Ve la ricordate la consigliera comunale della Lega Nord al Comune di Como Donatella Galli? Non ricordate più chi è? Bene, allora vi aiutiamo mostrandovi una immagine. Quella che vedete sotto è la signora eletta consigliera comunale nella lista della Lega Nord che postò nel 2015 sul suo profilo Facebook una scritta “Forza Etna, Forza Vesuvio”, assieme ad una cartina dell’Italia che potete ammirare. Non serve il commento.
Donatella Galli. L’esponente leghista assolta
Ecco, la signora Donatella Galli faceva (non so se lo faccia ancora) il tifo per Etna e Vesuvio. Molti presunti tifosi negli stadi italiani, con cori razzisti e volgari, continuano a fare il tifo per Etna e soprattutto Vesuvio. Sono presunti tifosi di squadre avversarie del Napoli che scambiano il Vesuvio per un centravanti. Ma tant è! La signora di cui trattiamo si augurava che i due vulcani, tanto terrificantemente belli e maestosi quanto potenzialmente pericolosi, potessero fare che cosa? Cancellare tutto il Sud e con esso i meridionali? Dalla cartina senza il Sud dell’Italia potrebbe essere una chiave di lettura.
La signora fu denunciata da un avvocato napoletano, Sergio Pisani. E a Monza, in una aula di Tribunale della fascia cisalpina della repubblica Padana, un giudice, per la cronaca si chiama Eleonora Sechi, condannò la signora Galli a 20 giorni di reclusione (pena sospesa) e a un simbolico risarcimento danni da 1 euro o forse di più. Ma non importa, era una somma simbolica. Era un modo per dire alla signora: hai violato la legge con quelle offese e dunque la Repubblica italiana, con sentenza pronunciata in nome del popolo italiano, ti condanna. I fatti risalgono al 2015 e a denunciare la Galli fu la Municipalità di Scampìa, che era retta da Angelo Pisani, fratello dell’avvocato Sergio Pisani, e oggi politicamente vicino al ministro Matteo Salvini. Sono scherzi del destino pure questi.
Il giudice Elena Sechi condannò la leghista Donatella Galli perché “propagandava idee fondate sulla superiorità razziale ed etnica degli italiani settentrionali rispetto ai meridionali e commetteva atti di discriminazione razziale ed etnica fondata sulla superiorità sopra indicata” c’era scritto nelle motivazioni della sentenza.
La notizia incredibile oggi è che la signora Donatella Galli in Corte di Appello a Milano è stata assolta. E sapete perchè? Perché la Procura Generale aveva chiesto l’assoluzione della imputata già condannata a Monza e i giudici, accogliendo la richiesta della Procura, hanno mandato assolta la signora Galli “perché il fatto non sussiste”. Cioè mettere una cartina dell’Italia monca, senza il Sud, e scrivere quelle sconcezze che avete letto, non è reato.
Non è un comportamento discriminatorio. Così hanno deciso i Giudici di Appello di Milano con una sentenza che farà molto discutere. Perchè? Perchè sulla base di questa sentenza, quelle orde di barbari idioti che ogni domenica latrano dagli spalti dei loro stadi “forza Vesuvio” e altre porcherie che la giustizia sportiva Italiana definisce discriminazioni su base territoriale, ora non sono più penalmente condannabili a Milano. E dunque in tanti si sentiranno legittimati a sputare offese e ingiurie contro napoletani e meridionali, magari con qualche avvocato a disposizione pronto a ripescare la sentenza della Corte di Appello di Milano che oggi ha assolto l’imputata Donatella Galli.
L’avvocato Sergio Pisani che difendeva Napoli e si era costituito parte civile nella causa contro la signora Galli è sotto choc. “Da cittadino sono sconvolto per la decisione della Corte di Appello. Da avvocato sono certo che in Cassazione sarà riformata. La legge – ci dice Sergio Pisani – è chiara e sanziona chiunque divulghi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istighi a compiere o compie atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Insomma bisogna aspettare la Cassazione.
