Collegati con noi

Ambiente

Sì Tav, in 40mila a piazza Castello per dire al sindaco Appendino che vogliono l’opera

Pubblicato

del

In piazza Castello, salotto buono di Torino, non c’erano quattro gatti ma 30mila, forse 4o mila persona. Insomma c’erano migliaia di persone. Erano lì per dire sì alla tav. E tra i tanti c’erano anche esponenti di primo piano di Torino della Lega Nord, che è al Governo con il M5S. Le foto che vi mostriamo valgono più delle chiacchiere dei cronisti interessati.  Ed era una presenza molto colorata, variegata, politicamente non esattamente orientata, quand’anche l’occasione di scendere in piazza è partita dai social e l’ha partorita l’ex sottosegretario ai trasporti dell’ultimo Governo Berlusconi, Mino Giachino. Che poi è l’unico, in fondo, a intestarsi una vittoria politica che va oltre i suoi meriti, che sono quelli di aver scritto la petizione sul web per far scendere in piazza chi vuole la Tav. “Siamo qui per dire sì al futuro, sì al lavoro”, ha detto Mino Giachino. Giachino ha parlato dall’autobus scoperto utilizzato come palcoscenico di fronte a Palazzo Reale.

Piazza Castello. Quelli del Si Tav che hanno voluto dire che loro sono a favore dell’opera

La manifestazione per volontà degli organizzatori era senza bandiere di partito e senza striscioni. Senza loghi ma c’erano  le dodici associazioni imprenditoriali, da Confindustria a Coldiretti, che hanno aderito all’iniziativa e sono scese in piazza assieme ai cittadini, contro la decisione della maggioranza Cinque Stelle, che sostiene Chiara Appendino, di votare un ordine del giorno contro la Torino-Lione e dichiarare Torino di fatto un Comune No Tav. Hanno aderito il Partito democratico, Forza Italia e anche la Lega, nonostante il partito di Matteo Salvini governi insieme al Movimento 5 Stelle che intende bloccare i cantieri e ha annunciato l’analisi costi benefici per l’Alta velocità. Gli slogan, mai volgari, erano tutti rivolti al sindaco, Chiara Appendino, che vive giorni facili. Che cosa ha risposto la prima cittadina davanti ad una mobilitazione così robusta di suoi concittadini. Nel modo più educato, rispettoso e politicamente intelligente.

Chiara Appendino. Sul suo profilo che la porta del suo ufficio è aperta e che rispetta quelli che la pensano diversamente

 

Sul suo profilo social ha piazzato una foto, lei in primo piano, dietro la porta della sua stanza e ha scritto “questa è la porta dell’ufficio della Sindaca di Torino: è aperta e sempre lo resterà. Abbiamo sempre ascoltato tutti e continueremo a farlo. E l’ascolto è proprio una delle cifre che da subito ho voluto caratterizzasse questa Amministrazione, convinta che le divisioni di questo periodo storico nascano proprio da territori e comunità che per anni hanno provato a dialogare con Istituzioni divenute sorde.   Oggi, in piazza Castello – al netto delle diverse sensibilità politiche – sono state sollevate delle critiche, che accolgo, ma c’erano anche molte energie positive. Sono stati proposti alcuni punti per il futuro della Città che sono in buona parte condivisibili, anche perché rispecchiano ciò che come Amministrazione abbiamo fatto fino ad oggi e ancora intendiamo fare nei due anni e mezzo di mandato che abbiamo davanti a noi.
Sono pronta a discuterne già dalla settimana prossima e ad instaurare un dialogo costruttivo sulla Torino di domani, anche con chi ha una visione diversa dalla nostra. Un dialogo aperto, sincero, trasparente. Aspro, se serve. Ma vivo e sano. Nel pieno rispetto di tutte le opinioni”.

Advertisement

Ambiente

Campi Flegrei, tra bradisismo e rischio eruttivo: il punto del vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo

Il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo fa il punto sui Campi Flegrei: “La vera emergenza è il rischio eruttivo. Tanti studi, pochi risultati. Serve un piano aggiornato”.

Pubblicato

del

Un’area instabile, fragile, densamente abitata. I Campi Flegrei continuano a far paura, e non solo per il bradisismo. A preoccupare gli esperti è anche il rischio vulcanico, spesso sottovalutato o confinato alle ipotesi teoriche. A fare chiarezza è il vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, una delle voci più competenti e critiche sul tema, che da anni studia i fenomeni più pericolosi dell’area flegrea.

Un territorio imprevedibile

Mastrolorenzo lo ribadisce da tempo: la crisi dei Campi Flegrei non può essere trattata solo come fenomeno sismico. Il bradisismo – l’innalzamento e abbassamento del suolo – è solo una delle manifestazioni visibili di un sistema vulcanico attivo, che nel corso dei secoli ha dato vita a eruzioni devastanti, come quella che 15.000 anni fa formò la caldera attuale.

“La vera emergenza è l’imprevedibilità di questi fenomeni”, sottolinea Mastrolorenzo. Un’imprevedibilità che rende difficile ogni tentativo di previsione a lungo termine, ma che impone misure serie, concrete e basate sulla conoscenza reale.

Troppi studi, pochi risultati

Secondo il vulcanologo, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi e le pubblicazioni sui Campi Flegrei, ma senza veri progressi sostanziali. “C’è un proliferare di ricerche che spesso ripetono concetti già noti o si limitano a rielaborazioni dei dati esistenti, senza contribuire realmente all’avanzamento delle conoscenze o alla mitigazione del rischio”.

Mastrolorenzo invita a distinguere tra scienza e comunicazione tranquillizzante, perché la realtà dei Campi Flegrei è complessa, e semplificarla rischia di creare false sicurezze.

Bradisismo e rischio eruttivo: due facce della stessa minaccia

L’area è oggi alle prese con una fase di sollevamento del suolo che, secondo l’INGV, ha raggiunto quasi un metro dal 2005. Ma per Mastrolorenzo, concentrarsi solo sul bradisismo rischia di far dimenticare che i Campi Flegrei sono un vulcano, e che ogni segnale – sismico, termico o chimico – va letto anche alla luce di un possibile scenario eruttivo.

Non è allarmismo, ma rigore scientifico: “Non possiamo escludere un’eruzione, per quanto bassa sia la probabilità nel breve termine. E dobbiamo pianificare pensando al peggiore degli scenari possibili”.

Un piano di protezione civile ancora da rivedere

Infine, Mastrolorenzo invita le autorità a ripensare i piani di evacuazione, le strategie comunicative e i livelli di allerta: “Non possiamo pensare di affrontare un rischio così grande con strumenti pensati vent’anni fa”.
Serve un approccio aggiornato, meno burocratico e più integrato con il territorio e le comunità.

Continua a leggere

Ambiente

Gheppio tenuto in gabbia a Montearchio, denunciato un sessantenne

Un gheppio maschio, detenuto illecitamente da un sessantenne a Montesarchio, è stato sequestrato dai Carabinieri Forestali. L’uomo è stato denunciato.

Pubblicato

del

I Carabinieri Forestali di Montesarchio, insieme alla Polizia Metropolitana di Napoli e alle guardie volontarie della Lipu, hanno sequestrato un esemplare maschio di gheppio (Falco tinnunculus) tenuto illegalmente in una gabbia nelle pertinenze di un’abitazione privata. Il rapace, probabilmente catturato da pullo, era incapace di volare, non essendosi mai abituato alla libertà.

Il trasferimento al centro specializzato

L’animale è stato immediatamente affidato al CRAS di Napoli, centro specializzato dell’ASL Napoli 1 per la cura e la riabilitazione della fauna selvatica. Il presunto detentore, un uomo di circa sessant’anni residente a Montesarchio, è stato denunciato a piede libero alla Procura della Repubblica di Benevento per detenzione abusiva di fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, e per ricettazione.

