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Politica

Sulle accuse a Siri governo in bilico, Di Maio ribadisce che deve andarsene e Salvini non lo molla

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A 48 ore dal Consiglio dei ministri chiamato a dirimere il caso Armando Siri i toni tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini tornano a superare il livello di guardia. E se ne’ la Lega ne’ il M5S hanno alcuna intenzione di far cadere il governo sulla vicenda del sottosegretario, ombre sempre piu’ scure si affacciano sulla tenuta dell’esecutivo dopo le Europee. E’ a quel voto che i due vicepremier ormai guardano senza sosta, consapevoli che in ballo c’e’ molto piu’ che un seggio a Strasburgo. Nel frattempo, un’inchiesta di Report anticipata dal Tg3, si concentra proprio sul sottosegretario ai Trasporti raccontando che Siri ha acquistato, per la figlia, una palazzina con 585 mila euro provenienti da un mutuo acceso presso una banca di San Marino ed il notaio che ha stipulato l’atto ha segnalato la compravendita come operazione sospetta di riciclaggio. Sono le garanzie che avrebbe fornito Siri alla banca a finire sotto la lente del programma e, quando la giornalista chiede al notaio se vi siano state delle garanzie reali per ottenere il mutuo, lui risponde: “Ah questo io non glielo posso dire, io posso dire che garanzie reali nell’atto o con atto successivo almeno a mio rogito non ce ne sono…”.

Il sottosegretario interviene rimarcando la “regolarita’” della compravendita e annunciando che valutera’ la querela in caso di un servizio diffamatorio da parte della trasmissione. Salvini parla di “fango” su Siri e invita i magistrati a interrogarlo al piu’ presto, annunciando un faccia a faccia con il premier Conte in occasione del Cdm di mercoledi’ prossimo. L’episodio getta quindi nuova benzina sul fuoco di un rapporto, quello tra M5S e Lega, ridotto ormai in brandelli. “Sulla questione morale il M5S non fa passi indietro e alla Lega chiediamo di tirare fuori le palle su Siri e farlo dimettere”, tuona in mattinata il blog delle Stelle mentre nel Movimento ricordano come, sul sottosegretario Ncd Simona Vicari, quando fini’ sotto indagine, l’atteggiamento di Salvini (“le dimissioni non bastano”, sono le parole del leader leghista rilanciate dai Cinque Stelle) fu ben diverso. “E’ bello fare il forte con i deboli, ma questo e’ il momento del coraggio”, lo incalza Di Maio definendo “inutile” la sfida della conta in Cdm su Siri e prevedendo che alla fine, Salvini, non vorra’ andare al voto sulla proposta di revoca di Conte. “Io non sollevero’ nessuna crisi di governo, se vogliono farlo loro, l’ultimo che ha sollevato una crisi su un indagato e’ Mastella”, e’ la provocazione del leader M5S. A Foligno, e poi a Roma, Salvini – in campagna elettorale permanente in questi giorni – quasi sbotta.

“Gli amici dell’M5s pesino le parole. Se dall’opposizione insulti e critiche sono ovvie, da chi dovrebbe essere alleato no. A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. E’ l’ultimo avviso”, e’ l’ultimatum del vicepremier, piuttosto irritato anche per il silenzio degli alleati sulle minacce contro il titolare del Viminale contenute in alcune scritte comparse a Torino, Bologna e Roma. “Con la corruzione non ci si tappa la bocca, si parla e si chiede alle persone di mettersi in panchina”, replica Luigi Di Maio. Ma su Siri la linea di Salvini non cambia: va atteso almeno il rinvio a giudizio. “I processi in Italia si fanno in tribunale e non in piazza”, ribadisce il vicepremier. Per i giallo-verdi, insomma, saranno giorni di passione anche perche’ ormai ciascuno cavalca i propri provvedimenti e il cortocircuito e dietro l’angolo. Come sul taglio dei parlamentari, atteso in Aula alla Camera martedi’. O come sulle Autonomie, che rischiano di restare ferme al palo sino a dopo le Europee. Ed e’ proprio al 27 maggio che nel M5S si guarda con crescente attesa preparando una trincea all’eventuale offensiva di Salvini sul rimpasto o, sulla sostituzione del premier Giuseppe Conte. “Vorrebbe dire non volere piu’ questo governo”, chiude Vincenzo Spadafora in una giornata nella quale, tra l’altro, in tutta Italia si svolgono le assemblee regionali M5S per raccogliere le proposte sulla ristrutturazione del Movimento. Dossier sul quale, in vista del dopo Europee, Di Maio e’ chiamato ad accelerare.

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Politica

Napoli laboratorio politico: consiglieri e assessori pronti a candidarsi alle regionali, Manfredi prepara il rimpasto

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Alle elezioni regionali d’autunno la città di Napoli potrebbe trasformarsi in un vero e proprio laboratorio politico. Almeno dieci consiglieri comunali e tre assessori dell’attuale amministrazione guidata dal sindaco Gaetano Manfredisono pronti a scendere in campo, con lo stesso Manfredi che guarda già al rimpasto di Giunta dopo il voto. Si preannuncia dunque una rivoluzione politica tra gli scranni di Palazzo San Giacomo e nei futuri equilibri regionali.

Il fronte progressista: la coalizione plurale e l’ipotesi Fico

Nel campo del centrosinistra, il candidato alla presidenza della Regione Campania potrebbe essere Roberto Fico, ex Presidente della Camera. Una candidatura che ha il sostegno del Movimento 5 Stelle, del Partito Democratico e di Manfredi stesso, garante di una coalizione plurale. Il nome di Fico rassicura sia per il suo profilo istituzionale, sia per la capacità di dialogo trasversale: d’altronde fu incaricato dal presidente Sergio Mattarella di tentare due esplorazioni di governo.

Manfredi accompagnerà la candidatura con un’agenda politica centrata su Napoli e la sua area metropolitana, che rappresentano il 60% del peso elettorale regionale. Ogni partito presenterà la sua lista, e in caso di vittoria del centrosinistra, il risultato determinerà anche la spartizione degli incarichi.

I nomi nella lista del presidente e i candidati dei partiti

Nella lista del Presidente, che sarà il contenitore civico a sostegno della coalizione, correranno diversi volti noti dell’amministrazione Manfredi. Tra i sicuri candidati ci sono:

  • Nino Simeone, presidente della commissione Infrastrutture;

  • Walter Savarese d’Atri, in ticket con Angela Cammarota;

  • Fulvio Fucito, in uscita dalla lista Manfredi sindaco;

  • Roberto Minopoli, in quota centrista.

Tra gli assessori, Edoardo Cosenza (Infrastrutture) potrebbe sostenere Simeone, mentre la candidatura della vicesindaca Laura Lieto appare poco probabile, vista la sua centralità nei progetti urbanistici.

Il M5S dovrebbe candidare Luca Trapanese (Politiche sociali), Emanuela Ferrante (Sport), e i consiglieri Salvatore Flocco e Claudio Cecere. Ci pensa anche Enza Amato, presidente del Consiglio comunale.

Nel Pd spinge Salvatore Madonna, vicino a Mario Casillo, mentre Avs schiererà Rosario Andreozzi e Luigi Carbone, affiancato da Roberta Gaeta. In campo anche Pasquale Sannino per il Psi e un possibile ticket moderato tra Annamaria Maisto e Armando Cesaro.

Il centrodestra tra incertezze e scommesse

Sul fronte opposto, Forza Italia dovrebbe puntare su Salvatore Guangi, con forti pressioni su Catello Maresca, ex magistrato e nome spendibile anche per ruoli di vertice, sponsorizzato dal deputato Cosimo Silvestro. La Lega schiererà Domenico Brescia e Bianca D’Angelo, moglie dell’ex parlamentare Enzo Rivellini. Ancora nessun nome certo per il candidato presidente.

L’effervescenza politica napoletana, trasversale agli schieramenti, preannuncia una campagna elettorale caldissima e piena di incroci tra Palazzo San Giacomo e la futura sede del Consiglio regionale.

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Politica

Gianni Petrucci: “Non mi candido, ma il Coni ha bisogno di cambiare rotta”

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L’ex presidente del Coni rompe gli indugi in un’intervista al Corriere della Sera: “Serve più dialogo con la politica e meno autoreferenzialità. E vi dico chi dovrebbe entrare in Giunta”

A un mese esatto dalla chiusura delle candidature per la successione a Giovanni Malagò alla presidenza del Coni, Gianni Petrucci, storico numero uno dello sport italiano per 14 anni e attuale presidente della Federbasket, rompe il silenzio e interviene nel dibattito con la sua consueta schiettezza.

“Non mi candido, ma voglio dire la mia”

«Non mi interessa la presidenza, né un ruolo di vice, né la Giunta. Ho già dato. Sono uno spirito libero e posso permettermi di dire quello che penso e che provo», chiarisce subito Petrucci. Una risposta definitiva? «Sì, soprattutto se le cose vanno avanti come stanno andando: male».

“Rapporto col governo da ricostruire”

Petrucci denuncia una classe dirigente sportiva troppo autoreferenziale e in contrasto permanente con la politica: «Il Coni non è più quello di una volta. Ora la cassa la tiene lo Stato, e con lo Stato bisogna dialogare. Soprattutto le piccole e medie federazioni, che vivono di contributi pubblici».

Contesta anche i trionfalismi: «Non sono i dirigenti a vincere medaglie, ma atleti, tecnici, società e lo Stato che li finanzia. Dobbiamo essere meno presuntuosi e capire che la nostra autonomia è di secondo grado».

