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Salute

Troppi carboidrati fanno male? Sì, è vero, ma troppo pochi fanno malissimo nelle diete

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Non solo i grassi, i “nemici” sono anche i carboidrati. Diverse diete puntano su una loro marcata riduzione. Ma qual è l’impatto di questi regimi sulla salute, soprattutto nel lungo periodo? Un utile contributo giunge da una ricerca recentemente pubblicata su The Lancet, rivista scientifica di eccellenza in campo medico. Nello studio, alcuni esperti del Brigham and Women’ s Hospital di Boston, e di altri centri di ricerca americani, hanno esaminato l’associazione fra consumo di carboidrati e rischio di mortalità in più di 15mila adulti, seguiti in media per 25 anni.
Per avere un quadro più completo, gli autori hanno condotto anche una meta-analisi, includendo nel loro studio, oltre a questa ricerca, altri sette studi internazionali.
I ricercatori hanno concluso che le diete con pochi o con troppi carboidrati, rispettivamente con meno del 40% e più del 70% delle calorie totale, erano associate a un aumento del rischio di mortalità (dovuto alla maggior probabilità di soffrire di malattie metaboliche e cardiovascolari); mentre il rischio diminuiva, quando i carboidrati fornivano dal 50 al 55 per cento delle calorie complessive. Molto importante, però, risultava anche il modo in cui venivano sostituiti i carboidrati. Se, come spesso accade, la loro riduzione si accompagnava a un aumento delle proteine e dei grassi di origine animale, il rischio di mortalità aumentava, mentre accadeva il contrario se la sostituzione avveniva con proteine e grassi di origine vegetale.  

Insomma, siamo alle solite. Le diete non sono privazioni ma presuppongono buonsenso.
“Il segreto di una sana alimentazione è l’equilibrio – commenta Gabriele Riccardi, professore di Endocrinologia e malattie del metabolismo all’Ateneo Federico II di Napoli -. La dieta ottimale deve contenere tutti i principi nutritivi, ma senza eccessi. Come per i grassi e le proteine, anche per i carboidrati il troppo o il troppo poco non fano bene alla salute. Il troppo, perché si accompagna spesso a un eccesso di carboidrati raffinati che, per il loro impatto sulla glicemia, possono avere conseguenze metaboliche negative sul lungo termine. Il troppo poco, perché tende spesso a favorire il consumo di alimenti di origine animale – spesso ricchi in grassi – a spese di quelli di origine vegetale che esercitano un ruolo protettivo per la salute ampiamente riconosciuto, particolarmente se ricchi in fibre vegetali”.

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In Svizzera c’è la “prescrizione museale”: visitare un museo diventa terapia medica

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NEUCHÂTEL (Svizzera) – Può una visita al museo diventare un rimedio medico? A Neuchâtel sì. La cittadina svizzera ha avviato un progetto pilota biennale che consente ai medici di prescrivere visite gratuite a musei come parte della terapia per i loro pazienti. Un’iniziativa che unisce salute e cultura, con l’obiettivo di migliorare il benessere fisico e mentale attraverso l’arte.

L’idea nasce in risposta a un bisogno emerso con forza durante la pandemia: “Con la chiusura dei luoghi culturali durante i lockdown, ci siamo resi conto di quanto abbiamo bisogno della cultura per sentirci meglio”, spiega Julie Courcier Delafontaine, membro del consiglio comunale. La città, in collaborazione con le autorità sanitarie regionali, ha così deciso di finanziare queste “prescrizioni artistiche”, ispirandosi a un modello già sperimentato in Canada.

Il costo? Solo 10.000 franchi svizzeri (circa 11.300 dollari), per un progetto che ha già messo in circolazione circa 500 prescrizioni. I pazienti possono visitare gratuitamente uno dei quattro musei cittadini, compreso l’affascinante Museo Etnografico, dove si trovano reperti come copricapi piumati della Papua Nuova Guinea.