Ah, in tutto questo l’Italia, ci hanno insegnato a scuola, è la culla del diritto. E a volte anche del rovescio.
Fake News. Sui social, sul web, troverete anche questa foto. Non è vera. È una fake news. La signora Galli ha scritto Forza Vesuvio e Forza Etna. Non ha mai paragonato meridionali ad ebrei e altre cose che leggete in quella foto che, ripeto, è fasulla
Una grande macchia di sangue sul lato di una Volkswagen Golf con gomma scoppiata e copertone ammaccato e un’ampia pozza ancora di sostanza ematica per terra oltre che nell’abitacolo della vettura: così si presentava, questo pomeriggio, piazza Principessa Clotilde, a Milano, davanti all’ingresso del Pronto soccorso del Fatebenefratelli. L’immagine scioccante è stata dovuta al fatto che, in base ai primi accertamenti, un giovane egiziano è stato accoltellato con più fendenti ed è stato trasportato di tutta fretta con la macchina, a rischio della vita per le ferite e per la velocità di guida, da un connazionale il quale ha asserito di essere un casuale soccorritore che lo ha aiutato. Con il ferito il suo cane rottweiler, a sua volta accoltellato e moribondo.
La vicenda non è chiara e molti contorni e particolari vanno approfonditi dai carabinieri che svolgono le indagini. Non è escluso un regolamento di conti nel mondo degli stupefacenti. Da quanto appreso, il ragazzo, la cui età non è stata ancora accertata, è stato accoltellato nel pomeriggio, verso le 15, in centro città, in piazzale Oberdan, non lontano dal McDonald’s. Avrebbe chiesto di aiutarlo a un ventenne che ha caricato lui e il cane a bordo. L’automobilista ha raccontato che il ragazzo gli avrebbe detto in arabo di essere stato inseguito e ferito da tre persone senza spiegare i motivi. Il giovane straniero, secondo quanto spiegato dai militari, prima di entrare in camera operatoria avrebbe detto di avere 13 anni ma ne avrebbe di più.
Operato, sembra essere stato stabilizzato, pur in gravi condizioni. E’ stato raggiunto da diversi fendenti, fra i quali uno al petto è il più preoccupante. Ha perso molto sangue, come detto, così come il suo cane che è stato portato in una clinica veterinaria in condizioni disperate. I militari stanno ricostruendo la dinamica dei fatti e valutando anche il racconto del soccorritore che potrebbe non essere estraneo alla vicenda. Fondamentale sarà poter parlare con il ferito una volta che si sarà ripreso. Sull’episodio ha preso posizione il deputato di FdI, Riccardo De Corato: “Ancora violenza in centro – ha denunciato in una nota -. L’assessore alla sicurezza Sala dove è, dove sono i vigili? La polizia e i carabinieri sono lasciati soli”.
Sei quesiti genetici potrebbero far riaprire il caso del delitto di Garlasco o far fermare l’inchiesta all’attuale verità “consacrata da cinque processi”. Ancora una volta la chiave di un omicidio che suscita grande clamore mediatico, quello della 26enne Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia), ruoterà intorno agli accertamenti genetici e alle perizie e controperizie sollevate dalle parti. Tutto questo mentre la pressione investigativa aumenta e nuovi o vecchi scenari potrebbero sparigliare le carte di un’inchiesta complessa perché si sovrascrive in parte su quanto accertato in passato. Finirà come auspica l’ex generale Luciano Garofano e resterà una verità, appunto, consacrata dalle attuali sentenze, o si “riscriverà la storia” come invece si augura Antonio De Rensis, legale di Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima e condannato a 16 anni di reclusione in via definitiva (attualmente in semilibertà)?
