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Task force per gli aiuti, Meloni pronta a volare da Trump

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Aiuti alle imprese, se sarà necessario. E nel frattempo dialogo. Giorgia Meloni è convinta dell’utilità di volare al più presto a Washington per affrontare la questione dei dazi direttamente con Donald Trump. Non sarebbe però una fuga in avanti solitaria dell’Italia, che sostiene l’Ue nella trattativa con gli Usa. Lo ha chiarito anche Antonio Tajani al consiglio europeo Affari esteri, all’inizio di una giornata chiusa a Palazzo Chigi con una riunione della task force di ministri convocata dalla presidente del Consiglio, alla vigilia del confronto con le categorie produttive.

C’è stata anche una coda di incontro ristretto, ma non, come viene spiegato, il vertice politico fra presidente del Consiglio e vicepremier che era stato prospettato nelle scorse ore. L’appuntamento alla Casa Bianca potrebbe essere confermato a breve, e dovrebbe essere fissato all’inizio della prossima settimana, prima del viaggio a Roma del vicepresidente americano JD Vance. Meloni starebbe spingendo per incontrare Trump, anche perché all’interno del suo governo è forte la sensazione che si stia aprendo lo spazio per una negoziazione fra le due sponde dell’Atlantico.

Le reazioni negative dei mercati sono evidenti e perdurano ovunque. Negli Stati Uniti monta la protesta contro le scelte protezionistiche del presidente. E in Europa c’è “una posizione maggioritaria per avanzare una trattativa”, ha spiegato Tajani, reduce dal summit a Lussemburgo dove, ha assicurato, “non è stata messa sul tavolo” la risposta aggressiva proposta dalla Francia. Il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic ha ringraziato Tajani per il sostegno all’approccio “fermo ma aperto al dialogo proposto dalla Commissione e per la proposta di un obiettivo strategico: quello di avere zero dazi fra Usa ed Europa”. “Noi siamo contrari alla guerra commerciale, ma anche la Commissione europea è contraria all’escalation”, ha rimarcato il ministro degli Esteri.

Non è stata accolta la proposta italiana di posticipare di un paio di settimane le contromisure (al via dal 15 aprile) decise dopo i dazi americani su acciaio e alluminio. In compenso il governo considera una svolta positiva la scelta di Bruxelles di non inserire il whisky americano nella lista dei prodotti oggetto di contro-dazi europei, perché così si tutela l’export del vino negli Usa. Resta però la preoccupazione a Palazzo Chigi per le ricadute sul settore agroalimentare, non tanto per i prodotti premium (come Parmigiano Reggiano o Grana Padano) quanto per quelli a minor valore.

“Determinazione e pragmatismo” restano le parole chiave del governo nell’affrontare la crisi, “perché ogni allarmismo rischia di causare danni ben maggiori di quelli strettamente connessi con i dazi”. Il capitolo aiuti alle imprese, secondo i ragionamenti che si fanno nell’esecutivo, entrerebbe nel vivo solo nel caso in cui ogni tentativo di negoziazione dovesse fallire. Intanto se ne è parlato nella riunione di un’ora e mezza a Palazzo Chigi, in cui è stata anche analizzata la situazione a largo spettro, incluso l’andamento dei mercati.

I ministri Giancarlo Giorgetti (Economia), Adolfo Urso (Imprese), Francesco Lollobrigida (Agricoltura) e Tommaso Foti (Affari europei), alla luce delle analisi sul potenziale impatto, settore per settore, “hanno illustrato” alla premier “le diverse ipotesi allo studio per sostenere le filiere produttive e rilanciare la competitività delle imprese”, come spiega la nota finale. Proposte che saranno portate prospettate al tavolo del confronto con le categorie produttive (alle 15). Si parla anche di compensazioni sul modello degli aiuti durante il Covid, ma andrebbero concordati con l’Ue e l’allentamento del Patto di stabilità viene considerato una condizione essenziale per manovre mirate.

C’è chi ipotizza di rafforzare il fondo per il Made in Italy, mentre al momento c’è scetticismo sulla possibilità di utilizzare parte dei fondi del Pnrr, compresi quelli di Transizione 5.0 suggeriti da Confindustria, un po’ per le difficoltà strutturali e un po’ perché ogni modifica di destinazione andrebbe negoziata con Bruxelles. E a Bruxelles, intanto, Roma ribadisce la richiesta di interventi “sulle regole ideologiche e poco condivisibili del Green Deal” e semplificazioni burocratiche.

