Sequestro e confisca del patrimonio da un miliardo e mezzo di euro agli eredi di Carmelo Patti, l’imprenditore di Castelvetrano compaesano di Messina Denaro
La direzione investigativa antimafia di Palermo sta eseguendo un decreto di sequestro e confisca, emesso dal Tribunale di Trapani su proposta del direttore nazionale della Dia, nei confronti degli eredi dell’imprenditore Carmelo Patti, originario di Castelvetrano (Trapani) ex proprietario della Valtur (ora in amministrazione straordinaria), deceduto il 25 gennaio 2016. Il procedimento – che la Dia definisce ‘uno dei più rilevanti nella storia giudiziaria italiana’ – ha riguardato un patrimonio stimato, per ora, prudenzialmente in oltre un miliardo e mezzo di euro e ha disvelato interessi economici riferibili alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, guidata dal latitante Matteo Messina Denaro.
Carmelo Patti. L’imprenditore di Castelvetrano deceduto 2 anni fa che aveva tirato su un impero dal nulla
Ma chi è Carmelo Patti lo racconta magistralmente Antimafia duemila. Patti, morto ad 81 anni, quando era uno degli uomini più ricchi d’Italia è originario di Castelvetrano, e quindi compaesano di Matteo Messina Denaro. Aveva cominciato dal nulla, come venditore ambulante e aveva poi costruito un impero finanziario, creando la multinazionale “Cablelettra” che forniva alla Fiat gran parte dei suoi pezzi del settore dei cablaggi, degli accessori e delle maniglie. Patti fu per quarant’anni uno dei più stimati industriali siciliani, tanto da essere nominato presidente della Gesap che gestisce i più importanti servizi dell’aeroporto “Falcone-Borsellino”. Una specie di industriale antimafia per antonomasia, finché non entrò in contrasto con la signora dell’alcool e di Partinico, Antonina Bertolino. Tutto cominciò allorchè Patti rivolse la sua attenzione al settore turistico con i villaggi Valtur, riuscendo a creare una sorta di multinazionale del turismo. In un certo momento si arrivò al sequestro di tutti i beni con l’accusa di collusione con la mafia. A incastrarlo fu Angelo Siino, “il ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra”, cognato della signora Antonina Bertolino, titolare di una megadistilleria ubicata a Partinico. Angelo fece nei suoi confronti alcune dichiarazioni, cominciando col dire che “aiutava ed era aiutato da Cosa Nostra e, dalla sua, ha anche il fatto di essere un massone”. Secondo Siino Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, detto “mastru Cicciu u muraturi” “aveva tra le mani Patti, tanto che Bernardo Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”. Tra i beni sequestrati anche il villaggio di Favignana “Punta Fanfalo”, che, venne acquistato nel 1998, dopo che la vendita all’asta gli era stata contesa da Emma Marcecaglia, ma senza successo, perchè il villaggio era stato acquistato da Desy Ingrasciotta, una sconosciuta ragazza di 21 anni, di Castelvetrano, dietro la quale c’era Carmelo Patti.
La procura di Trapani, tramite l’ufficio misure di prevenzione diretto dal dott. Grillo, trovò che il suo commercialista, Michele Alagna era fratello di Franca Alagna, amante di Matteo Messina Denaro, quella che gli avrebbe dato una figlia, Lorenza. Alagna curava il settore tributario del Gruppo Imprenditoriale Patti e finì, con lui, sotto processo per una serie di violazioni fiscali. Carmelo Patti, assieme a familiari e soci, fu così travolto in una vicenda che si concluse col il più grande sequestro sinora realizzato, 5 miliardi di euro, comprendente in gran parte la proprietà dei villaggi Valtur e altre strutture in Marocco, in Costa D’Avorio e in Tunisia, in Egitto. Tra i beni sequestrati anche una nave da crociera ormeggiata nel porto di Mazara, ma appartenente al Dipartimento marittimo brasiliano e registrata a Londra. Nel 2014 l’ultima tegola giudiziaria, una condanna a dieci mesi per non avere versato quattro milioni e mezzo di Iva della Cablelettra nel 2008. In un certo momento Patti cercò di acquistare anche il villaggio turistico “Città del mare” che si trova a contatto della foce del Nocella, un fiume inquinatissimo a causa, a dire di molti, degli sversamenti della distilleria, la cui presenza diventava conflittuale con quella del villaggio, che successivamente venne acquistato da un altro magnate della finanza siciliana, Rosario Basile. Ma ciò che maggiormente diede fastidio alla Bertolino fu che – poco dopo – Carmelo Patti dichiarò che non avrebbe più costruito due villaggi turistici sulle spiagge di Selinunte e Campobello di Mazara, vicino al luogo in cui la Bertolino aveva in progetto la costruzione di un’altra megadistilleria con soldi pubblici a fondo perduto stanziati dalla legge n. 488 dal Ministero all’Industria al tempo gestito dal ministro Bersani. L’inquinamento ambientale denunciato da Patti, (del “mare colore del vino”), era incompatibile con lo sviluppo turistico di cui la Valtur è leader indiscusso a livello mondiale. E infatti – poco dopo le dichiarazioni di Patti – la Bertolino fece scattare le sue micidiali dichiarazioni antimafia, supportate da quelle del cognato Siino, alle quali si unirono quelle di altri pentiti. Malgrado Patti avesse subito dichiarato di “sentire puzza di alcool” nelle accuse di Siino e della Bertolino, la magistratura trapanese lo incriminò per associazione mafiosa disponendo un sequestro che continua sino ad oggi, malgrado, a distanza di 15 anni, non sia ancora seguita nessuna sentenza di condanna. Anzi, un Gip di Trapani si è espresso in maniera piuttosto scettica, non confermando una richiesta dei Pm Trapanesi. Siamo in una zona, quella di Trapani, nella quale la Bertolino molti interessi e dove è stata sempre prosciolta o assolta in noti processi di inquinamento ambientale. Come il “mare colore del vino” denunciato dalla Guardia di Finanza dopo anni di indagine alle saline di Trapani (patrimonio dell’Umanità) e l’inquinamento della zona di contrada “Imbriaca” (tra Mazara e Campobello di Mazara) dove il commissario Carmine Mosca scoprì che venivano scaricati i fanghi industriali della distilleria di Partinico. Il sequestro dei beni della Valtur, è stato poi affidato, in amministrazione giudiziaria, a un terzetto, di cui uno dei componenti è Andrea Gemma, un amico dell’allora ministro della Giustizia Alfano che, più volte ha dichiarato di provenire dal “Dipartimento di Diritto Privato, il più rosso d’Italia, diretto dal prof. Alfredo Galasso” .
L’amministrazione giudiziaria ha portato alla crisi e al fallimento, non ancora definitivo, della Valtur e di tutte le aziende di Carmelo Patti.
Si chiude così l’umana vicenda di un imprenditore legato ad altri industriali nazionali, dagli Agnelli a Basile, a Montante, in affari con la figlia di Patti e interessato anche lui alle vicende del turismo siciliano: nei suoi villaggi turistici hanno soggiornato i più noti politici italiani. Sullo sfondo c’è sempre l’ombra inquietante di Diabolik, l’imprendibile, u “strocchiu”, colui che ha detto che, con i morti da lui ammazzati si potrebbe riempire un cimitero, Matteo Messina Denaro.
Il questore di Napoli Alessandro Giuliano (nella foto) ha adottato quattro provvedimenti di divieto di accesso alle manifestazioni sportive (Daspo), della durata di un anno, nei confronti di altrettanti tifosi napoletani tra i 17 e i 38 anni. In particolare, in occasione dell’incontro di calcio Napoli-Lazio dello scorso 3 marzo allo stadio “Maradona”, tre di essi erano stati denunciati per scavalcamento dal settore inferiore a quello superiore della curva A mentre il quarto era stato denunciato per possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive poiché, durante i servizi di filtraggio, era stato trovato in possesso di un fumogeno.
“Un’impresa su dieci del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2022”. E torna a rialzare la testa, dopo la pandemia, anche l’usura, “il fenomeno illegale percepito in maggior aumento dagli imprenditori (per il 25,9%), seguito da abusivismo (21,3%), estorsioni (20,1%) e furti (19,8%). Nel complesso, 31 mila piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi sono oggi ad elevato rischio usura”. Lo dicono i dati emersi da una ricerca dell’Ufficio studi di Confcommercio presentati oggi in occasione della decima Giornata nazionale “Legalità, ci piace!” con gli interventi del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del comandante regionale della Guardia di Finanza dell’Emilia Romagna, Ivano Maccani.