“Il prossimo presidente? Serve discontinuità”

Chi si candiderà dovrà “ripassare Einstein”, dice ironico: «Bisogna cambiare quando necessario. Basta guerre con la politica. Serve autorevolezza e pesi massimi in Giunta».

E qui Petrucci fa nomi e cognomi: «Gravina o Marotta vicepresidente, e in Giunta Binaghi e Barelli, dirigenti di federazioni che funzionano. Come puoi pensare a un Coni forte senza di loro?».

“Buonfiglio? Ha coraggio, ma serve un altro profilo”

Senza citarlo apertamente, Petrucci mette in discussione la candidatura di Luciano Buonfiglio, presidente della Canoa e sponsorizzato da Malagò: «Conosco il curriculum degli ex presidenti del Coni in rapporto al suo. Se ha i voti, buon per lui. Ma il concetto che il presidente debba essere “uno dei nostri” è provinciale. Dobbiamo aprirci».

“Abodi? Servono impianti. E un piano quadriennale”

Al ministro dello Sport Petrucci chiede «un programma chiaro e aiuti per gli impianti, che sono in condizioni disastrose». E su Diana Bianchedi taglia corto: «Mi sembra già dimenticata». Su Luca Pancalli: «Ci sono rimasto male quando non ci ha dato i paralimpici, ma vedremo il programma».

“Malagò promosso sul piano umano, ma…”

Il giudizio su Malagò è diplomatico: «Promosso per il rapporto umano e per la sua conoscenza dello sport, ma sul piano politico mi astengo». E chiude con una battuta sul padre del presidente uscente: «Un grandissimo dirigente sportivo. Da lui ho comprato un’auto nuova, non usata».

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Cronache

Molestie al Concertone del Primo Maggio, Piantedosi: “Espelleremo i tre studenti tunisini”

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Il Concertone del Primo Maggio a San Giovanni è stato macchiato da un grave episodio di violenza sessuale. Tre studenti tunisini — due di 25 anni iscritti al Dams, e uno di 22 che studia Ingegneria a Roma Tre — sono stati arrestati con l’accusa di molestie sessuali di gruppo nei confronti di una ragazza italiana di 25 anni originaria di Caserta. Il fatto ha provocato una bufera politica e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato l’avvio della procedura di espulsione: «Per i tre cittadini stranieri è stato chiesto il nulla osta al magistrato per procedere all’espulsione», ha dichiarato.

Convalidato l’arresto, ma solo obbligo di firma

I tre sono stati giudicati per direttissima presso il tribunale di Piazzale Clodio. Nonostante la richiesta di custodia cautelare della Procura, il giudice ha convalidato l’arresto ma ha disposto l’obbligo di firma in attesa del processo. Una decisione che ha innescato una vasta ondata di reazioni politiche e sociali, con prese di posizione molto dure da parte di esponenti della maggioranza e dell’opposizione.

La politica si divide: accuse incrociate tra destra e sinistra

La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella (FdI) ha accusato il centrosinistra di non aver preso posizione: «Dispiace che non ci sia stata una condanna corale». Il senatore Maurizio Gasparri (FI) ha parlato di «sinistra ipocrita», mentre Filippo Sensi (Pd) ha replicato in modo durissimo su X: «Perché i 3 molestatori siano liberi stento a capirlo. Le polemiche della destra mi fanno schifo».

“Serve un segnale chiaro”: l’intervento dei sindacati

I sindacati Cgil, Cisl e Uil, organizzatori dell’evento, hanno definito l’episodio «grave e intollerabile», soprattutto perché avvenuto durante una manifestazione per i diritti e le libertà. Dura anche la reazione della capogruppo di Italia Viva al Senato, Raffaella Paita, che ha ricordato come il caso richiami per dinamiche il famigerato “taharrush gamea” verificatosi a Milano a Capodanno.

Salvini e la Lega: espulsione immediata e nuova legge

Il vicepremier Matteo Salvini ha invocato l’immediata espulsione dei tre stranieri, mentre Laura Ravetto (Lega) ha rilanciato la proposta di legge per inasprire le pene in caso di violenza di gruppo, definendola una pratica legata a «subculture incompatibili con i valori occidentali». Il capogruppo leghista al Campidoglio Fabrizio Santori ha chiesto al sindaco di Roma Roberto Gualtieri di spostare il Concertone da Piazza San Giovanni, definendolo «dannoso per un luogo di alto valore storico e religioso».

La testimonianza della vittima: tra urla e solidarietà

Infine, è stato smentito il racconto secondo cui la folla sarebbe rimasta indifferente. Secondo la testimonianza della stessa vittima, molte persone hanno collaborato con le forze dell’ordine per rintracciare i tre sospettati e l’hanno confortatadopo l’aggressione. La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha parlato di un’«indifferenza agghiacciante», ma il racconto della ragazza offre uno scenario più sfumato, sebbene l’episodio resti gravissimo e abbia lasciato un segno profondo sull’opinione pubblica.

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