Dopo l’udienza di oggi davanti alla gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, con l’inizio delle operazioni peritali dell’incidente probatorio, il 17 giugno, si entrerà davvero nel vivo ed entro 90 giorni (o di più in caso di richiesta di proroga) si saprà se quelle trovate sulle unghie di Chiara Poggi sono tracce comparabili e sovrapponibili a quelle di Andrea Sempio, l’indagato della nuova inchiesta. E se sulla scena del delitto c’erano altri soggetti ‘sospetti’. E a quel punto le indagini scientifiche potrebbero davvero ribaltare il caso. L’udienza di discussione sulle analisi è fissata per il 24 ottobre. Intanto, il gip, su richiesta della difesa di Stasi, ha deciso che saranno acquisiti anche i Dna delle gemelle Cappa, di Marco Panzarasa, amico di Alberto Stasi, di Roberto Freddi, Mattia Capra e Alessandro Biasibetti, tutti e tre amici di Marco Poggi e Andrea Sempio, oltre a quelli del medico legale, di tre investigatori e di soccorritori della prima inchiesta.
L’estensione dei prelievi a queste persone, tutte non indagate, servirà alle comparazioni con le tracce che saranno estratte, sempre se definite comparabili. A questo lavoreranno i periti incaricati oggi, entrambi della Polizia scientifica di Milano: il commissario capo Denise Albani e il sovrintendente tecnico, Domenico Marchigiani. Ma il ruolo principale sarà quello di Denise Albani, genetista, allieva di Emiliano Giardina (il consulente ricusato nella prima udienza per via di una sua intervista rilasciata alle Iene nel 2017) che dovrà rivalutare – primo e secondo tra i quesiti formulati oggi – i risultati presentati nel processo d’appello bis dal genetista Francesco De Stefano, nel 2014, che aveva ritenuto i campioni delle tracce sulle unghie non utilizzabili.
Terzo punto fissato è “l’estrazione del Dna dai ‘para-adesivi’ delle impronte rinvenute sulla scena del crimine e sugli oggetti analizzati” nei laboratori del Ris di Parma. Su questo quesito la difesa di Sempio, coi legali Taccia e Lovati, ha chiesto ed ottenuto che le analisi siano solo genetiche e non anche dattiloscopiche. Quarto quesito “l’estrazione del Dna dai campioni biologici e reperti” che non furono mai “sottoposti ad analisi” o che fornirono all’epoca “esito dubbio o inconclusivo”. Campioni e reperti “presenti presso l’Istituto Unità Medicina Legale dell’Università di Pavia”.
Quinto punto la “comparazione” tra tutti i Dna estrapolati per “accertarne l’eventuale corrispondenza o compatibilità con il profilo genetico” di Sempio, di Stasi, dei componenti “di sesso maschile della famiglia Poggi” e di tutte le persone alle quali oggi sono stati allargati i prelievi di Dna. Il sesto punto è stato introdotto oggi dalla difesa di Sempio e riguarda la “catena di custodia”, ossia il modo in cui tutti i reperti sono stati conservati. Le analisi riguarderanno anche un tappetino del bagno, confezioni di tè, yogurt, cereali, biscotti e altri sacchetti sequestrati quasi 18 anni fa nella villetta di Garlasco, a cui si aggiungono i “para-adesivi” di tutte le impronte, una sessantina.
Si è aperta oggi una nuova fase giudiziaria nel caso dell’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella sua abitazione di via Pascoli a Garlasco. L’udienza si è svolta nell’ambito dell’incidente probatorio disposto dal Gip Daniela Garlaschelli su richiesta della Procura di Pavia, per verificare la tenuta nel tempo di una prova centrale: il Dna rinvenuto sotto le unghie della vittima.
Il quesito chiave: il Dna è ancora idoneo alla comparazione?
Al centro dell’indagine vi è la possibilità che quelle tracce genetiche, risalenti a 18 anni fa, siano oggi ancora comparabili. Solo una risposta affermativa potrà legittimare un eventuale confronto con il profilo di Andrea Sempio, oggi 37enne, recentemente iscritto nel registro degli indagati, e con quello di altri frequentatori maschi della villetta della famiglia Poggi. All’attenzione anche un secondo profilo maschile, meno definito, la cui origine resta da chiarire.
Altro tema cruciale riguarda le impronte digitali rilevate sulla scena del crimine, e l’eventuale presenza di materiale biologico (come sudore o sangue) conservato dalle strisce adesive usate per acquisirle.
Il nuovo perito e la svolta processuale
Il nuovo incarico è stato affidato alla genetista Denise Albani, in servizio alla Polizia Scientifica dal 2016, subentrata a Emiliano Giardina, il precedente esperto escluso per incompatibilità dopo un’intervista rilasciata nel 2017 alla trasmissione Le Iene. Albani dovrà rivalutare i risultati ottenuti nel 2014 dal genetista Francesco De Stefano, che aveva ritenuto le tracce inutilizzabili sia per un confronto con Alberto Stasi — condannato in via definitiva a 16 anni nel 2015 — sia con altri soggetti. Ma quella tesi è stata smentita da una nuova consulenza disposta dalla Procura nel febbraio scorso, affidata ai genetisti Carlo Previderé e Pierangela Grignani, già coinvolti nel caso Yara Gambirasio.
L’incidente probatorio e le parti coinvolte
La formula dell’incidente probatorio, richiesta dal procuratore Fabio Napoleone, dall’aggiunto Stefano Civardi e dalla pm Valentina De Stefano (da ieri affiancata dalla collega Giuliana Rizza), ha valore di prova anticipata e potrà essere utilizzata in un eventuale futuro processo. Saranno presenti anche i consulenti delle parti, inclusa la difesa di Alberto Stasi. Per Andrea Sempio, gli avvocati Angela Taccia e Massimo Lovati hanno nominato il generale Luciano Garofano, già comandante dei RIS. L’analisi delle impronte è invece affidata al perito Domenico Marchigiani, della scientifica di Milano.
Le perquisizioni e il contesto
Dopo le perquisizioni effettuate la scorsa settimana a casa di Sempio, dei suoi genitori e di due amici, gli inquirenti hanno ispezionato un canale a Tromello, dove — su indicazione di un testimone — sono stati sequestrati oggetti metallici, tra cui un martello. A compiere il presunto gesto sarebbe stata Stefania Cappa, che però non è indagata. Né lei né la sorella Paola, spesso citate come le «gemelle K», risultano destinatarie di provvedimenti giudiziari.
I messaggi vocali e la questione mediatica
Secondo quanto riportato dal settimanale Giallo, sarebbero stati diffusi presunti messaggi vocali attribuiti a Paola Cappa, nei quali la giovane avrebbe dichiarato: «Mi sa che abbiamo incastrato Stasi». I messaggi, raccolti da un blogger in passato vicino a Fabrizio Corona, non sono mai stati depositati agli atti né ascoltati ufficialmente dagli inquirenti.
Il riferimento, secondo la ricostruzione, sarebbe legato a un momento intercettato e videoregistrato nel 2007, durante il quale Alberto Stasi e Stefania Cappa si abbracciano in una sala della caserma, e la ragazza gli pone domande che — sostiene — le sarebbero state suggerite dai carabinieri, nel tentativo di verificarne l’attendibilità.
Il garantismo prima di tutto
In questa delicata fase istruttoria, tutte le persone coinvolte sono da ritenersi non colpevoli fino a sentenza definitiva, come prevede il principio costituzionale della presunzione di innocenza. L’inchiesta — ancora in corso — si sta muovendo secondo le regole del giusto processo, con particolare attenzione alla veridicità, pertinenza e continenza dell’informazione.
In attesa delle prime conclusioni scientifiche, il caso Garlasco resta una delle vicende giudiziarie più complesse degli ultimi decenni, dove solo la paziente e rigorosa attività istruttoria potrà fare chiarezza su una vicenda che ancora oggi divide l’opinione pubblica.