Sull’usura, “il trend è più marcato al Sud e nel commercio al dettaglio non alimentare dove si registrano percentuali più elevate e dove, in particolare, l’usura è indicata in aumento da oltre il 30% delle imprese. A Roma questo fenomeno è segnalato in crescita dal 28,5% degli imprenditori”. Inoltre, sempre secondo le stime di Confcommercio, “l’illegalità costa alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi 33,6 miliardi di euro all’anno e mette a rischio 268mila posti di lavoro. In termini di fatturato la perdita annua è di 23,7 miliardi di euro”. “È preoccupante ritrovarci qui anche quest’anno ad osservare che, tra le diverse categorie di criminalità che colpiscono i nostri settori, è l’usura ad essere il fenomeno illegale percepito ancora in maggior aumento dagli imprenditori”, ha esordito Sangalli, “un fenomeno insidioso e particolarmente doloroso, che più di altri rischia di essere circondato da un silenzio assordante”.
“Gli strascichi dell’emergenza pandemica – ha quindi sottolineato -, la crisi dei costi energetici, l’inflazione, il ribaltamento dei mercati finanziari, rappresentano un vero e proprio detonatore dell’usura. Anche per questo, quando chiediamo moratorie, fiscali e creditizie, non chiediamo salvagenti per le imprese, ma strumenti che possono essere decisivi per non appigliarsi altrove, sulla pinna della criminalità organizzata”. “Noi l’abbiamo sempre detto e lo ripetiamo oggi – si è quindi appellato -: denunciare si deve, si può e conviene. Si deve, perché è un dovere civile. Si può, perché è una scelta di cui ciascuno è responsabile. Conviene perché il costo complessivo dell’illegalità per commercio e pubblici esercizi è di 24 miliardi di euro sul fatturato”. “Dobbiamo fare il possibile per rintracciare questi fenomeni e portarli a soluzione – ha affermato in proposito Piantedosi -. C’è una fiducia crescente nei confronti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, serve più sensibilizzazione e formazione; il sommerso è legato anche alla volontà di tenere per sè la tragedia che si sta vivendo. Bisognerà pensare anche ad un sostegno psicologico individuale”. Gli strumenti comunque, ha aggiunto riferendosi sia al Fondo di solidarietà gestito dal ministero dell’Interno sia al Fondo di prevenzione gestito dal ministero dell’Economia, “possono non essere esaustivi ma ci sono, anche se – è l’impegno preso – va studiato un salto di qualità”.
È svolta nell’omicidio di Andrea Fiore, il 54enne ucciso la notte tra domenica e lunedì nel suo appartamento di via Pisoni, nella zona Torpignattara alla periferia di Roma. Gli uomini della Squadra Mobile nel tardo pomeriggio di lunedì hanno fermato Daniele Viti, 43enne originario di Veroli, centro in provincia di Frosinone. L’uomo è stato bloccato mentre rientrava in un appartamento nella zona di Corviale, quadrante sud-ovest della Capitale, assieme ad una donna. Nei suoi confronti l’accusa è di “concorso in omicidio” assieme ad altre persone ancora non identificate e su cui si sta ora concentrando il lavoro degli inquirenti. È ancora da chiarire il ruolo di Viti, che ha precedenti per stalking, nell’agguato mortale. L’uomo è stato trasferito nel carcere di Regina Coeli in attesa dell’interrogatorio di convalida del fermo.
Secondo quanto accertato da chi indaga, Fiore è stato raggiunto da un colpo di pistola al torace poco dopo la mezzanotte di domenica. La vittima, che ha precedenti anche per droga, con molta probabilità conosceva i suoi aggressori. “Mi hanno sparato, venite a salvarmi”, le parole dette al 112 poco prima di morire. I poliziotti arrivati in pochi minuti hanno dovuto attendere l’intervento dei vigili del fuoco perché la porta risultava chiusa dall’interno. Gli investigatori hanno trovato poi il cadavere a poca distanza dalla porta di ingresso.
Non è escluso che la morte di Fiore sia legata all’omicidio di Luigi Finizio vittima di un agguato avvenuto a poca distanza da via Pisoni, il 13 marzo scorso, ad una pompa di benzina. I due infatti si conoscevano da tempo. Finizio, legato da rapporti familiari con il clan di stampo camorristico dei Senese, è stato ucciso in via dei Ciceri da uomini in scooter che poi si sono dati alla fuga. Su questo episodio sono a lavoro i pm della Distrettuale Antimafia di piazzale Clodio. I due omicidi potrebbero quindi rientrate in una guerra tra bande criminali. Una escalation di fatti di sangue legata al business della droga anche se chi indaga non esclude altre piste. Il delitto di domenica notte è solo l’ultimo di una lunga striscia che da settimane sta insanguinando le strade di Roma. Il 10 marzo, a San Giovanni, è stato ucciso Emanuele Costanza, in arte Manuel Costa, con due colpi di pistola alla testa da Fabio Giaccio, 43 enne di origini napoletane, reo confesso. Movente del raid di morte questioni di natura economiche.