Collegati con noi

Esteri

Svolta nel cold case del rapper Tupac Shakur, un arresto

Pubblicato

del

C’è una svolta nel cold case più celebre della storia dell’hip hop: 27 anni dopo l’omicidio del rapper Tupac Shakur la polizia di Las Vegas ha arrestato un uomo con l’accusa di aver ucciso il cantante il 6 settembre 1996. Tupac è morto sei giorni dopo all’ospedale, in seguito ai colpi ricevuti. Aveva 25 anni ed era al culmine del successo. Duane “Keffe D” Davis, di 60 anni, è stato arrestato mentre passeggiava vicino a casa. Uno dei pubblici ministeri che lavorano sul caso, Marc DiGiacomo, ha dichiarato che la procura aspettava “da diversi mesi” che il giudice spiccasse il mandato d’arresto.

Secondo DiGiacomo, Davis è stato il “basista” presente sul posto della sparatoria e anche colui che “ha ordinato la morte” di Shakur. Il 6 settembre del 1996 Tupac era a las Vegas per assistere a un incontro di pugilato tra Mike Tyson e Bruce Seldon. Attorno alle 23, il gruppo che lo accompagnava salì su una decina di macchine con l’intenzione di raggiungere una discoteca. Il cantante era a bordo di una Bmw nera guidata da Marion ‘Suge’ Knight, proprietario della Death Row Records, l’etichetta discografica di Los Angeles punto di riferimento per l’hip hop della West Coast nella faida di quegli anni con la East Coast. Mentre erano fermi a un semaforo, una Cadillac bianca si accostò all’auto su cui viaggiava Tupac e qualcuno dall’interno cominciò a sparare, colpendolo con quattro proiettili.

Davis è l’unico testimone dei fatti ancora vivo. Lui stesso ha ammesso che era a bordo della Cadillac nel suo libro di memorie del 2019, “Compton Street Legend”, che di fatto ha riaperto il caso. Davis ha detto che era seduto davanti e di aver fatto scivolare una pistola sul sedile posteriore, da dove partirono i colpi. Lì era seduto suo nipote Orlando Anderson, noto rivale di Shakur, con cui si era azzuffato poco prima a un casinò. Anderson è poi stato ucciso nel 1998 e nessuno è mai arrestato per l’omicidio di Tupac fino ad oggi. Secondo DiGiacomo è stato Davis ad avere l’idea di vendicarsi dopo la rissa. Il giudice ha negato la cauzione all’arrestato. “Si dice spesso che la giustizia ritardata è giustizia negata – ha detto all’Associated Press il pm Steve Wolfson -. In questo caso, la giustizia è stata ritardata, ma non verrà negata”.

Advertisement

Esteri

Media Siria: raid aereo di Israele vicino a Damasco

Pubblicato

del

“Israele ha lanciato un attacco aereo vicino a Damasco”. Lo riferiscono media statali siriani, ripresi da al Jazeera e Haaretz. Non si hanno al momento ulteriori informazioni. Dall’inizio della guerra contro Hamas il 7 ottobre, Israele ha condotto decine di attacchi aerei contro presunte infrastrutture e presunti depositi di armi degli Hezbollah e di altre milizie locali filo-iraniane, colpendo ripetutamente gli aeroporti di Damasco e di Aleppo.

Continua a leggere

Esteri

Tra i disperati di Gaza in fuga anche dal sud

Pubblicato

del

La Striscia di Gaza si è risvegliata nell’incubo, dopo un settimana di tregua e di speranze che il peggio fosse ormai passato. E anche tra le strade di Khan Yunis, la cittadina del sud dove si sono riparati migliaia di sfollati arrivati dal Nord, domina la disperazione mentre risuona l’eco dei raid. Lì oggi è stata bombardata una moschea, una delle tante già finite nel mirino perché ritenute da Israele luoghi di di sostegno all’ala militare di Hamas. Malgrado fosse venerdì, giorno di preghiera, la struttura era deserta. Ma il muezzin che dal minareto leggeva i versetti coranici è rimasto ucciso.

“Anche oggi – raccontano in città – saremo costretti a pregare in casa”. Come avviene ormai da settimane: le famiglie riunite con gli uomini seduti davanti e le donne dietro e il più anziano, o il più erudito, che svolge la funzione. A Khan Yunis sta arrivando anche una folla di migliaia di persone, attraverso l’ormai nota arteria che divide la Striscia – la Sallah-a-din -, dai villaggi del settore orientale: quello più agricolo, il meno abitato, il più vicino alla linea di demarcazione con Israele. Da lì, secondo Israele, si sono ripetuti i lanci di razzi e in mattinata l’esercito ha fatto planare dal cielo migliaia di volantini che ordinavano l’evacuazione di quattro villaggi: Karara, Khuzaa, Abassan, Bani Suheila. Le evacuazioni iniziano quindi a riguardare anche il sud della Striscia, finora indicato come ‘zona di sicurezza’, e non più solo il nord.

I nuovi sfollati si sono messi in cammino per lo più a piedi, in un silenzio quasi funebre, con volti inespressivi, scioccati con in mano qualche valigia ed abiti pesanti, in previsione di dover trascorrere notti all’addiaccio. Fra le migliaia di persone si sono contate solo 5-6 automobili, a testimonianza che di benzina non ce ne è più. Sono arrivati all’accampamento dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi, vicino al mare: “Lì almeno c’è la speranza di avere qualcosa da mangiare per non rischiare la fame”, ha raccontato sconsolata una donna. Dappertutto il clima è tetro: “Eravamo sicuri, o comunque volevamo sperare, che il cessate il fuoco avrebbe retto, che ormai la guerra fosse un brutto ricordo del passato. Ma perché Hamas non ha rilasciato gli ostaggi, perchè queste nuove sofferenze?”, ci si chiede nei caffè.

E i timori vanno anche a quanto si è lasciato dietro spalle, in quelle case e in quelle vite abbandonate in fretta e furia. Con le voci di saccheggi al nord che si diffondono a macchia d’olio. In molti raccontano del caso di un ladro, scoperto in una casa di Jabalya rimasta incustodita dopo che il proprietario era stato costretto a sfollare a sud. L’intruso è stato sopraffatto dai vicini di casa e legato ad un palo. “Un caso esemplare, ma certo non unico”, dicono a Khan Yunis. Molti hanno lasciato i propri appartamenti sotto le pressioni dell’esercito, e non sempre hanno fatto a tempo a portare con sé le cose più preziose che avevano. “Oltre alle percosse, cos’altro sarebbe possibile fare? Ormai qui a Gaza non c’è più polizia, non ci sono più tribunali”, commentano alcuni sfollati stringendo le spalle.

Continua a leggere

Esteri

L’avvocato eroe di Gerusalemme freddato da fuoco amico

Pubblicato

del

Israele piange l’uomo che ieri a Gerusalemme si è lanciato contro i due terroristi di Hamas che sparavano verso decine di persone in attesa dell’autobus neutralizzandoli entrambi in una manciata di secondi a colpi di pistola. Le ultime immagini lo riprendono in ginocchio sull’asfalto con le mani sollevate e la pistola gettata a terra. Secondo una testimone ha gridato disperatamente “non sparate su di me, sono israeliano, sono ebreo”.

Ma è stato colpito egualmente dai proiettili di due soldati della riserva accorsi da un’altra direzione decisi ad abbattere i killer di Hamas: pensavano che fosse uno di loro e hanno sparato per uccidere. Dopo molte esitazioni, la magistratura militare oggi ha annunciato di aver aperto un’indagine sul loro comportamento. Nell’attentato rivendicato da Hamas sono rimasti uccisi un rabbino settantenne, la direttrice di una scuola religiosa ed una giovane sposa, in stato di gravidanza. Yuval Doron Kastelman – questo il nome di quello che adesso viene definito ‘l’eroe di Gerusalemme’ – era un avvocato di 38 anni, impiegato statale. Ieri ha visto le prime fasi dell’attacco mentre si trovava nella sua automobile, nella carreggiata opposta a quella degli attentatori. Ha sfoderato la pistola, ha attraversato di corsa quattro corsie e li ha sorpresi di lato.

La sua mira è stata precisa ed è riuscito a bloccare i killer, evitando così che il bilancio fosse ancora più tragico. Ma da un’altra parte sono sopraggiunti i due riservisti: le immagini diffuse sul web lo mostrano implorante, poi rantolante sotto i loro proiettili. Adesso i due militari – che ieri hanno rilasciato un’intervista ad una televisione di estrema destra – sono sotto accusa. La tragedia ha subito assunto una connotazione politica, anche perché ieri – sul luogo dell’attentato – il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir (del partito di estrema destra Potere ebraico) è tornato a rivendicare la decisione di distribuire in massa armi ai civili per rafforzare la sicurezza.

“Queste armi – ha detto Ben Gvir – salvano vite umane” perché consentono di bloccare attentati nella fase inziale anche in assenza di agenti. Per i due soldati, a quanto pare, non ci saranno risvolti penali anche perché sul cadavere di Kastelman non è stata condotta un’autopsia e dunque non sarà possibile stabilire da che tipo di proiettile sia stato ucciso. Tuttavia potrebbero aver infranto la disciplina militare avendo sparato ripetutamente contro una persona che non rappresentava alcun pericolo, avendo gettato l’arma e sollevato le mani. Nel 2016 Israele si spaccò sul caso di Elor Azaria: un caporale che colpì a morte un attentatore palestinese dopo che questi giaceva ferito a terra ormai neutralizzato. Malgrado i vertici militari lo abbiano incriminato e poi condannato, Azaria è poi diventato un simbolo per l’estrema destra. Oggi Kastelman avrebbe festeggiato il suo compleanno. Invece è stato sepolto in un cimitero nel nord di Israele. “Era il suo carattere, sempre pronto a lanciarsi in aiuto del prossimo”, hanno raccontato i familiari. “Addio, eroe di Gerusalemme”, è stato l’epitaffio della radio pubblica Kan.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto