Le accuse per i 7 militanti anarco-insurrezionalisti arrestati nel blitz di Trento di polizia e carabinieri sono pesanti perché sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, fabbricazione, detenzione e porto di armi ed esplosivi, atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, incendio e danneggiamento di sistemi informatici o telematici, anche di pubblica utilità, con finalità di terrorismo.
l provvedimento scaturisce da un’attività investigativa avviata nel 2016 dalla Digos e dal R.O.S. nei confronti di alcuni esponenti dell’anarco-insurrezionalismo attivi nella provincia di Trento, ma con collegamenti con altre omologhe realtà sia italiane che straniere operative in Grecia, Spagna e Svizzera.
Gli arrestati, infatti, sono accusati di aver costituito una cellula eversiva che ha posto la lotta violenta alla base della propria strategia e programma ideologico, ricorrendo con estrema “facilità all’uso di sostanze esplosive ed incendiarie” per le azioni contro obiettivi istituzionali.
Nel corso dell’operazione antiterrorismo sono stati arrestati: Luca Dolce, 33enne di origine giuliana; Roberto Bottamedi, 28enne, trentino; Giulio Berdusco, 32enne, di origine veneta; Agnese Trentin, 31enne, di origine veneta; Andrea Parolari, 45enne, trentino; Nicola Briganti, 44enne, di origine salentina; Maria Antonia Sacha Beranek, 34enne, di origine tarantina.
Il Covo della cellula in una casa abitata da alcuni degli indagati, una struttura isolata a Bosco di Civezzano,Trento, dove sono stati – tra l’altro – falsificati, con un lavoro minuzioso di Dolce e Trentin, alcuni documenti di identità, che servivano a garantire la clandestinità di alcuni soggetti per la realizzazione di un progetto sovversivo e il compimento di atti di eversione in Italia e all’estero. Infatti, proprio quei documenti sono stati trovati nella disponibilità del 36enne anarchico foggiano Michele Alessio Del Sordo, arrestato a Patrasso (Grecia) il 30 giugno 2018, mentre si imbarcava per Bari. Al momento dell’ arresto aveva in tasca banconote false.
Nel dettaglio, le indagini – spiegano gli inquirenti – hanno accertato il coinvolgimento degli arrestati nelle seguenti azioni violente di matrice anarchica:
– il danneggiamento del laboratorio di matematica industriale e crittografia del Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università degli Studi di Trento, mediante l’uso di un ordigno esplosivo o incendiario, che ha causato la distruzione dei sistemi informatici ivi presenti, avvenuto l’08 aprile 2017, a Trento;
– il danneggiamento di un traliccio della società “SPA TOWERS”, di cinque ponti ripetitori radio-televisivi e delle apparecchiature ivi installate per la trasmissione di segnali radiofonici, telefonici e telematici, avvenuto il 07 giugno 2017, a Rovereto loc. Monte Finonchio. Tra le attrezzature distrutte figurano anche alcuni apparati utilizzati per le trasmissioni dell’Arma dei Carabinieri, il cui danneggiamento ha causato una temporanea interruzione dei collegamenti radio;
– il danneggiamento di almeno nove autoveicoli della Polizia Locale, mediante l’uso di ordigni incendiari tipo “molotov”, avvenuto il 03 dicembre 2017, a Trento;
– il danneggiamento di una filiale Unicredit, mediante un ordigno esplosivo, avvenuto il 25 luglio 2018, a Rovereto;
– il danneggiamento della sede dell’agenzia di lavoro interinale Randstad, mediante un ordigno esplosivo, avvenuto il 1° settembre 2018, a Rovereto;
– la collocazione di due ordigni esplosivi, dei quali uno solo esploso, nei pressi della sede della “Lega”, avvenuta il 13 ottobre 2018, ad Ala (TN).
Per quel che riguarda l’associazione terroristica, inoltre, gli investigatori della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri avrebbero accertato:
– l’utilizzo di diverse sedi, nella provincia di Trento, per svolgere le riunioni del gruppo, locali ai quali gli aderenti hanno attribuito il nome “EL TAVAN”. Gli stessi locali, inoltre, sono stati utilizzati per riunire i militanti che di volta in volta partecipavano alle manifestazioni tenutesi a Trento nonché per depositare strumenti di offesa (caschi e bastoni) utilizzati nel corso degli scontri con le Forze di Polizia verificatisi durante i predetti eventi d’area;
– l’utilizzo di un’abitazione privata (a Bosco di Civezzano) per l’ideazione e l’elaborazione delle progettualità violente, per la produzione di documenti d’identità falsi utilizzati per eludere i controlli delle Forze di Polizia, nonché per collocare strumenti idonei al confezionamento di ordigni esplosivi e materiale da utilizzare per la commissione degli attentati;
– un’incisiva attività di propaganda di matrice insurrezionalista, che ha supportato ideologicamente i propositi eversivi, attraverso la redazione e la diffusione della rivista anarchica “I GIORNI E LE NOTTI”, bollettino diffuso in modalità cartacea nel quale, fra l’altro, si sostiene che “…il cambiamento violento delle condizioni date, l’insurrezione armata contro l’ostacolo materiale – lo Stato – che impedisce ogni trasformazione reale è ancora oggi l’unica strada possibile verso la libertà”;
– che l’esecuzione degli attentati veniva preceduta da una complessa fase preparatoria, anche attraverso molteplici sopralluoghi.
Le indagini hanno consentito di riscontrare come la cellula sovversiva fosse caratterizzata da concreti “propositi eversivi”, testimoniati non solo dai molteplici attentati compiuti, ma anche da una spiccata “intenzione insurrezionale”, tanto che, in un commento intercettato, è espressamente affermato che per “fare la rivoluzione” é necessario addirittura “ammazzare qualcuno”.
«Perché candidarsi solo come capolista alla Regione? Intanto sono in concorrenza con Trump per il papato, poi verifichiamo se è possibile». Così, con la consueta ironia, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha risposto ai giornalisti durante la presentazione del Festival di Ravello.
De Luca ha commentato con tono sarcastico l’ipotesi di un ruolo da capolista alle prossime elezioni regionali, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, che gli impedisce di candidarsi per la terza volta consecutiva alla presidenza della Campania.
In attesa delle motivazioni della Consulta
«Stiamo aspettando la motivazione della sentenza dell’altissima Corte», ha affermato De Luca. «Ciò che è certo è che il programma di questo governo regionale sarà completato». Alla domanda se stia pensando a un possibile successore come candidato governatore, ha lasciato la sala sorridendo e replicando con un laconico: «De Luca».
Nessuna apertura al “campo largo”
Sulle tensioni tra Pd e Movimento 5 Stelle in vista delle amministrative nei comuni del napoletano, De Luca ha tagliato corto: «Campo largo? Non conosco il significato di questa espressione oscena. Non mi pare che abbia avuto grande consenso da parte del popolo lavoratore».
La ‘cronaca’ del vissuto dai cittadini di Pompei al momento dell’eruzione del 79 d.C. attraverso la ‘fotografia’ fissata dai resti trovati in una stanza. E’ quella raccontata da un articolo dell’E-journal degli scavi di Pompei che contiene i risultati di recenti indagini. Il letto di traverso a sbarrare la porta della camera da letto per proteggersi dalla furia del Vesuvio, i resti di alcune vittime e gli oggetti quotidiani della casa di Elle e Frisso lungo via del Vesuvio, sono segnali di una vita bruscamente interrotta. La domus deve il suo nome al quadro mitologico rinvenuto in uno degli ambienti, ed e’ vicina alla Casa di Leda e il cigno, gia’ documentata nel 2018.
Entrambe sono state oggetto di interventi di scavo conseguente ai lavori di consolidamento e tutela dei fronti perimetrali tra l’area scavata e non dell’antica citta’ imperiale, e di miglioramento dell’assetto idrogeologico, con successivi interventi di restauro e di valorizzazione che ne consentiranno presto la fruizione al pubblico. I principali ambienti portati in luce oltre all’ingresso, sono l’atrio con impluvium (vasca di raccolta delle acque), una camera da letto (cubiculum), una sala da banchetto (triclinium) con pareti riccamente decorate, e un vano con una tettoia e un’apertura al centro per il passaggio dell’acqua piovana. Proprio questa apertura potrebbe aver determinato l’ingresso dei lapilli all’interno della casa durante le prime fasi dell’eruzione, e da cui le vittime avevano provato a proteggersi rifugiandosi in un ambiente, sbarrato con un letto. Di quest’ultimo e’ stato possibile riprodurre il calco in gesso, dopo aver individuato nella cenere solidificatasi dei vuoti lasciati dalla decomposizione organica del legno.
Nel corso dello scavo sono emersi anche i resti di almeno quattro individui, tra i quali un bambino. A quest’ultimo probabilmente doveva appartenere la bulla in bronzo ritrovata, l’amuleto che veniva fatto indossare ai figli maschi fino al raggiungimento dell’eta’ adulta. Tra i vari altri oggetti rinvenuti ,anche un deposito di anfore, stipato in un sottoscala con funzione di dispensa, alcune delle quali adibite al contenimento del garum, una salsa di pesce molto diffusa, e un set di vasellame in bronzo, composto da un attingitoio, una brocca monoansata, un vaso a paniere e una coppa a conchiglia. Alcuni elementi, quali le soglie asportate, l’assenza in alcuni punti di decorazione, le tracce di taglio di porzioni di muratura nell’ingresso della casa lasciano supporre che la casa fosse interessata, al momento dell’eruzione, da interventi di ristrutturazione. Tuttavia continuo’ ad essere occupata dai suoi abitanti che colti dall’eruzione, preferirono non allontanarsene, trovando qui la morte.
“Scavare a Pompei e visitarla vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarieta’ della vita di tutti noi – spiega il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel – gli abitanti di questa casa non ce l’hanno fatta. Alla fine e’ arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente. Le scosse sismiche avevano gia’ prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpi’ questa citta’, di cui ancora oggi troviamo le tracce”. Il quadro mitologico che da’ il nome alla casa era nel pannello centrale di una parete del triclinio. Raffigura Frisso in sella al Crisomallo e la sorella Elle poco prima dell’annegamento. Il mito racconta che Elle e Frisso si salvarono dalla persecuzione di Ino volando in groppa a un montone dal vello d’oro ma, durante il tragitto, Elle cadde nel mare che cosi’ prese il nome di Ellesponto. Nell’affresco e’ raffigurato il tragico momento della morte della fanciulla mentre tende la mano al fratello in cerca di aiuto.
E’ stata interrogata in Belgio ieri per sette ore Lucia Simeone, la segretaria dell’eurodeputato di Forza Italia Fulvio Martusciello indagata nel caso delle presunte tangenti pagate da lobbisti Huawei per favorire gli interessi del colosso cinese delle telecomunicazioni. Lo scrivono Repubblica Napoli e Il Mattino. Il faccia a faccia si è svolto prima davanti agli investigatori e, poi, davanti al giudice istruttore. “Alla fine della lunga istruttoria – scrive Repubblica – il magistrato ha dichiarato decadute le principali accuse contestate a Simeone, dall’associazione per delinquere alla corruzione. Resta in piedi solo un’ipotesi di riciclaggio.
La donna (per la quale era stato revocato il mandato di arresto internazionale in base alla disponibilità a rendere interrogatorio in Belgio) è tornata in libertà come richiesto dagli avvocati”. Ma con alcune prescrizioni: dovrà rimanere a Bruxelles fino al 10 maggio, non avere contatti non Martusciello (che non risulta indagato) né con soggetti coinvolti nelle indagini e non allontanarsi senza autorizzazione del giudice dall’area Schengen fino a luglio. Al centro delle indagini della magistratura belga c’è una presunta tangente di poco meno di 46mila euro che sarebbe stata pagata da lobbisti vicini a Huawei per la lettera del 10 febbraio 2021, firmata da otto eurodeputati fra i quali Martusciello, diretta a tre commissari europei ed avente ad oggetto la implementazione della tecnologia 5G nella Ue. “I mille euro che ho ricevuto? Avevo anticipato soldi per una scatola di sigari a un lobbista, che me li ha restituiti. Non mi occupo di leggi o di vertenze politiche”, questa la versione di Simeone, scrive Il Mattino.