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Cronache

Treviso piange Carlo Benetton, uno dei quattro fratelli fondatori della Holding di famiglia

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Era il più giovane dei quattro fratelli Benetton. Assieme nel 1965 fondarono l’azienda di famiglia diventata un impero partendo dalla maglieria. Carlo Benetton ora non c’è più. È morto a 74 anni, nella sua casa di Treviso. Da tempo malato era malato. Era consigliere di Edizione Srl, la holding di famiglia, della quale controllava il 25% del capitale e della quale era stato vicepresidente. Rispetto ai fratelli Luciano, Giuliana e Gilberto che avevano ruoli più sulla ribalta nell’industria, nella moda e nella finanza, Carlo Benetton si è occupato principalmente di aspetti legati alla produzione, dai processi tecnologici all’approvvigionamento delle materie prime. Forse il ruolo meno appariscente ma certo quello più delicato. 

La famiglia Benetton. Se n’è andato a 74 anni Carlo Benetton (primo a sinistra), tra i fondatori assieme ai fratelli (Luciano, Giuliana e Gilberto) della omonima Holding

Per questo seguiva le vaste tenute del gruppo in Argentina, e in particolare in Patagonia, dove aveva avviato un programma di forestazione, all’insegna della sostenibilità, piantando oltre due milioni di pini. Ma era anche presidente della Maccarese, l’azienda agricola di Fiumicino, che con 3.300 ettari sul litorale romano è tra le più grandi d’Italia, dopo che la famiglia Benetton ha comprato la società esattamente vent’anni fa per 93 miliardi di lire nell’ambito delle privatizzazioni del gruppo Iri. All’interno della tenuta di Maccarese si trova il più grande allevamento di vacche da latte d’ Italia con 3.300 capi di razza frisona e una produzione giornaliera di oltre 40 mila litri di latte. Una delle ultime uscite pubbliche di Carlo Benetton è stata il 12 febbraio, proprio in occasione dell’inaugurazione della Centrale del Latte di Maccarese. Carlo Benetton lascia quattro figli: Andrea. Christian (classe 1971, presente nel Cda di Edizione e responsabile di tutte le attività sportive della famiglia) e Massimo, avuti dal primo matrimonio, e Leone, nato dalla seconda moglie, l’ americana Mary Josephine Spirito.

Ai funerali, nel Duomo di Treviso gremito, con centinaia di persone rimaste fuori, in prima fila, c’erano i fratelli Luciano, Giuliana e Gilberto, i figli, le compagne di una vita. E dietro il mondo dell’impresa e dello sport a Treviso, in Veneto, in Italia e nel mondo. I Benetton hanno cambiato la storia della maglieria e della moda accessibile a tutti, hanno fondato e guidano un impero economico e finanziario con radici salde nella Marca e allargato a tutti i continenti. In molti sono giunti a Treviso per l’ultimo saluto. La bara, con una foto di Carlo fra le montagne, è stata sorretta dai giocatori del Benetton Rugby. Tutti gli stabilimenti, gli uffici, i negozi monomarca e le sedi culturali Benetton sono rimasti chiusi in segno di lutto durante il funerale. L’omelia ha raccontato il Carlo padre, nonno e imprenditore, amante della montagna e della sua Argentina, dove seguiva la fornitura di materia prima per il gruppo. “Sapeva cogliere il bello di ogni cosa. Accompagnerà tutti noi, ma in modo nuovo”. Commoventi le lettere dei nove nipotini, “sei stato il nonno migliore del mondo, sempre col sorriso, non ci hai fatto mai guardare indietro ma sempre avanti”.

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Napoli, sequestrata nave turca con grano ucraino: conteneva sigarette di contrabbando

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Nave carica di mais e grano ucraino e sigarette di contrabbando. Carabinieri arrestano 4 persone, anche il comandante del cargo

Si tratta di una nave turca, battente bandiera panamense, dove i carabinieri della sezione operativa e radiomobile di Castellammare di Stabia hanno trovato migliaia di pacchetti di sigarette di contrabbando. Proveniente dall’Ucraina con un carico di mais e grano e attraccata nel porto di Torre Annunziata, l’imbarcazione nascondeva nella stiva circa 7000 pacchetti di sigarette di origini serbe ma destinate verosimilmente al mercato nero napoletano.

In manette il comandante della nave, un 39enne siriano di Tartus e 3 oplontini di 68, 57 e 58 anni. Questi ultimi avevano appena prelevato 500 stecche del carico (5000 pacchetti) e li avevano stipati in un’auto. Sono stati arrestati per contrabbando di tabacchi esteri.

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Sindaco di Avellino Festa arrestato, indagati la vice sindaco Nargi e un consigliere comunale

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Arresto per il sindaco dimissionario di Avellino, Gianluca Festa. L’ex esponente del Pd e’ coinvolto in un’indagine per peculato e induzione indebita a dare e promettere utilita’ ed e’ ora ai domiciliari insieme a un architetto, fratello di un consigliere comunale, Fabio Guerriero e a una dirigente del Comune. I carabinieri, titolari dell’indagine della procura di Avellino, hanno anche eseguito perquisizioni a carico del vicesindaco Laura Nargi, del consigliere Diego Guerriero, capogruppo Viva la Liberta’, lista civica a sostegno di Festa, e fratello di Fabio e dei fratelli Canonico, presidente e commercialista della DelFes, squadra di basket serie B.

Al centro delle indagini c’e’ proprio la squadra di basket di serie B, riconducibile a Festa. Per gli inquirenti, ha ottenuto sponsorizzazioni da imprese che erano assegnatarie di appalti e affidamenti dal Comune di Avellino. Gli inquirenti ipotizzano per questo che esista un’associazione a delinquere.

La sua piu’ grande passione e’ il basket. Gianluca Festa, 50 anni, sindaco di Avellino dal giugno del 2019, si e’ dimesso il 25 marzo quando la procura di Avellino gli ha perquisito casa e ufficio. E proprio nel corso della comunicazione della notizia alla stampa, fece riferimento al suo amato basket, e al fatto che quanto li contestava la procura era relativo alla pallacanestro. Quando venne eletto, infatti, la squadra della citta’, lo storico club Scandone, fondato nel 1948 e per 20 anni in serie A, era fallito. Lui vi aveva giocato come titolare nel 1995. Uno smacco per Avellino e i tifosi, quel fallimento, e cosi’, pur di salvare la pallacanestro, Festa verso’ 20 mila euro dal suo conto corrente per garantire l’iscrizione di una squadra irpina al campionato di serie B. Ora Festa e’ ai domiciliari, indagato tra gli altri insieme all’amministratore delegato della squadra, la Delfes, Gennaro Canonico per presunti appalti pilotati al Comune di Avellino per i reati di corruzione, associazione a delinquere, turbativa d’sta e falso in atto pubblico. Alcune delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti hanno anche sostenuto economicamente la societa’ di basket. “Non c’e’ niente perche’ non c’e’ mai stato niente e anche dalle perquisizioni non e’ emerso nulla. Chi pensava che questa fosse una bomba, si e’ ritrovato in mano una miccetta. E se qualcuno pensava di poter condurre con questi argomenti la campagna elettorale che si avvicina, ha sbagliato. Perche’ noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini. Che non porteranno a nulla”, aveva detto Festa all’indomani delle perquisizioni.

È sempre d’uopo ricordare che le azioni dei Pm sono esercizi dell’azione penale obbligatoria ma non sono sentenze di condanna e che per gli attuali indagati c’è il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio.

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Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

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Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

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