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Bersani e politica che si fa con l’orecchio a terra: dallo sciopero delle prostitute ai rimpianti sullo ius soli

Pier Luigi Bersani, in un’intervista al Corriere della Sera, ripercorre episodi della sua vita politica e personale: dalle liberalizzazioni allo sciopero delle prostitute, passando per il rimpianto sullo ius soli.

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Pier Luigi Bersani (foto Imagoeconomica in evidenza), ex segretario del Pd, si racconta in un’ampia intervista rilasciata al Corriere della Sera, ripercorrendo episodi personali e politici che hanno segnato la sua vita e l’Italia contemporanea.

Nel suo nuovo libro “Chiedimi chi erano i Beatles” (Rizzoli), Bersani intreccia la politica, le battaglie sociali e i ricordi personali, come l’episodio curioso dello sciopero delle prostitute a Piacenza negli anni Settanta e la protesta dei commercianti sotto casa dei suoi genitori a Bettola, quando da ministro avviò le famose liberalizzazioni.

L’episodio delle prostitute e la lezione sulla politica

Durante la pedonalizzazione di un tratto della via Emilia, le prostitute protestarono. Il giovane Bersani, allora responsabile cultura del Pci locale, seguì l’episodio da vicino: «Un amministratore deve avere a cuore i problemi di tutti, anche quelli più difficili», ricorda.

Le liberalizzazioni e il pullman a Bettola

Nel 1996, da ministro, la sua “lenzuolata” per liberalizzare il commercio suscitò la rabbia dei commercianti. Una delegazione arrivò addirittura sotto casa dei suoi genitori. Ma l’accoglienza calorosa dei suoi — ciambelle e vino bianco — trasformò la protesta in una festa, segnando un inatteso boomerang per i contestatori.

La sfida canora con Umberto Eco

Bersani racconta anche della famosa sfida canora al convegno di Gargonza nel 1997, quando sconfisse Umberto Ecointonando canti religiosi: «Da noi era obbligatorio fare i chierichetti, non iscriversi subito alla Fgci».

Il rimpianto dello ius soli

Se fosse diventato premier nel 2013, Bersani avrebbe voluto introdurre lo ius soli con un decreto legge già alla prima seduta del Consiglio dei Ministri. Un rimpianto che ancora oggi pesa: «Se parti dagli ultimi, migliori la società per tutti».

I 101 e la caduta di Prodi

Bersani ammette di conoscere l’identità di circa «71-72» dei famosi 101 franchi tiratori che affossarono Romano Prodinella corsa al Quirinale. «C’erano renziani e non solo. Alcuni mi confessarono la verità piangendo».

Il rapporto con la morte

Dopo un grave problema di salute nel 2014, Bersani parla della morte con una serenità disarmante: «È più semplice di quanto pensassi. È la vita che si riassume in quell’istante». La sua fede è ora una ricerca continua: «Chi ha già trovato dovrebbe continuare a cercare».

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Giorgia Meloni: Italia protagonista nel mondo, ma serve concretezza e prudenza

In un’intervista al Corriere della Sera, Giorgia Meloni racconta i suoi impegni internazionali, il rapporto con Trump e annuncia nuove misure per la sicurezza dei lavoratori.

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In una lunga intervista concessa al Corriere della Sera, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha raccontato i quindici giorni intensi che l’hanno vista protagonista sulla scena mondiale: dall’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump fino alla gestione dell’imponente cerimonia dei funerali di Papa Francesco a Roma.

Meloni ha sottolineato la perfetta riuscita organizzativa dei funerali, apprezzata da tutti i leader internazionali presenti: “È stato un grande lavoro corale, fatto di tante mani preziose”, ha detto, mantenendo però un approccio umile: “Io non sono mai soddisfatta, penso sempre che si possa e si debba fare di meglio”.

Nessun vertice politico ai funerali del Papa

Meloni ha precisato di non aver voluto trasformare il funerale del Papa in un’occasione di vertici politici: “Non avrei mai voluto distrarre l’attenzione da un evento così solenne”. Tuttavia, ha definito “bellissimo” il faccia a faccia spontaneo tra Trump e Zelensky a San Pietro, considerandolo “forse l’ultimo regalo di Papa Francesco”.

La sfida: riavvicinare Usa ed Europa

Nell’intervista, Meloni ha ribadito la necessità di rinsaldare l’alleanza atlantica e riavvicinare Stati Uniti ed Europa: “Il mondo cambia a una velocità vertiginosa, servono dialogo, studio e preparazione”, ha detto. Ha anche confermato che sono in corso contatti per un possibile incontro tra Trump e i vertici europei, anche se i tempi non sono ancora maturi: “Non importa se sarà a Roma o altrove, l’importante è ottenere un risultato concreto”.

L’amicizia con Trump e l’interesse nazionale

Meloni ha respinto le critiche di chi le rimprovera un rapporto troppo stretto con Trump: “Noi non siamo filoamericani, siamo parte dell’Occidente. Difendiamo il nostro interesse nazionale, indipendentemente da chi governa negli altri Paesi”.

Sul futuro, la premier ha affermato: “La sfida americana può essere un’opportunità anche per l’Europa, per tornare a crescere e innovare”.

L’Italia sulla pace in Ucraina

Meloni ha ribadito il sostegno italiano all’Ucraina e all’ipotesi di un cessate il fuoco incondizionato: “Siamo contenti che Zelensky si sia mostrato disponibile, ora è la Russia che deve dimostrare volontà di pace”. Ha inoltre ricordato la proposta italiana di un modello di garanzia ispirato all’articolo 5 del Trattato Nato, anche al di fuori del perimetro Nato.

Nuove misure per la sicurezza sul lavoro

In vista del Primo Maggio, Meloni ha annunciato nuove iniziative concrete per migliorare la sicurezza dei lavoratori: “Stiamo lavorando a un piano importante, in dialogo con sindacati e associazioni datoriali, per combattere il dramma quotidiano delle morti sul lavoro”.


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Politica

Meloni, con morte di Ramelli tutti devono fare i conti

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I cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a diciotto anni per una aggressione di Avanguardia operaia a Milano, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo. Memoria condivisa “nel tentativo di ricucire una ferita profonda che deve accomunare tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica” ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento ‘Le idee hanno bisogno di coraggio’ a lui dedicato nell’auditorium di Regione Lombardia. La sua vicenda, la sua morte “tanto brutale quanto assurda” che “forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia”, è “un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti” ha ammonito.

“Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte – ha aggiunto Meloni – c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri”. Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato del bisogno di una memoria condivisa. E come aveva già fatto ha paragonato Ramelli a Fausto e Iaio, ovvero Fausto Pinelli e Lorenzo Iaio Iannucci, esponenti del centro sociale Leoncavallo uccisi nel 1978. “Sono tra i pochi per i quali ancora non è stata fatta giustizia, non è stato scoperto chi li ha uccisi” ha ricordato.

“Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in delle idee, non importa se di destra o di sinistra, sia un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono”. Se la memoria si fa più condivisa, resta comunque uno strascico di polemiche. Sono 38 le città che a Ramelli hanno dedicato una strada, una via o comunque un luogo. Oggi è successo anche a Sesto San Giovanni, un tempo Stalingrado d’Italia, che a Ramelli e Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell’Msi ucciso l’anno dopo, ha dedicato uno slargo. Inaugurazione a cui ha fatto seguito una manifestazione a cui hanno preso parte fra gli altri Anpi, Sinistra Italiana e Pd con l’idea che “è doveroso ricordare ragazzi ammazzati innocenti” ma “non può essere la scusa per riscrivere la storia e riabilitare valori neofascisti”.

Una critica alle manifestazioni con il ‘presente’ e il saluto romano (domani è in programma il tradizionale corteo per Ramelli, Pedenovi e Carlo Borsani che si conclude proprio con il ‘presente’ davanti al murale di Ramelli) è arrivata dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè: “non appartengono a Fratelli d’Italia, non è certo il nostro elemento distintivo, niente di tutto questo può essere riconducibile a noi” ha detto aggiungendo che “sbagliano e non aiutano a pacificare”. Domani la cerimonia ufficiale per Ramelli sarà comunque ai giardini a lui dedicati in un appuntamento a cui parteciperà come sempre il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Non però, come vorrebbe La Russa, con la fascia tricolore.

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