Avrebbero voluto ‘farsi’ anche la collana di Sfera Ebbasta, dopo averne strappate sei dentro al Lanterna Azzurra di Corinaldo: “la collana quella con la chitarra fra, Badr li’ se non era stato per i morti te lo giuro…gliela faceva lo guardava in un modo”. Le decine di intercettazioni contenute nelle 174 pagine di ordinanza nei confronti dei ventenni presunti responsabili della strage di Corinaldo raccontano di giovani, dice il giudice, “privi di ogni scrupolo morale” e dall’ “elevatissima pericolosita’ sociale”. Un atteggiamento che e’ chiaro gia’ tre mesi dopo la strage, quando alcuni di loro tornano a ipotizzare di utilizzare lo spray – lo chiamano ‘Laura’, come fosse un’amica di sempre e da sempre – come se nulla fosse accaduto a Corinaldo.
strage discoteca
Il 2 marzo sono in macchina Eros Amoruso (che e’ morto successivamente in un incidente stradale), Raffaele Mormone e Ugo Di Puorto: i tre erano alla Lanterna Azzurra e stanno andando allo ‘Studio 160′ di Arqua’ Polesine, in provincia di Rovigo. Li avevano gia’ presi con il gas in quella discoteca, ma Mormone dice spavaldo: “porto il gas dentro, ti giuro faccio spruzzare tutti, li faccio sparire, ormai va di nuovo di moda il gas…gia’ l’hanno dimenticato”. E di Puorto, che secondo le indagini e’ colui che ha spruzzato il gas a Corinaldo: “fra io non l’ho mai dimenticato”. Morrone lo rincuora: “spruzzo io, tu me lo rimetti in tasca, dopo che ho spruzzato, voglio vedere chi lo trova. eh eh, voglio vedere se prendono le impronte dell’aria…ti giuro lo spruzzo e metto di nuovo in tasca fra…uah se muore voglio vedere”. E il gas va spruzzato negli occhi, non come faceva quell’amico loro “sfigato” che lo sparava sui piedi. Il 1 maggio gli investigatori intercettano invece una chiamata che e’ un’ulteriore conferma della loro presenza nella discoteca.
A parlare sono ancora una volta Di Puorto e Mormone. Raccontano di quella sera quando, tornando da Corinaldo, si imbattono all’autogrill proprio in quella che doveva essere la star della serata alla Lanterna Azzurra, Sfera Ebbasta. “E’ solo un pagliaccio coglione, lo schifo una merda…” dice Di Puorto e aggiunge: “ci stavo per litigare…lo stavo per bussare quel figlio di puttana mi diceva con quella faccia da culo e la collana cosi’ fuori…”. Mormone lo ferma: “la collana quella con la chitarra…fra Badr (uno degli arrestati, ndr) li se non era stato per i morti te lo giuro Bard li gliela faceva lo guardava in un modo…”.
Ma le loro telefonate sono tutte un eccesso, un esagerare, un andare oltre. “Fra ci piacciono i soldi…a me piacciono i soldi” sottolinea Mormone piu’ volte. E di Puorto: “…e a me soldi e adrenalina….mi piace sentire uno che viene inculato”. Poi ci sono Sohuibab Haddada e Andrea Cavallari, altri due arrestati: “facciamo i soldi cazzo…facciamo qualche serata cosi’, minchia nasi rotti…bum! – dice il primo – vedevo il naso…sentivo trick e vado via…e nell’occhio a quella distanza, sss (simula l’uso dello spray) nell’occhio…te lo giuro su mia madre”. A Cavallari invece quello che gli “manca” e’ “girare armato”: “ti giuro io prima giravo armato a buco…dentro la macchina c’era…una mazza da baseball, un piede di porco, io addosso avevo spray e taser”. Ma l’obiettivo era un altro.
“Mi ero ingrippato che volevo prendere la pistola infatti adesso, la pistola e’ bella, prendi una…la lasci li…se sai quello che hai in tasca lo lasci li’ per terra che non si muove piu’ sicuro”. Le uniche, isolate, parole di un possibile pentimento gli investigatori le sentono pronunciare a Eros Amoruso il 17 marzo. “Siamo andati a una festa fra e son morte 6 persone, io c’ho ancora quella cosa che non va via. In questo gioco sono morte 6 persone per questo giochino e noi lo sappiamo…e la cosa e’ consapevolezza che fa male fra…sempre qualcosa da nasconderci, sempre qualcosa da non pensarci fra…in questo giochino non siamo stati noi pero’ gente comunque che faceva il nostro giochino fra e’ andata ad ammazzare 6 persone”. Amoroso e’ il ragazzo poi morto in un’incidente stradale.
Torna a tenere banco la questione autovelox. Dopo il botta e risposta tra Mit e Anci circa l’atteso decreto sull’omologazione degli apparecchi, l’unica certezza, al momento, è quella sulla data del 12 giugno, termine entro il quale i comuni di tutta Italia dovranno adeguarsi alle nuove regole sulla collocazione degli strumenti di rilevazione automatica della velocità varate dal ministro Salvini nel 2024. A ricordarlo è il Codacons, che al tempo stesso sottolinea gli incassi milionari garantiti dagli autovelox ai comuni italiani, introiti che rischiano di andare incontro ad una tagliola.
“Il caos giurisprudenziale in tema di omologazione degli autovelox rischia di portare ad un crollo verticale dei proventi da multe stradali incamerati dai comuni – spiega il Codacons – Solo nelle principali 20 città italiane le sanzioni da autovelox hanno garantito nel 2023 (ultimo dato disponibile) incassi complessivi da oltre 65 milioni di euro, ma la sentenza della Cassazione che ha dichiarato fuorilegge gli apparecchi approvati ma non omologati rischia di rappresentare una tagliola di proporzioni abnormi: il 59,4% di dispositivi fissi installati lungo le strade italiane risulta infatti validato prima del 2017, data che fa da spartiacque in tema di omologazione e possibile utilizzo degli apparecchi, mentre per quelli mobili la percentuale sale al 67,2%.
Questo significa che solo nelle grandi città oltre 40 milioni di euro di sanzioni elevate tramite gli autovelox sono a rischio, entrate cui le amministrazioni dovranno rinunciare in assenza di un decreto che fissi le regole per l’omologazione degli apparecchi approvati prima del 2017” – calcola il Codacons. L’associazione ricorda poi come il prossimo 12 giugno scadrà il termine entro cui gli enti locali dovranno adeguarsi al decreto autovelox del Mit dell’aprile 2024. Un’altra tegola per le amministrazioni che, spiega il Codacons, pone sui Prefetti il compito di “stabilire i tratti stradali dove installare gli autovelox e solo se ricorrono una o più delle seguenti condizioni: elevata incidentalità da velocità nel quinquennio precedente; impossibilità o difficoltà di procedere alla contestazione immediata della violazione; velocità dei veicoli in transito mediamente superiore ai limiti consentiti”.
Regole più stringenti anche su distanza tra un apparecchio e l’altro, segnaletica agli automobilisti, limiti di velocità. Una situazione che, come sottolinea invece Assoutenti, dalle Dolomiti al Salento rischia di lasciare questa estate molte strade delle vacanze senza gli autovelox: “Ad esempio in Salento, meta ambitissima per le vacanze estive degli italiani, i comuni hanno registrato fino a 23 milioni di euro all’anno grazie alle sanzioni elevate tramite gli autovelox installati sulle strade che collegano i vari paesi della zona – spiega Assoutenti – 2,3 milioni di euro gli incassi di soli tre comuni ubicati lungo la “temibile” strada statale 372 Telesina che da Caianello porta a Benevento, mentre sul percorso Rovereto-Garda, lungo un tragitto di appena 56 km, sono state segnalate le scorse estati circa 15 postazioni autovelox; nel tratto Bolzano-San Candido (circa 100 km) gli autovelox segnalati erano oltre 10″. “In assenza di regole certe si rischia il caos sulle strade delle vacanze – afferma il presidente Gabriele Melluso – I comuni che adottano apparecchi non omologati dovranno infatti disattivarli, pena una raffica di ricorsi da parte degli automobilisti, con conseguenze non indifferenti sul fronte della sicurezza stradale e sulle casse degli enti locali”.
Un nuovo terremoto istituzionale potrebbe abbattersi su Torre Annunziata, a meno di un anno dalla fine del commissariamento imposto dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose della precedente amministrazione. Un dossier della Guardia di Finanza, già trasmesso alla Prefettura di Napoli, propone lo scioglimento dell’attuale Consiglio comunale guidato dal sindaco Corrado Cuccurullo, invocando il ricorso all’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali, non come sanzione, ma come misura preventiva, in linea con la giurisprudenza consolidata e il parere del Consiglio di Stato.
Un’amministrazione nel mirino: tre informative e un’indagine per false dichiarazioni
Il dossier delle Fiamme Gialle non è isolato. Altri due rapporti informativi, uno dei Carabinieri e uno della Polizia municipale, completano il quadro di elementi già all’attenzione della Prefettura. Al centro, anche un’indagine giudiziaria per falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, che vede coinvolti tre consiglieri comunali e un ex assessore. I quattro avrebbero dichiarato falsamente l’assenza di cause di incompatibilità, pur avendo pendenze economiche con il Comune, condizione che avrebbe dovuto comportare l’incandidabilità e l’inconferibilità.
Irregolarità e pressioni: nomine sospette, assunzioni anomale e sgomberi ostacolati
Il dossier non si limita all’aspetto penale, ma evidenzia una lunga serie di scelte discutibili sotto il profilo dell’opportunità amministrativa. Tra le criticità:
La volontà dell’amministrazione di far passare la processione della Madonna della Neve in zone sconsigliate dalle forze dell’ordine, perché frequentate da soggetti legati a clan camorristici, poi fortunatamente annullata.
La frequentazione irregolare degli uffici comunali da parte di persone non autorizzate, alcune delle quali successivamente assunte nello staff del sindaco. Tre soggetti avrebbero lavorato per mesi senza titolo, occupando postazioni e partecipando a riunioni. Tra questi, anche una persona sentimentalmente legata alla figlia di un’esponente del clan Gallo-Cavalieri.
Pressioni da parte di esponenti dell’amministrazione per ritardare alcuni sgomberi che interessavano famiglie vicine o imparentate con consorterie criminali.
Ombre sul consiglio comunale: legami con la criminalità organizzata
Un altro passaggio del dossier ricorda come diversi consiglieri comunali risultino legati a clan camorristici, secondo quanto già emerso nella precedente relazione della commissione d’accesso che aveva portato allo scioglimento del 2022. In tale contesto, l’ipotesi di una nuova commissione d’accesso appare sempre più concreta.
Il silenzio del sindaco
Il sindaco Corrado Cuccurullo, nonostante sia stato interpellato dai giornalisti, ha scelto per ora di non commentarele rivelazioni contenute nei dossier. Un silenzio che pesa, mentre la Prefettura valuta se avviare ufficialmente la procedura per un nuovo scioglimento.
Roberto Saviano (le foto sono di Imagoeconomica)torna a parlare. Lo fa in una lunga e intensa intervista rilasciata al Corriere della Sera, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro L’amore mio non muore (Einaudi). Dall’esperienza ai funerali di Papa Francesco alla memoria dolorosa della sua zia scomparsa, dal prezzo pagato per la scrittura alla condanna della solitudine, Saviano racconta senza filtri la sua vita da recluso, il senso di colpa, il peso degli attacchi e l’ossessione per la verità.
“Ho partecipato ai funerali di Francesco, come a quelli di Wojtyla. Ma lì c’era la camorra a vendere i panini”
La sua presenza in Vaticano ha destato curiosità. Ma Saviano spiega: «Ero stato anche ai funerali di Wojtyla, da cronista. Seguivo la vendita dei panini, organizzata dal clan». E sottolinea quanto la figura di Francesco, a differenza delle autorità presenti, abbia voluto essere toccata dagli ultimi.
“Mi sento in colpa. La mia famiglia ha pagato tutto. Io ho scelto, loro hanno solo perso”
Saviano ammette il dolore più intimo: la scomparsa recente della zia, vissuta in solitudine. «Ho la sensazione di aver sbagliato tutto», confessa. «I miei genitori si sono sradicati da Caserta per proteggermi. Io ho fatto carriera, loro hanno solo pagato».
E ancora: «Pensavo di cambiare la realtà con i libri, di accendere una luce. Ma ho solo generato isolamento».
“Il simbolo è di pietra. Non puoi sbagliare, non puoi contraddirti. Non sei più uomo, ma solo rappresentazione”
La condizione di scrittore-simbolo lo opprime: «Esisto per quello che rappresento, non per quello che sono». E il suo ruolo pubblico – protetto, attaccato, giudicato – ha inciso su tutto: amicizie, amore, libertà. «Quando vuoi bene a qualcuno, quella persona deve restare fuori dalla gabbia in cui tu sei chiuso. Nessun amore sopravvive così».
“Ho pensato di farla finita. Ma il corpo ha reagito. E ho capito che la fine non era quella”
Parla anche di pensieri estremi: «Ho pensato al suicidio. Volevo mettere il punto. Poi, guardandomi allo specchio, ho capito che non era quella la soluzione». E oggi convive con crisi di panico, insonnia, ansia. «Alle 5 del mattino non respiro. E mi chiedo: dove vado adesso?».
“Rushdie è vivo solo perché l’attentatore non sapeva usare il coltello. Ma almeno ora nessuno può dire che la minaccia era inventata”
L’amicizia con Salman Rushdie è per Saviano un nodo emotivo forte. L’attacco subito dallo scrittore anglo-indiano ha svelato la verità del pericolo: «È vivo per miracolo, e ora nessuno può più dire che la fatwa era un’esagerazione. Lui almeno ha avuto una liberazione. Io no: sono ancora dentro».
“Vorrei sparire. Cambiare nome. Prendere un camion e guidare lontano. Ma so che non posso”
L’idea della fuga è ricorrente: «Vorrei una nuova identità, un’altra vita. Ho preso la patente per il camion. Sogno di fare come Erri De Luca, partire per una missione umanitaria». Ma aggiunge con amarezza: «Non ne uscirò mai. Sono un bersaglio».
ROBERTO SAVIANO
“In Italia, se non muori, ti dicono che il pericolo non era reale. La scorta diventa uno stigma, non una protezione”
Saviano riflette sull’ossessione per la scorta: «In Italia, se non ti uccidono, allora vuol dire che hai esagerato». Racconta l’episodio surreale di una signora che lo accusa in aeroporto di aver mentito sul pericolo perché era da solo.
“Con Gomorra ho illuminato l’ombra. Ora racconto Rossella, uccisa dall’amore e dalla ’ndrangheta”
Il suo nuovo libro ricostruisce la storia di Rossella Casini, ragazza fiorentina scomparsa nel 1981 perché si era innamorata del figlio di un boss. Una tragedia sommersa, raccontata con sguardo letterario e civile. «Una Giovanna d’Arco ingenua e lucida. Il suo corpo non è mai stato trovato. La sua colpa: amare dissidenti».
“Michela Murgia mi ha insegnato la libertà nei legami. E mi ha donato vita. Ora mi manca anche l’amore”
Commuove il ricordo dell’amicizia con Michela Murgia: «Mi ha insegnato a tagliare i lacci ai sentimenti». E confessa: «Mi manca l’amore. Ma come si ama, se vivi da prigioniero? L’amore ha bisogno di leggerezza. Io sono pesante, ormai».