Ma non si tratta solo di benessere spirituale: camminare, osservare, riflettere, stimola anche il corpo e la mente. Lo sottolinea il dottor Marc-Olivier Sauvain, chirurgo dell’ospedale di Neuchâtel, che ha già prescritto visite museali a pazienti in preparazione a interventi chirurgici: “Una visita al museo offre esercizio fisico e stimolo intellettuale insieme. È più efficace che dire a un paziente ‘vai a camminare’. E poi, come medico, è bello poter prescrivere arte invece che solo farmaci”.

Il progetto guarda anche al futuro: se avrà successo, sarà esteso a altre forme d’arte, come il teatro o la danza. Marianne de Reynier Nevsky, responsabile della mediazione culturale e ideatrice dell’iniziativa, sottolinea come l’arte possa aiutare chi soffre di depressione, malattie croniche o difficoltà motorie.

E i visitatori approvano con entusiasmo. “Dovrebbero esserci prescrizioni per tutti i musei del mondo!”, ha commentato Carla Fragniere Filliger, poetessa e insegnante in pensione. In attesa che il sistema sanitario nazionale svizzero riconosca la “cultura come cura”, a Neuchâtel la medicina ha già cominciato a parlare il linguaggio dell’arte.


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Esteri

Cdc Usa avverte, vaccinatevi contro il morbillo prima di partire

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Il Cdc americano, l’equivalente dell’Istituto superiore della Sanità, ha emesso un’allerta viaggi sul morbillo per le vacanze di primavera raccomandando a tutti gli americani di vaccinarsi. “I casi di morbillo stanno aumentando e la maggior parte si verifica in persone non vaccinate che si infettano durante viaggi all’estero”, ha avvertito il Cdc che ha pubblicato un elenco dei Paesi a rischio ma ha anche chiesto agli americani di vaccinarsi prima di partire. Al momento si registrano 357 casi di morbillo in 17 Stati, con il Texas in testa per numero più alto di malati.

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Salute

A Napoli la “Palestra Parkinson” tra sport e scienza

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Un passo di danza per ritrovare il ritmo, un colpo di pugilato per rafforzare il corpo, un tratto di nordic walking per riconquistare equilibrio e sicurezza nei movimenti. Alla convention Parkinson: Corpo e Anima, organizzata da Fondazione LIMPE per il Parkinson ETS il ieri e oggi a Napoli, l’attività fisica è stata protagonista assoluta grazie a una speciale Palestra Parkinson allestita per l’occasione. La manifestazione, coordinata dal prof. Alessandro Tessitore dell’Università L. Vanvitelli, DAMSS, ha richiamato quasi 400 partecipanti da tutta Italia, tra persone con il Parkinson, caregiver, neurologi e personale sanitario.

Per due giorni, le persone con il Parkinson si sono allenate insieme, sotto la guida di istruttori specializzati, confermando come lo sport sia un vero alleato nella gestione della malattia. Le attività proposte hanno spaziato dalla danza al tai chi, dal pugilato al pilates, dal surf indoor all’attività fisica adattata (AFA), tutte discipline che aiutano a migliorare equilibrio, coordinazione e benessere psicofisico. In particolare, il nordic walking che ha avuto come scenario il lungomare di Napoli, ha permesso ai partecipanti di allenarsi all’aperto, sfruttando il ritmo naturale della camminata per rafforzare la stabilità e ridurre la rigidità motoria.

Muoversi in gruppo, condividere esperienze, scoprire nuove capacità: è questa la vera forza dello sport per chi convive con il Parkinson. “Numerosi studi – afferma il neurologo Michele Tinazzi, presidente di Fondazione LIMPE -confermano che l’esercizio fisico praticato con costanza migliora la storia naturale della malattia, preservando la funzionalità motoria e contrastando il declino della mobilità e dell’equilibrio. La danza è considerata l’attività più efficace per migliorare i sintomi motori, mentre il nordic walking è particolarmente indicato per potenziare stabilità e postura”.

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