La tutela dei rapaci nei nostri ecosistemi

Il gheppio, come tutti i rapaci diurni, è specie protetta in quanto fondamentale per l’equilibrio degli ecosistemi, sia naturali che urbani. La legge ne vietata la detenzione, proprio per tutelare il ruolo ecologico e conservazionistico di questi animali.

Un’attività di controllo e prevenzione

L’intervento rientra nei servizi ordinari di controllo del territorio e di tutela della fauna selvatica condotti dai Carabinieri Forestali di Montesarchio, con il supporto delle forze di polizia e delle associazioni ambientaliste come la Lipu, che operano con proprie guardie volontarie.

Si ricorda che i provvedimenti già eseguiti sono misure precautelari, adottate nell’ambito delle indagini preliminari. I destinatari sono da considerarsi persone sottoposte a indagini e presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Continua a leggere

Ambiente

Follie italiane: strage di 2.000 ulivi per un impianto fotovoltaico in Puglia

Pubblicato

del

“Ormai qui è una distesa di erba e malinconia”, sospira chi passa davanti a un terreno che adesso sembra incolto e senza un passato. Perché lì, c’erano poco meno di duemila alberi di ulivo che sono stati eradicati per trasformare l’uliveto in un suolo che produce energia grazie al sole. Località Pozzo delle Grue, che guarda la strada che da Bitonto (Bari) porta al mare, diventerà terra di energia fotovoltaica. “Quell’area è adesso desolata e deturpata: è uno squarcio nel cuore”, spiega Gennaro Sicolo, presidente di Cia Puglia. È stata l’associazione agricola a denunciare quanto sta accadendo dove da sempre maturano, gonfi di olive, alberi dalle chiome verdi. “Chiederemo l’accesso agli atti perché è intollerabile. Ed è altrettanto inammissibile il silenzio del Comune”, aggiunge Sicolo.

Ad autorizzare la Gdr solar Srl a realizzare un’opera con una potenza nominale pari a 11,9712 megawatt elettrico ed estesa su quasi 15 ettari su cui saranno piantati pannelli e cemento, sarebbe stata la Regione Puglia a cui, quattro anni fa, la società ha presentato “istanza di autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile fotovoltaica, nel comune di Bitonto su un suolo di proprietà privata”, fanno sapere dal Comune. “Non risulta alcun sì da parte dell’Ente regionale – evidenzia Sicolo – come mi è stato confermato dai vertici del dipartimento Agricoltura. Il Comune avrebbe potuto almeno opporsi, non c’è stata trasparenza. E lo dico da cittadino residente a Bitonto”.

È diversa la posizione di Palazzo di Città. “La nostra Amministrazione ha sin dal primo momento seguito con la massima attenzione questo procedimento, non condividendone la logica né sul piano delle politiche produttive né del paesaggio”, replica Francesco Bardi, assessore comunale all’Agricoltura di Bitonto spiegando che “purtroppo la legislazione nazionale al momento della richiesta di autorizzazione alla Regione Puglia, non permetteva il diniego neppure alla struttura regionale”. “Lo scollamento tra i livelli nazionale, regionale e infine comunale in casi come questo, raggiunge livelli assurdi”, annota Bardi. Non concorda Sicolo secondo cui “il Comune che avrebbe potuto bloccare l’impianto, non lo ha fatto né ha condiviso con noi le informazioni di questo scempio: l’operazione è stata chiusa sottotraccia”. “È assurdo che nella terra dell’olio si faccia scempio di ulivi. Mi chiedo se sia questo il futuro che vogliamo dare a un territorio come Bitonto che ha legato le sue tradizioni, la sua economia, la sua storia anche all’olivicoltura”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto