Collegati con noi

Cronache

Strage di Genova, Conte individua il colpevole: revochiamo la concessione ad Autostrade per l’Italia

Pubblicato

del

Fa rabbia contare i morti. Fa rabbia vedere lo strazio di quelle famiglie in attesa di avere un corpo da piangere o una notizia sulla sorte di un loro congiunto. Fa rabbia vedere circa mille persone sfollate che chissà quando rientreranno in quei palazzoni costruiti sotto il Ponte Morandi. Fa rabbia leggere Autostrade che dice di voler ricostruire tutto in cinque mesi dopo che per trent’anni non ha fatto nulla. Fa rabbia che davanti a questa tragedia nazionale nessuno si sia sentito in dovere di dimettersi ad Autostrade, anche solo per favorire una inchiesta rapida per accertare eventuali responsabilità. Che ci sono. Lo dice il capo degli uffici giudiziari genevosi che forse ha le idee più chiare dei manager di Autostrade su quanto accaduto. Comunque sia nel Ferragosto più nero di Genova, arriva una prima decisione, peraltro anticipata dal ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. La notizia la dà il premier Giuseppe Conte, alla fine di una sorta di Consiglio dei Ministri tenutosi in Prefettura a Genova.

Riunione di Governo a Genova. I ministri studiano la procedura di revoca della concessione ad Autostrade

“Avvieremo le procedure per revocare le concessioni ad Autostrada per l’Italia  – dice Conte guardando dritto nelle telecamere delle tante tv nazionali e straniere presenti –  perché non c’è dubbio che non ha adempiuto ai suoi obblighi”. Per il futuro, assicura Conte, il governo sarà “molto più rigoroso del passato nel valutare le clausole dei contratti di concessione, inclusi i controlli”. È una bella botta per la società Autostrade. La seconda scudisciata di un Governo che decide però la linea arriva da Danilo Toninelli, ministro delle Infrastrutture. “Abbiamo deciso di togliere il segreto di Stato dai contratti di concessione”.

Avete capito bene. C’è il segreto di Stato su alcune Concessioni. Presto dunque i contratti saranno desecretati “integralmente” e pubblicati sul sito @mitgov. “Non ci saranno più convenzioni che avvantaggiano i gestori privati a discapito dello Stato”  preciserà poi su twitter il ministro alle Infrastrutture che, a Genova, ha dettato anche le condizioni future. “Il ponte sarà ricostruito con i soldi della concessionaria”, leggasi Autostrade, che cos’ potrà dare corso alla sua promessa di ricostruire presto il ponte che è strategico per Genova e per il Paese. Autostrade rischia anche multe fino a 150 milioni di euro. “Siamo sicuri di poter dimostrare di aver sempre correttamente adempiuto agli obblighi di concessionario, nell’ambito del contraddittorio previsto dalle regole contrattuali che si svolgerà nei prossimi mesi” fanno sapere da Autostrade. Il governo però ha messo Autostrade nel mirino. Non solo per la tragedia di Genova. “Non possiamo aspettare i tempi della giustizia, noi dobbiamo andare più veloci” sostiene Giuseppe Conte nell’incontro di ieri mattina con i vertici di Autostrade e i vigili del fuoco per pianificare l’avvio delle procedure di sgombero delle macerie e di ciò che, pericolante, resta attaccato al braccio monco del Morandi. C’è molta resistenza alla voglia di riattivare tutto del Governo. Il management di Autostrada chiede cautela. Chiede il via libera della procura. Vuole aspettare. Conte però è irremovibile. “Voglio vedere l’esito dei controlli che sono stati fatti fino ad oggi. Non possiamo aspettare i tempi della magistratura”. Nel frattempo, contestualmente, “l’iter per la revoca delle concessioni sarà avviato- annuncia Conte- senza attendere le risultanze in sede penale”. La linea da seguire è quella tracciata dal vice premier Luigi Di Maio che da ore non si dà pace per la tragedia. Stessa lunghezza d’onda con l’altro vice, Matteo Salvini concretizza. “I responsabili hanno un nome e cognome e sono Autostrade per l’Italia: è stata coperta dai governi precedenti ma noi non faremo da palo a questa gente” dice Di Maio.

Advertisement

Cronache

Napoli-Lazio, 4 daspo di un anno per tifosi azzurri

Pubblicato

del

Il questore di Napoli Alessandro Giuliano (nella foto) ha adottato quattro provvedimenti di divieto di accesso alle manifestazioni sportive (Daspo), della durata di un anno, nei confronti di altrettanti tifosi napoletani tra i 17 e i 38 anni. In particolare, in occasione dell’incontro di calcio Napoli-Lazio dello scorso 3 marzo allo stadio “Maradona”, tre di essi erano stati denunciati per scavalcamento dal settore inferiore a quello superiore della curva A mentre il quarto era stato denunciato per possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive poiché, durante i servizi di filtraggio, era stato trovato in possesso di un fumogeno.

Continua a leggere

Cronache

Confcommercio, sicurezza peggiorata per 1 impresa su 10

Pubblicato

del

“Un’impresa su dieci del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2022”. E torna a rialzare la testa, dopo la pandemia, anche l’usura, “il fenomeno illegale percepito in maggior aumento dagli imprenditori (per il 25,9%), seguito da abusivismo (21,3%), estorsioni (20,1%) e furti (19,8%). Nel complesso, 31 mila piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi sono oggi ad elevato rischio usura”. Lo dicono i dati emersi da una ricerca dell’Ufficio studi di Confcommercio presentati oggi in occasione della decima Giornata nazionale “Legalità, ci piace!” con gli interventi del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del comandante regionale della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna, Ivano Maccani.

Sull’usura, “il trend è più marcato al Sud e nel commercio al dettaglio non alimentare dove si registrano percentuali più elevate e dove, in particolare, l’usura è indicata in aumento da oltre il 30% delle imprese. A Roma questo fenomeno è segnalato in crescita dal 28,5% degli imprenditori”. Inoltre, sempre secondo le stime di Confcommercio, “l’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi 33,6 miliardi di euro all’anno e mette a rischio 268mila posti di lavoro. In termini di fatturato la perdita annua è di 23,7 miliardi di euro”. “È preoccupante ritrovarci qui anche quest’anno ad osservare che, tra le diverse categorie di criminalità che colpiscono i nostri settori, è l’usura ad essere il fenomeno illegale percepito ancora in maggior aumento dagli imprenditori”, ha esordito Sangalli, “un fenomeno insidioso e particolarmente doloroso, che più di altri rischia di essere circondato da un silenzio assordante”.

“Gli strascichi dell’emergenza pandemica – ha quindi sottolineato -, la crisi dei costi energetici, l’inflazione, il ribaltamento dei mercati finanziari, rappresentano un vero e proprio detonatore dell’usura. Anche per questo, quando chiediamo moratorie, fiscali e creditizie, non chiediamo salvagenti per le imprese, ma strumenti che possono essere decisivi per non appigliarsi altrove, sulla pinna della criminalità organizzata”. “Noi l’abbiamo sempre detto e lo ripetiamo oggi – si è quindi appellato -: denunciare si deve, si può e conviene. Si deve, perché è un dovere civile. Si può, perché è una scelta di cui ciascuno è responsabile. Conviene perché il costo complessivo dell’illegalità per commercio e pubblici esercizi è di 24 miliardi di euro sul fatturato”. “Dobbiamo fare il possibile per rintracciare questi fenomeni e portarli a soluzione – ha affermato in proposito Piantedosi -. C’è una fiducia crescente nei confronti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, serve più sensibilizzazione e formazione; il sommerso è legato anche alla volontà di tenere per sè la tragedia che si sta vivendo. Bisognerà pensare anche ad un sostegno psicologico individuale”. Gli strumenti comunque, ha aggiunto riferendosi sia al Fondo di solidarietà gestito dal ministero dell’Interno sia al Fondo di prevenzione gestito dal ministero dell’Economia, “possono non essere esaustivi ma ci sono, anche se – è l’impegno preso – va studiato un salto di qualità”.

Continua a leggere

Cronache

Omicidio a Roma, un fermato. È caccia ai complici

Pubblicato

del

È svolta nell’omicidio di Andrea Fiore, il 54enne ucciso la notte tra domenica e lunedì nel suo appartamento di via Pisoni, nella zona Torpignattara alla periferia di Roma. Gli uomini della Squadra Mobile nel tardo pomeriggio di lunedì hanno fermato Daniele Viti, 43enne originario di Veroli, centro in provincia di Frosinone. L’uomo è stato bloccato mentre rientrava in un appartamento nella zona di Corviale, quadrante sud-ovest della Capitale, assieme ad una donna. Nei suoi confronti l’accusa è di “concorso in omicidio” assieme ad altre persone ancora non identificate e su cui si sta ora concentrando il lavoro degli inquirenti. È ancora da chiarire il ruolo di Viti, che ha precedenti per stalking, nell’agguato mortale. L’uomo è stato trasferito nel carcere di Regina Coeli in attesa dell’interrogatorio di convalida del fermo.

Secondo quanto accertato da chi indaga, Fiore è stato raggiunto da un colpo di pistola al torace poco dopo la mezzanotte di domenica. La vittima, che ha precedenti anche per droga, con molta probabilità conosceva i suoi aggressori. “Mi hanno sparato, venite a salvarmi”, le parole dette al 112 poco prima di morire. I poliziotti arrivati in pochi minuti hanno dovuto attendere l’intervento dei vigili del fuoco perché la porta risultava chiusa dall’interno. Gli investigatori hanno trovato poi il cadavere a poca distanza dalla porta di ingresso.

Non è escluso che la morte di Fiore sia legata all’omicidio di Luigi Finizio vittima di un agguato avvenuto a poca distanza da via Pisoni, il 13 marzo scorso, ad una pompa di benzina. I due infatti si conoscevano da tempo. Finizio, legato da rapporti familiari con il clan di stampo camorristico dei Senese, è stato ucciso in via dei Ciceri da uomini in scooter che poi si sono dati alla fuga. Su questo episodio sono a lavoro i pm della Distrettuale Antimafia di piazzale Clodio. I due omicidi potrebbero quindi rientrate in una guerra tra bande criminali. Una escalation di fatti di sangue legata al business della droga anche se chi indaga non esclude altre piste. Il delitto di domenica notte è solo l’ultimo di una lunga striscia che da settimane sta insanguinando le strade di Roma. Il 10 marzo, a San Giovanni, è stato ucciso Emanuele Costanza, in arte Manuel Costa, con due colpi di pistola alla testa da Fabio Giaccio, 43 enne di origini napoletane, reo confesso. Movente del raid di morte questioni di natura economiche.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto