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Terremoto scuote Durazzo, 21 vittime e mille feriti ma si temono decine di morti: l’Italia manda uomini e mezzi

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Forte terremoto in Albania fa tremare tutto il sud Italia: case crollate, feriti e persone sotto le macerie. I video

Alle 3.54 la terra ha tremato nel nord dell’Albania. Una scossa violenta di magnitudo 6.2, avvertita anche in Italia, che ha fatto subito temere il peggio, facendo precipitare il paese nella paura e nel caos. Con il passare delle ore il bilancio delle vittime e dei danni e’ via via peggiorato, tanto che ormai si temono decine di morti, tra i 21 morti accertati in serata e l’imprecisato numero di dispersi ancora sotto le macerie. I feriti sono piu’ di mille e la città di Durazzo e’ sfigurata dal crollo degli edifici. La scossa principale, a cui ne sono seguite oltre cento di assestamento avvertite in tutti i Balcani, ha avuto l’epicentro tra Shijak e Durazzo, poco lontano dalla costa, e ha fatto tremare anche la capitale Tirana, dove la gente e’ scesa in strada nel panico.

La profondita’ del sisma, tra dieci e venti chilometri, secondo alcuni esperti ha scongiurato il rischio di tsunami, ma non ha risparmiato morte e distruzione. Soprattutto a Durazzo, seconda citta’ e porto principale del Paese delle Aquile, investita nel pomeriggio anche da un’altra scossa di magnitudo 5: “E’ successo il finimondo. Gli intonaci venivano giu’ uno dopo l’altro, si vedevano i mattoni spuntare fuori dai muri, mi sono sentito dentro un film apocalittico”, ha raccontato Antonio Imperiale, uno dei tantissimi italiani che da tempo si sono stabiliti in Albania. La furia del sisma ha sgretolato due hotel della zona balneare, uccidendo almeno cinque persone. Altre otto, secondo alcuni testimoni, sono rimaste intrappolate tra le macerie di una villetta.

Danni ingenti e vittime anche nel villaggio di Thumana, circa quaranta chilometri a nord di Tirana, dove si registrano almeno cinque morti e sono crollate diverse palazzine. Nella vicina Kurbin un uomo e’ morto dopo essersi gettato dal suo palazzo in preda al panico. Per i soccorritori e’ scattata una corsa contro il tempo in cerca di superstiti sotto le macerie, scavando anche a mani nude. Video e foto rimbalzati sui social hanno immortalato anche normali cittadini impegnati tra i detriti, sotto gli occhi dei familiari dei dispersi che sperano. Una quarantina di persone sono state tratte in salvo. Tra loro anche un bambino, estratto miracolosamente vivo da cio’ che e’ rimasto di un palazzo di cinque piani a Durazzo. Terrorizzato e in lacrime, con il pigiama coperto di polvere, le sue immagini hanno fatto il giro del mondo. Il premier Edi Rama ha lanciato un appello alla “calma ed a stare vicini l’uno all’altro per affrontare questo colpo”. Ed ha visitato Thumana incontrando alcune famiglie di sfollati ospitate in tende di fortuna, visibilmente scosso. Il suo governo sta gia’ cercando un accordo con gli alberghi di Durazzo, Kavaja e Valona per scongiurare il rischio che gli sfollati trascorrano l’inverno al freddo. In una giornata drammatica, l’Albania ha potuto almeno contare su un robusto sostegno internazionale, a partire dall’Italia.

Sergio Mattarella e Giuseppe Conte hanno parlato al telefono con Rama per esprimergli vicinanza e il premier italiano, gia’ all’alba, ha disposto l’invio di aerei con unita’ speciali. Complessivamente, su input della Protezione civile, sono partiti per l’Albania oltre 200 uomini tra squadre di ricerca, unita’ cinofile e personale medico. Le conseguenze del sisma sono monitorate anche dalla Farnesina, che ha attivato l’Unita’ di crisi per individuare i connazionali in Albania che vivono nelle zone potenzialmente a rischio. Nessuno di loro sarebbe rimasto coinvolto. Per alcuni, semplicemente tanta paura ed il precipitoso rientro a casa in aereo. Paura, passaparola sui social e chiamate ai Vigili del Fuoco anche in Puglia, Basilicata e Molise subito dopo il primo terribile boato arrivato nel cuore della notte dall’altra sponda dell’Adriatico.

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Parigi, al via il processo ai “nonnetti rapinatori” che derubarono Kim Kardashian

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È iniziato ieri, davanti al tribunale di Parigi, il processo contro i dieci imputati – nove uomini e una donna – accusati della clamorosa rapina ai danni di Kim Kardashian, avvenuta nell’autunno del 2016. Il principale indiziato, Aomar, 68 anni, si è presentato in aula con passo incerto e bastone alla mano, fedele al suo profilo di “papy braqueur”, come i media francesi hanno soprannominato la banda: i nonnetti rapinatori.

I protagonisti della rapina

Aomar, nato nel 1956 in Algeria, è un veterano del crimine, autore dei primi furti già a 14 anni. A presentargli i complici era stata la compagna Christiane Glotin, detta Cathy, oggi 78enne, che gli fece incontrare “Pierrot il grosso”, 80 anni, altra vecchia conoscenza del mondo criminale francese.

Tra gli altri protagonisti c’è Yunice Abbas, 71 anni, che tentò una fuga rocambolesca in bicicletta portando con sé una borsa che credeva piena di armi, ma che invece conteneva gioielli e perfino il cellulare di Kim Kardashian, da cui avrebbe ricevuto una chiamata della cantante Tracy Chapman.

Spicca anche Didier “occhi blu” Dubreucq, 69 anni, con 23 anni di prigione alle spalle, che avrebbe partecipato direttamente all’irruzione nella suite della star americana.

La notte del colpo milionario

La rapina avvenne la notte del 3 ottobre 2016, in una suite di lusso nascosta in rue Tronchet, vicino alla Madeleine. Kim Kardashian, sola nella stanza, fu sorpresa da due uomini travestiti da poliziotti. Le strapparono il cellulare e, sotto minaccia, la costrinsero a consegnare l’anello di fidanzamento, un diamante da quasi 19 carati, regalo del marito Kanye West, valutato circa quattro milioni di dollari. La star fu legata, imbavagliata e rinchiusa nel bagno, mentre i rapinatori fuggivano con il bottino, comprendente anche contanti, gioielli e orologi di lusso.

La banda fu individuata grazie alle tracce di Dna lasciate nella suite.

Una rapina da fumetto

Sull’incredibile vicenda sono già stati pubblicati fumetti e libri, alcuni scritti dagli stessi imputati, che hanno contribuito ad alimentare il mito dell’«impresa dei nonnetti». Kim Kardashian è attesa in aula per testimoniare il prossimo 13 maggio.

 

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Elezioni in Canada, liberali di Carney vincono legislative e preparano la guerra a Trump

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Secondo le proiezioni dei media locali, è il Partito liberale di Mark Carney a vincere le elezioni legislative canadesi. I risultati preliminari del voto non permettono però di stabilire se il premier guiderà un governo di maggioranza o di minoranza.

Il primo ministro si avvierebbe quindi a portare i Liberali verso un nuovo mandato, dopo aver convinto gli elettori che la sua esperienza nella gestione delle crisi economiche lo rende pronto ad affrontare le mire del presidente americano Donald Trump. L’emittente pubblica Cbc e Ctv News hanno entrambe previsto che il Partito liberale formerà il prossimo governo canadese. Solo pochi mesi fa la strada per il ritorno al potere dei conservatori guidati da Pierre Poilievre sembrava spianata, dopo dieci anni sotto la guida di Justin Trudeau. Ma il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la sua offensiva senza precedenti contro il Canada, con dazi e minacce di annessione, hanno cambiato la situazione.

Elezioni in Canada, ecco chi è il primo ministro Mark Carney: l’uomo delle crisi

A Ottawa, dove i liberali si sono radunati per la notte delle elezioni, l’annuncio di questi primi risultati ha provocato un applauso e grida di entusiasmo. “Sono felicissimo, è ancora presto ma sono fiducioso che riusciremo ad avere la maggioranza”, David Lametti, ex ministro della Giustizia. La guerra commerciale di Trump e le minacce di annettere il Canada, rinnovate in un post sui social media il giorno delle elezioni, hanno indignato i canadesi e hanno reso i rapporti con gli Stati Uniti un tema chiave della campagna elettorale.

Carney, che non aveva mai ricoperto una carica elettiva e aveva sostituito Trudeau come premier solo il mese scorso, ha basato la sua campagna su un messaggio anti-Trump. In precedenza ha ricoperto la carica di governatore della banca centrale sia nel Regno Unito che in Canada e ha convinto gli elettori che la sua esperienza finanziaria globale lo rende pronto a guidare il Paese attraverso una guerra commerciale. Ha promesso di espandere le relazioni commerciali con l’estero per ridurre la dipendenza del Canada dagli Stati Uniti.

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Elezioni in Canada, ecco chi è il primo ministro Mark Carney: l’uomo delle crisi

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Ha guidato due banche centrali ma non era mai stato eletto. Il primo ministro canadese Mark Carney, che ha vinto le elezioni generali di lunedi’, e’ abituato a navigare nella tempesta. Con la vittoria del suo partito alle elezioni legislative, dovra’ rapidamente mettersi alla prova contro Donald Trump. Una sfida che dice di poter vincere: “Sono piu’ utile nei momenti di crisi.

Non sono molto bravo in tempo di pace”, ha detto di recente, in tono divertito, a un piccolo pubblico in un bar dell’Ontario. In poche settimane, questo sessantenne novizio della politica e’ riuscito a convincere i canadesi che la sua competenza in materia economica e finanziaria lo rende l’uomo giusto per guidare il paese immerso in una crisi senza precedenti. In effetti, la recessione minaccia questa nazione del G7, la nona economia piu’ grande del mondo, dopo l’imposizione dei dazi doganali da parte di Trump, che continua a ripetere che il destino del Canada e’ quello di diventare uno stato americano.

Nato a Fort Smith, nell’estremo nord, ma cresciuto a Edmonton, in questo West canadese piuttosto rurale e conservatore, Mark Carney e’ padre di quattro figlie e appassionato di hockey. Ha studiato ad Harvard e Oxford, prima di fare fortuna come banchiere d’investimento presso Goldman Sachs, a New York, Londra, Tokyo e Toronto. Nel 2008, nel bel mezzo della crisi finanziaria globale, e’ stato nominato governatore della Banca del Canada dal primo ministro conservatore Stephen Harper. Cinque anni dopo, e’ stato scelto dal primo ministro britannico David Cameron per dirigere la Banca d’Inghilterra, diventando il primo straniero a dirigere l’istituto. Poco dopo, si trovera’ di fronte alle turbolenze causate dal voto sulla Brexit. Un compito svolto con “convinzione, rigore e intelligenza”, secondo l’allora Cancelliere dello Scacchiere britannico, Sajid Javid.

Da anni circolavano voci sul suo ingresso in politica. Ma e’ stato solo all’inizio di gennaio, dopo le dimissioni di Justin Trudeau, di cui era stato consigliere economico, che ha deciso di buttarsi nell’arena. Dopo aver conquistato il Partito Liberale all’inizio di marzo, e’ diventato primo ministro e ha indetto le elezioni in seguito, dicendo che aveva bisogno di un “mandato forte” per affrontare le minacce di Trump, che ha cercato di “spezzare” il Canada.

Una vera e propria scommessa per questo ex portiere di hockey che non aveva mai fatto campagna elettorale e che ha preso le redini di un partito al suo punto piu’ basso nei sondaggi, appesantito dall’impopolarita’ di Justin Trudeau alla fine del suo mandato. E molti analisti hanno messo in dubbio la sua capacita’ di ribaltare la situazione su molti canadesi, mentre molti canadesi hanno incolpato i liberali per l’alta inflazione e la crisi immobiliare nel paese. Poco carismatico, in contrasto con l’immagine sgargiante di Justin Trudeau nei suoi primi giorni, sembra che siano proprio la sua serieta’ e il suo curriculum ad aver finalmente convinto la maggioranza dei canadesi.

“E’ un po’ un tecnocrate noioso, che soppesa ogni parola che dice”, dice Daniel Be’land della McGill University di Montreal. Ma anche “uno specialista in politiche pubbliche che padroneggia molto bene i suoi dossier”. “Questo profilo e’ rassicurante e soddisfa le aspettative dei canadesi per gestire questa crisi”, aggiunge Genevie’ve Tellier. Il suo principale avversario durante la campagna, il conservatore Pierre Poilievre, lo ha descritto come un membro dell'”e’lite che non capisce cosa sta passando la gente comune”, ha detto Lori Turnbull, professoressa alla Dalhousie University. Resta un argomento che sembra fargli perdere la flemma: la questione dei suoi beni. Secondo Bloomberg, a dicembre aveva stock option per un valore di diversi milioni di dollari. E i suoi rari scambi di tensione con i giornalisti durante la campagna elettorale riguardavano questa fortuna personale.

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