Collegati con noi

Cronache

L’affare miliardario del calcio italiano, lo Stato di diritto e regole dell’ordinamento sportivo in un libro ed un convegno scientifico dove la Juventus…

Pubblicato

del

Un business miliardario solo per i diritti tv per la trasmissione delle partite di serie A assegnati di fatto in regime di monopolio. A Sky. Un sistema di informazione orientato. Regole sportive interpretate per gli amici e applicate agli altri. Spazi di discrezionalità affidati a chi è deputato alla applicazione esatta e neutra delle regole del gioco. È questa la fotografia del calcio oggi in Italia nella realtà e nella percezione che i tifosi hanno di questa realtà. Se a tutto ciò si aggiungono gli insulti e i cori razzisti, le sviste arbitrali, la Var applicata a spot o se vi piace di più a seconda di chi è l’arbitro e chi dovrebbe (la squadra) subire il ricontrollo di azioni dubbie, si può avere un’idea più o meno precisa di che cosa sia il calcio oggi in Italia. Al netto, ovviamente, della passione che alberga nei cuori di ogni italiano che ha una squadra del cuore per cui tifare.

In questo panorama nell’Università Suor Orsola Benincasa la presentazione del libro del professore Guido Clemente di San Luca, “Calcio e diritto, il rispetto delle regole nell’era del Var”, Esi Editore, è l’occasione per un dibattito di alto livello scientifico, con accademici, rettori, professori universitari, giuristi, scrittori e giornalisti. Un libro che ha fatto discutere prima ancora di essere oggetto del dibattito, prima ancora che fosse letto. Un dibattito che evidentemente dava fastidio a qualcuno, tanto da ricevere alcuni apprezzamenti volgari da Giampiero Mughini, che ospite di Giuseppe Cruciani a Radio24, la radio di Confindustria, ha definito  “feccia” i partecipanti al convegno di presentazione del libro. Un epiteto volgare, offensivo, mai smentito da Cruciani in diretta. Anzi il giornalista ci ha messo del suo per avvelenare sempre più il clima e spargere sale sulle ferite delle offese.

Dopo i saluti del padrone di casa, il Rettore della Università Suor Orsola Benincasa,Lucio D’Alessandro,  al convegno si sono avvicendati nel dibattito, Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, lo scrittore Maurizio De Giovanni, il presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi, Francesco Pinto, direttore del centro produzione Rai di Napoli, lo stesso professore Guido Clemente, il giornalista Paolo Chiariello, direttore di “Juorno.it”, il giurista Vittorio Dini, Maurizio Paniz, avvocato bellunese e presidente del Club Juventus Parlamento e tanti altri ancora. È questa la “feccia” per l’opinionista a gettoni Giampiero Mughini. Sono queste persone, professionisti nei loro campi, la feccia che ha discusso con serenità, pacatezza, di un tema che è oggettivamente divisivo: il calcio. Ed ha discusso di regole. Anche nel mondo del calcio.

A Cruciani (giornalista della radio di Confindustria) e a Mughini (opinionista a gettoni Mediaset, Rai e ovunque venga retribuito) interessava offendere e  sono stati già querelati dall’avvocato Claudio Botti, fra gli autori del volume. Avranno ampia facoltà di provare in giudizio che i partecipanti al convegno scientifico erano “feccia”. In realtà, spiegano bene i relatori, i principi fondamentali dello Stato di Diritto sembrano ai più un fatto lontano, e il libro prova attraverso una riflessione sul campionato di calcio e su come si svolge, a metterli al centro dell’attenzione. Il calcio è uno sport popolare, tutti ne parlano quindi parlare di diritto parlando di calcio fa estendere il dibattito al diritto. Nel volume si spiega che ci sono numerose e documentate decisioni arbitrali illegittime alla base della vittoria della Juventus nel campionato passato. Ma questo non significa che la Juventus ha “rubato” la vittoria. Saremmo davanti alla commissione di un reato (che per lo passato s’è avverato e la Juventus ha pagato). La Juventus ha goduto di certi comportamenti direttamente o indirettamente. Del resto, ha spiegato Guido Clemente di San Luca, docente di Diritto amministrativo, l’esame obiettivo e scrupoloso delle norme del regolamento del gioco del calcio, del protocollo VAR e l’analisi critica della loro applicazione, rientrano perfettamente fra i compiti istituzionali di chi studia ed insegna il diritto nelle università. In altre parole quando si parla dell’arbitro che prende una decisione ritenuta sbagliata altro non si fa che parlare del principio di legalità. Il rispetto delle regole è fondamentale in uno Stato di diritto. Gli studenti vedono che non c’è il rispetto delle regole neanche nel calcio e non hanno fiducia nelle istituzioni”. Ecco perchè tocca spiegare in maniera rigorosa che è possibile ricondurre alla legalità, là dove questa latita, anche un mondo, quello del calcio, che spesso ha mostrato di deviare dalla retta via.

E con egual rigore ha argomentato la questione il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi che in punto di diritto ha provato a spiegare quanto è interessante e importante il fatto che nell’ordinamento giuridico ci siano poi spazi di autonomia, a volta anche amplissimi, che regolano la vita anche dello sport. Spazi di autonomia che non sono ovviamente terreno sul quale qualcuno può trasformare la discrezionalità in “aiutino” a chicchesìa.

