Tutti contro uno. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi uniti contro Stefano Bonaccini, sicuri che il voto di domenica “liberera’” l’Emilia-Romagna e contemporaneamente “sfrattera”” Giuseppe Conte da Palazzo Chigi. Bonaccini chiude invece a Marzabotto, la cittadina appenninica simbolo della resistenza, mentre il segretario del Pd Nicola Zingaretti va in Calabria. Cesena e’ location della prima uscita pubblica del neo capo politico dei 5 stelle, Vito Crimi. I tre leader del centrodestra, insieme alla candidata Lucia Bergonzoni, chiudono insieme questa lunghissima campagna elettorale, in piazza a Ravenna, sicuri di una vittoria storica che da lunedi’ cambiera’ tutto, a Bologna come a Roma. “Lunedi’ citofoneremo a Conte e gli facciamo fare gli scatoloni”, esclama Giorgia Meloni. Zingaretti in Calabria attacca frontalmente l’ex Ministro dell’Interno: “Salvini e’ il peggiore a risolvere i problemi. E’ sbagliato, come fa la destra – sottolinea – diffondere odio, stupidaggini, per raccattare voti cavalcando la rabbia ed i problemi”. Dietro la decisione di Bonaccini di andare a rendere omaggio alla citta’ simbolo della Resistenza c’e’ l’obiettivo di respingere bruscamente la narrativa portata avanti da Matteo Salvini secondo cui il 26 gennaio restera’ nella storia come un secondo 25 aprile, una seconda liberazione, non piu’ dal nazifascismo ma dalla sinistra che in questa Regione governa da sempre.
Matteo Salvini, Interior Minister, during the demonstration commemorating the massacres of mafia in which the judges Giovanni Falcone and Paolo Borsellino and the men of their escort died.
Davanti al sacrario in memoria di oltre 700 vittime civili trucidate dai nazisti, depone una corona e canta “Bella Ciao”, l’inno scelto dalle sardine. Un modo per rivendicare, alla vigilia di un voto cosi’ incerto, le radici della sua storia. In questa convulsa ultima giornata di campagna elettorale, arriva in Emilia anche Vito Crimi, per la prima volta nella veste di neoreggente del Movimento. “Questo voto – assicura da Cesena – non avra’ alcun impatto tenuta del governo”. Di parere opposto Matteo Salvini, che su questa sfida regionale si e’ speso anima e corpo, piu’ di ogni altro leader. Sin dal primo momento, sin dalla prima manifestazione del Paladozza, datata 14 novembre, ha sempre considerato questo voto un test nazionale. E oggi ribadisce che vincere qui significa “mandare a casa Conte, Di Maio e Zingaretti”. Anche Silvio Berlusconi, in passato apparso timido su questo fronte, oggi sfida apertamente il governo giallorosso. A suo giudizio, in caso di vittoria del centrodestra in Emilia, “se non ci fossero le dimissioni e il governo continuasse a stare li’, l’Italia non sarebbe piu’ una democrazia”. Convintissima sulle conseguenze nazionali di queste regionali anche la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “Io, Salvini e Berlusconi siamo pronti ad andare al governo. Se vinciamo chiederemo le elezioni anticipate”, annuncia dal palco ravennate, da dove ripropone il suo celebre tormentone di grandissimo successo “Io sono Giorgia, sono una donna…”. Un palco, questo di Ravenna, con tutti i simboli dei partiti della coalizione, che restituisce l’immagine plastica di una colazione che malgrado le tensioni interne scalpita per un repentino ritorno alle urne. Ora la parola ai cittadini emiliano-romagnoli, per una sfida, questa di domenica, che oggettivamente si presenta assolutamente incerta, come non e’ stata mai in questa terra. Una vigilia arroventata, dai toni quarantotteschi, in cui potrebbe giocare un ruolo importante il dato dell’affluenza. Cinque anni fa, Bonaccini trionfo’ in un’elezione segnata da un minimo storico di partecipazione, appena il 37%. Adesso, i leader del centrodestra, invece, sono convinti che quanto sara’ piu’ alta l’affluenza alle urne, tanto saranno maggiori le loro chance di vittoria.
Due bandiere sul palco del Petruzzelli di Bari: Riccardo Muti e i Berliner Philharmoniker, alla loro prima esibizione in Puglia dal 1882. Un evento storico e simbolico, trasmesso in 80 Paesi, che ha celebrato l’unità culturale dell’Europaattraverso la musica. A raccontarne il senso profondo è lo stesso Muti in una intervista concessa al Corriere della Sera.
«Questo concerto non è solo musica, è una visione d’Europa»
Per il Maestro, il “Concerto per l’Europa” va oltre la bellezza musicale: «Non è un’esibizione di forza, ma un simbolo di ciò che l’Europa potrebbe essere se fondata sulla cultura. Come la immaginava Federico II, il “Puer Apuliae”, che scelse di vivere in Puglia e la rese un centro di cultura e bellezza».
L’omaggio a Puglia e alla Scuola napoletana
Muti sottolinea il legame storico della Puglia con la musica: «Piccinni, Paisiello, Traetta, Mercadante: tutti pugliesi che hanno influenzato la Scuola napoletana. La mia prima volta al Petruzzelli? Avevo tre anni, con i miei genitori ad ascoltare Aida».
«Il San Carlo ha dimenticato il suo passato»
Parlando dei progetti futuri, Muti auspica che l’anniversario di Piccinni sia anche un’occasione di riflessione per il San Carlo: «C’è stato molto opportunismo nel ricordare Roberto De Simone. Servirebbe una memoria culturale più autentica».
Il suono dei Berliner e il peso della tradizione
«Il suono di un’orchestra cambia con il direttore, ma resta l’identità. Quello dei Berliner è ancora segnato da Karajan e Furtwängler, potente e inconfondibile. Come accade per i Wiener o per le voci di Callas e Pavarotti».
L’Europa dei cori e delle bande
Alla musica come strumento di unità Muti dedica parole sentite: «Cantare è di chi ama, diceva Sant’Agostino. A giugno, al Ravenna Festival, 1.250 coristi canteranno Verdi per imparare ad armonizzare, a cercare insieme la bellezza e il bene comune».
E sulle bande musicali: «Sono la vera voce del popolo, strumenti di cultura per la provincia dimenticata. Io stesso ho imparato ad ascoltare con loro, a Molfetta. Oggi, quando partecipo alle feste patronali, la prima cosa che faccio è ascoltare la banda. È lì che si custodisce il cuore della musica».
«Il mio sogno? Sfilare con la confraternita di Molfetta»
Muti racconta con commozione la sua recente partecipazione alla processione dei Misteri: «Mi hanno nominato membro onorario dell’Arciconfraternita di Santo Stefano. Vorrei sfilare con loro, perché lì la gente dimentica le divisioni, si unisce nel rito e nel Mistero».
Il presidente esecutivo di Msc Crociere, Pierfrancesco Vago (foto Imagoeconomica in evidenza), in una lunga intervista concessa al Corriere della Sera, ha delineato le strategie future del gruppo, illustrando le prossime tappe dell’espansione globale, il ruolo dei terminal portuali, l’impegno nella sostenibilità e l’importanza dei valori familiari in un’impresa che guarda al 2050.
Una nuova società per i terminal crocieristici
Entro il 2025, MSC istituirà una società unica per gestire i terminal crocieristici, sia di proprietà che in concessione. Un modello simile a quello di TIL, che già gestisce 43 porti nel mondo: «L’esperienza nei terminal è ormai parte della strategia del viaggio: non più semplici banchine, ma parte integrante dell’offerta».
Inflazione e qualità: «Le economie di scala ci proteggono»
Vago respinge i timori sull’impatto dell’inflazione: «Le nostre economie di scala ci consentono di offrire qualità e valore al cliente. Acquistiamo 90 milioni di pasti all’anno, spesso localmente, e trasferiamo i risparmi sull’esperienza finale dei passeggeri».
Navi grandi e piccole: lusso per tutti
Sul futuro della crocieristica, Vago chiarisce: «Le navi piccole sono per il lusso tradizionale, come con Explora, ma le grandi democratizzano il lusso, offrendo esperienze complete a bordo per ogni tipo di clientela. Entrambe sono fondamentali».
Terminal, tecnologia e intelligenza artificiale
«Stiamo investendo in tecnologie ambientali e intelligenza artificiale: dalle eliche silenziose al trattamento delle acque reflue, dai sensori per monitorare le emissioni ai sistemi di concierge virtuali. L’AI migliora prenotazioni, manutenzione e gestione dei reclami».
Crociere e treni: il futuro è la mobilità integrata
Vago rilancia il progetto lanciato dopo l’acquisizione di Italo: collegare le crociere alla rete ferroviaria europea, per un trasporto più sostenibile. «Il treno è la vera transizione verde, almeno finché i carburanti alternativi non saranno disponibili su larga scala».
Cantieri saturi fino al 2029? «Una garanzia, non un limite»
Il presidente di Msc non teme la piena occupazione dei cantieri navali europei: «È una forma di controllo dell’offerta. E molte navi oggi attive non potranno navigare in futuro: serviranno nuove flotte più sostenibili».
I valori familiari alla base di Msc
«Non lavoriamo solo per il profitto — sottolinea Vago —. La nostra è un’impresa familiare con valori tramandati, fondata su sostenibilità, qualità, responsabilità verso i dipendenti. Spero che figli e nipoti abbiano la forza per continuare il nostro percorso».
L’orizzonte temporale? Il 2050
«Guardiamo anche alle trimestrali, ma la nostra vera prospettiva è il lungo periodo. Pensiamo già al 2050. Questo è il nostro orizzonte per costruire il futuro».
Generali, il nuovo cda al lavoro: sul tavolo anche l’offerta Mediobanca per Banca Generali
Il 1° maggio si riunisce il nuovo cda di Generali per definire la governance e analizzare l’offerta Mediobanca su Banca Generali. Tra trasparenza e strategie future.
Il prossimo mercoledì si terrà la prima riunione operativa del nuovo consiglio di amministrazione di Generali, insediato dopo l’assemblea degli azionisti del 24 aprile che ha confermato la leadership di Philippe Donnet come amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una tappa cruciale per completare l’assetto della governance con la costituzione dei sei comitati consiliari, tra cui il delicato comitato «Parti correlate».
Il ruolo chiave del comitato «Parti correlate»
Sarà proprio questo organismo ad avviare l’esame dell’offerta pubblica di scambio lanciata da Mediobanca su Banca Generali, di cui il Leone detiene attualmente il 52%. La presenza di Mediobanca nell’azionariato di Generali (13,1%) e la natura strategica della controllata Banca Generali rendono l’intero processo particolarmente sensibile, da gestire con la massima trasparenza.
Verso la scadenza del 16 giugno
L’orizzonte per una prima decisione sembra coincidere con l’assemblea di Mediobanca, fissata per il 16 giugno, quando sarà posta al voto l’Ops su Banca Generali. In vista di questa data, Generali dovrà valutare attentamente l’impatto dell’operazione sul proprio portafoglio e sulle sue strategie di crescita, avviando un dialogo con tutte le parti coinvolte.
I dubbi dei soci e le alternative sul tavolo
L’investimento in Banca Generali non è mai stato pienamente strategico per Generali, anche se ha sempre garantito ritorni interessanti — circa il 30% per gli azionisti e tra il 4 e il 5% dell’utile consolidato. Tuttavia, l’offerta di Mediobanca, che propone azioni proprie pari al 6,5% del capitale, apre la porta a scenari alternativi.
Tra questi: il reinvestimento dei proventi nella crescita dei business core del Leone, ovvero assicurazioni e asset management, oppure l’ingresso di nuovi investitori nel capitale con un’operazione del valore potenziale di 3 miliardi. I grandi soci, in particolare Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, sono in attesa di conoscere i dettagli dell’offerta e della strategia di lungo periodo.
Banca Generali: “Onorati dell’interesse, ma restiamo concentrati”
Nel frattempo, Banca Generali resta in osservazione. Il suo amministratore delegato Gian Maria Mossa ha ribadito in una lettera ai dipendenti che la banca è pronta a valutare con attenzione l’offerta, ma senza distrazioni: «Siamo consapevoli di essere una realtà straordinaria. Le performance e i risultati parlano per noi».
Venerdì Banca Generali presenterà i conti del trimestre e affronterà le domande degli analisti. È probabile che emergeranno nuovi elementi utili per capire come evolverà una partita che può cambiare profondamente gli equilibri del settore finanziario italiano.