stranieri restano in attesa di risposte da parte dell’amministrazione Trump, secondo quanto riferito da Politico. Le Filippine, ad esempio, attendono ancora una risposta alla loro richiesta di incontro. Il Regno Unito ha presentato una proposta di accordo commerciale, senza però riuscire a evitare gli aumenti tariffari.

Molti diplomatici lamentano ambiguità nelle richieste americane e l’assenza di indicazioni chiare sulle concessioni richieste. La Casa Bianca, pur cercando di rassicurare mercati e imprese, sembra ben lontana da intese concrete, anche perché — secondo Politicosta tentando di negoziare contemporaneamente con quasi 100 Paesi.

“So quello che sto facendo”: Trump rivendica i risultati

Trump, dal canto suo, ha ribadito la sua strategia: “Stiamo incassando 2 miliardi di dollari al giorno, possiamo anche restare così”, ha detto, lasciando intendere di non avere fretta di chiudere accordi. Ha poi accusato la Cina di manipolare lo yuan per neutralizzare gli effetti dei dazi, ma si è detto convinto che “a un certo punto la Cina firmerà un accordo”.

Ha inoltre lanciato un duro avvertimento a TSMC, colosso dei semiconduttori di Taiwan:

“Se non costruiranno il loro impianto qui, pagheranno tasse fino al 100%”.

Tensione anche nel partito repubblicano

Il presidente non ha risparmiato critiche interne al suo stesso partito, rivolgendosi a quei repubblicani preoccupati per gli effetti economici e politici dei dazi, in vista delle elezioni di midterm. “Dovete solo arrivare al punto. Chiudete gli occhi e arrivateci. È un disegno di legge fenomenale. Basta fare i pavoni”, ha tuonato, riferendosi al suo piano di bilancio che prevede nuovi tagli fiscali e più fondi per la sicurezza delle frontiere.

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Ucraina-Russia, scontro sul cessate il fuoco del 9 maggio: Zelensky rifiuta la tregua di Putin

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La celebrazione della “Grande Vittoria Patriottica” del 9 maggio, data simbolo per la Russia post-sovietica, diventa terreno di nuovo scontro tra Mosca e Kiev. Il Cremlino ha chiesto un cessate il fuoco di 72 ore, in coincidenza con l’ottantesimo anniversario della vittoria contro il nazifascismo, da commemorare con la tradizionale parata sulla Piazza Rossa.

Vladimir Putin, secondo fonti diplomatiche, teme un attacco ucraino con droni proprio durante la cerimonia, che sarebbe trasmessa in mondovisione. L’ipotesi di dover evacuare sotto minaccia, assieme ai leader stranieri presenti, rappresenterebbe per il leader russo una ferita simbolica e politica. Non solo alla sua immagine di potenza, ma anche al progetto ideologico di continuità storica tra l’URSS di allora e la Russia di oggi.

Zelensky rifiuta la proposta: “Non è una tregua, è propaganda”

La risposta di Volodymyr Zelensky non si è fatta attendere. Il presidente ucraino ha rifiutato la tregua selettiva proposta da Mosca, definendola strumentale: “Perché solo 72 ore a discrezione della Russia?”, ha chiesto. Zelensky ha ricordato che l’Ucraina ha già accettato la proposta americana per una tregua di un mese, in qualunque momento Mosca fosse davvero pronta a porre fine alla guerra.

Ma per Kiev, questa non è una vera proposta di pace: “Non vogliamo partecipare a un gioco che crea una piacevole atmosfera per consentire a Putin di uscire dall’isolamento il 9 maggio”. Anzi, Zelensky ha messo in guardia gli ospiti attesi a Mosca: “Non possiamo garantirvi la sicurezza. Meglio restare a casa”, ha detto ironicamente, ricordando che le sirene antiaeree in Ucraina continuano a suonare ogni notte.

Continuano i bombardamenti su Kherson e Kharkiv

Nel frattempo, sul terreno, la guerra non si ferma. A Kherson si contano nuovi morti e feriti, e a Kharkiv circa 50 persone sono rimaste ferite da un attacco di droni russi. I bombardamenti proseguono su tutta la linea del fronte, con un’intensità che smentisce nei fatti ogni reale volontà di tregua da parte russa.

Zelensky ha anche ipotizzato che Mosca possa inscenare un attacco fittizio durante la parata per addossarne la colpa a Kiev e giustificare un’escalation.

Il Cremlino risponde con minacce: “Kiev potrebbe non vedere l’alba”

La replica del Cremlino non si è fatta attendere. La portavoce Maria Zakharova ha accusato Zelensky di minacciare i leader mondiali intenzionati a partecipare alla cerimonia. Ma è stato il vicepresidente Dmitry Medvedev a lanciare la provocazione più dura: “Se ci sarà una provocazione ucraina il 9 maggio, Kiev potrebbe non vedere l’alba del 10”.

Parole che dimostrano quanto il confronto sia ancora incandescente, anche sul piano simbolico. Una tregua che doveva rappresentare una pausa umanitaria rischia così di diventare l’ennesimo casus belli. Il muro contro muro continua, con le armi ancora pronte a parlare.

 

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Ucraina, la guerra rallenta: meno avanzate russe e una strategia che cambia

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Dopo i successi militari ottenuti tra ottobre e dicembre 2024, l’esercito russo ha sensibilmente rallentato il proprio ritmo di avanzata sul fronte ucraino. A gennaio 2025 le truppe di Mosca avevano già mostrato segni di rallentamento, e ad aprile – secondo l’Institute for the Study of War di Washington – il bottino territoriale russo si è fermato a 217 chilometri quadrati, un terzo rispetto ai mesi precedenti.

L’unico episodio di rilievo si è verificato a marzo nella regione di Kursk, dove i russi hanno riconquistato circa 500 chilometri quadrati. Per il resto, si registra una situazione vicina allo stallo operativo, nonostante il continuo impiego massiccio di uomini e mezzi.

Le perdite restano altissime da entrambi i lati

Le stime più accreditate parlano di 160.600 perdite russe (tra morti, feriti e dispersi) solo da inizio anno. Il tasso di perdite è elevatissimo: 99 uomini per ogni chilometro quadrato guadagnato. Tuttavia, non esistono fonti indipendenti in grado di confermare queste cifre, che potrebbero essere influenzate dalla propaganda di guerra.

Anche sul fronte ucraino non esistono dati ufficiali: Kiev non fornisce aggiornamenti dettagliati e Mosca parla di «perdite catastrofiche» tra le file nemiche. In ogni caso, la pressione militare sembra aver rallentato.

La temuta offensiva russa di primavera non è arrivata

Molti analisti avevano previsto una grande offensiva russa in primavera, anticipata a febbraio dall’intelligence ucraina. Tuttavia, l’offensiva non si è ancora concretizzata. I 160.000 nuovi soldati annunciati da Vladimir Putin necessitano di formazione e equipaggiamento, e secondo Kiev un’azione su larga scala potrebbe essere rimandata almeno a giugno.

Nel frattempo, il clima più caldo ha migliorato le condizioni operative nelle trincee, ma anche reso più difficili gli spostamenti clandestini per via dell’erba alta e del fogliame fitto.

Mosca consolida le difese, Kiev si affida ai droni

L’obiettivo strategico di Mosca sembra essersi spostato: non più solo avanzare, ma rafforzare le linee già acquisite. Questo comporta un passaggio da una guerra di movimento a un conflitto statico e posizionale, caratterizzato da scontri di bassa intensità ma diffusi.

I russi continuano comunque a premere nel Donbass, in particolare attorno a Pokrovsk, Chasiv Yar e Lyman, mentre Kharkiv e la regione di Sumy sono tornate sotto attacco. L’Ucraina risponde affidandosi a una massiccia produzione nazionale di droni, impiegati per colpire le linee nemiche fino a 15 chilometri di profondità.

Kiev colpisce nel Mar Nero con un drone navale

Nelle ultime ore, un’ulteriore novità è giunta dal fronte marittimo. L’intelligence ucraina ha annunciato l’abbattimento di un caccia russo Su-30 nel Mar Nero, affermando di aver usato un drone navale Magura V5. Si tratterebbe, secondo Kiev, della prima volta al mondo in cui un velivolo militare viene abbattuto da un drone marittimo. Un episodio che mostra l’evoluzione tecnologica di una guerra sempre più ibrida e asimmetrica.

 

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Terminato attacco aereo russo su Kiev, un morto e 2 feriti

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Sarebbe terminato l’attacco aereo russo su Kiev, messo a segno con droni russi, e la municipalità avrebbe decretato la fine dell’allerta. Lo riporta RBC-Ucraina. Il sindaco della capitale Vitali Klitschko nel suo Telegram informa che al momento si conta una vittima e due bambini sono rimasti feriti. In fiamme i piani superiori di un grattacielo nel distretto di Svyatoshinsky della capitale. Sui social è stato diffuso un video che ritrae un camion dei vigili del fuoco intenti a domare il rogo verificatosi nel territorio del centro commerciale Dream Town, nel quartiere di Obolonsky.

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