Raffaele Cantone, il primo a prendere la parola ed a scappare via per altri impegni, ha detto che “bisogna pretendere la trasparenza e il rispetto delle regole, ma per far questo bisogna svestirsi della maglia. Anche quando c’è qualcosa che sembra non vada per il verso giusto occorre rivolgersi alle autorità preposte al rispetto delle regole. E quando certe regole sembrano abbiano fatto il loro tempo o sono migliorabili, occorre lavorare per cambiarle, migliorarle. Io sono un tifoso del Napoli ma non sono di quelli che godono, ad esempio, quando le squadre italiane perdono all’estero. E mi sono scocciato di dover pensare che perdiamo i campionati per colpa degli arbitri. Se avessimo vinto a Firenze, nessuno avrebbe detto niente in merito alla colpa di qualcuno”. Cantone ha sottolineato che «il vero tema è quello delle regole. In un convegno di giuristi si dovrebbe parlare di regole. Il calcio è un gioco e come tale deve essere trattato. La chiamata del Var da parte del capitano?Le partite diventerebbero molto più complicate, lo dico da tifoso. Paradossalmente rischiamo che un eccesso di regole di questo tipo distruggano il calcio” conclude il presidente dell’Autorità anticorruzione.

Lo scrittore Maurizio De Giovanni – che ha tenuto a precisare di essere “tifoso senza se e senza ma”, e di avere “una malattia, una grave malattia che si chiama tifo”, ha posto l’accento su un altro aspetto: l’informazione. “Deve essere libera, indipendente, neutra”, ha detto con tono ironico, riferendosi evidentemente ai commenti delle partite e sottolineando che dei tre giornalisti che avrebbero dovuto discutere con i relatori, “stranamente si è presentato il solo Paolo Chiariello, direttore di Juorno”. Quello di De Giovanni, persona colta e intelligente, che ha scritto pagine memorabili della letteratura moderna con “I bastardi di Pizzofalcone” o il Commissario Ricciardi, è un intervento passionale, come sempre mai scontato, banale o fazioso. Di parte, sì. È malato del Napoli e ama la sua Napoli, ma questo non ha mai significato dover odiare altri, persino l’odiata (calcisticamente) Juventus. “Non mi sembra che si siano lamentate altre squadre o altri dirigenti per il Var se non solo, ed esclusivamente, quelli della Juventus. Perchè tanta ostilità contro uno strumento che ridà credibilità al nostro calcio? Perchè solo loro si stanno lamentando di tale sistema?” si è chiesto e si chiede spesso Maurizio De Giovanni, che non ha ovviamente nascosto l’amarezza per le volgarità scaricate “da certo giornalismo qualunquista su un convegno al quale avrebbero potuto partecipare, perchè a Napoli la libertà è partecipazione e al convegno tutti hanno avuto possibilità di parlare, compreso chi come l’avvocato Maurizio Paniz, di passaggio a Napoli , si è presentato  (è stato il primo ad arrivare in aula e l’ultimo ad uscire). Questo non è giornalismo. E il fatto che al convegno mancassero quasi tutti i giornalisti e ci fosse solo Chiariello la dice lunga” conclude De Giovanni.  Per Paolo Chiariello “c’è oggettivamente un problema di trasparenza e neutralità nel racconto del calcio di cui la categoria si deve occupare e preoccupare. Non sono d’accordo con Cantone che sostiene di doversi accostare al calcio come ci si accosta ad un gioco. Credo – prosegue Chiariello – che dobbiamo impegnarci a far si che il calcio torni ad essere anche un gioco, ma oggi è una delle industrie più redditizie del Paese, fattura miliardi di euro, muove interessi giganteschi ed è suscettibile di essere inquinata anche da organizzazioni mafiose, perchè quello che il Presidente Cantone definisce un gioco che deve far sognare i bambini, è anche uno straordinario strumento di consenso sociale che fa gola a molti che hanno poca considerazione per la passione e tanta attenzione verso i soldi”.

A chi poi ha chiesto a Chiariello qual è la qualità della informazione sul calcio, ha risposto “non sono il giudice dei giornalisti dunque non ho sentenze da emettere, guardo anche io da cittadino la Tv e leggo i giornali e mi preoccuperei, per motivi di credibilità della categoria, della qualità dell’informazione sul calcio. A me non convince. Mi piacerebbe capire che cosa è successo ad eccellenti colleghi come Enrico Varriale oppure Maurizio Pistocchi. Sono curioso, non solo per deformazione professionale”. Un giudizio su Mughini e Cruciani che hanno definito “feccia” chi ha partecipato a questo convegno? “Non è feccia, è confronto serio, pulito, onesto, in una università, dove si cresce e si migliora parlando, discutendo. Non ho giudizi su Cruciani e Mughini, non sono un giudice” conclude Chiariello.

 

 

Advertisement

Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

Pubblicato

del

Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

Continua a leggere

Cronache

Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

Pubblicato

del

E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

Continua a leggere

Cronache

Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

Pubblicato

del

Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto