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Economia

Sciopero a oltranza alla Volkswagen contro le chiusure

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I dipendenti di Volkswagen hanno scioperato quasi in tutte le fabbriche del colosso dell’auto tedesca nell’ambito della spinosa vertenza coi vertici del gruppo. Questi hanno minacciato un taglio degli stipendi del 10% e la chiusura di almeno tre impianti nella Repubblica federale, presentando un piano di risanamento senza precedenti. Le posizioni fra il consiglio di fabbrica e il sindacato Ig Metall da un lato e i vertici dell’impresa dall’altro non sembrano però avvicinarsi e la rabbia fra i lavoratori cresce. È noto che il management intenda risparmiare 4 miliardi di euro con le misure radicali annunciate, mentre la controparte accetterebbe la riduzione delle buste paga (mettendo 1,5 miliardi sul tavolo delle trattative) salvando però gli impianti. Un piano che non convincerebbe i piani alti della Volkswagen.

I dipendenti hanno incrociato le braccia per due ore a turno in nove dei dieci degli stabilimenti tedeschi, a partire da quello di Zwickau, per poi coinvolgere fra gli altri il quartier generale di Wolfsburg, le imprese di Hannover, Braunschweig, Emden e Chemnitz. Secondo il sindacato sono stati 66 mila i partecipanti alla mobilitazione, 35 mila di quali nella sede centrale della Bassa Sassonia. Il periodo di dialogo sociale che la Germania ritiene obbligatorio si è infatti chiuso per 120.000 dipendenti del marchio alla mezzanotte di venerdì con un muro contro muro. “Se necessario, questa sarà la battaglia contrattuale collettiva più dura che Volkswagen abbia mai conosciuto”, ha avvertito Thorsten Groeger, negoziatore dei metalmeccanici tedeschi , ritenendo il management “responsabile, al tavolo delle trattative, per la durata e l’intensità del confronto”. Questo è stato solo “un avvertimento”, ha continuato.

“Chi ignora l’organico gioca col fuoco e sappiamo come una scintilla si trasformi in fiamme”, la minaccia. “Se non iniziano a ragionare, non sarà certo l’ultimo sciopero”, ha avvertito il collega Dirk Schulze a Zwickau. “Fra una settimana è previsto il prossimo incontro fra le parti, e a quel punto o si arriva a un avvicinamento o ci sarà una ulteriore escalation”, ha annunciato dal canto suo la combattiva presidente del consiglio di fabbrica di origine italiana Daniela Cavallo. Stando al gruppo, “gli effetti” della protesta di oggi sarebbero stati “contenuti nei limiti”. Una lotta per il lavoro prolungata farebbe però male a Volkswagen e potrebbe ledere la sua immagine. La crisi della principale casa d’auto tedesca ha anche un forte impatto politico nella campagna elettorale in vista del voto anticipato del 23 febbraio: il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha promesso di impegnarsi per salvare le fabbriche e avviando la sua campagna, sabato scorso alla Willy Brandt Haus a Berlino, ha chiesto all’opposizione di collaborare, immaginando un intervento insieme ai conservatori ben prima delle urne.

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Effetto Trump, bruciati in Borsa 6.500 miliardi in 100 giorni

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Nei primi cento giorni di presidenza Trump ci sono stati 70 giorni di scambi a singhiozzo sui mercati finanziari e 32 giorni di perdite, con oltre 6.500 miliardi di dollari cancellati dal valore delle società quotate. Lo scrive il New York Times, secondo cui per i mercati finanziari il calo del 7% dell’indice S&P 500 rappresenta il peggior inizio di mandato presidenziale da quando Gerald R. Ford subentrò a Richard M. Nixon nell’agosto del 1974, dopo lo scandalo Watergate. La crisi, sottolinea il quotidiano, è persino peggiore di quando scoppiò la bolla tecnologica all’inizio del secolo, e George W. Bush ereditò un mercato già in caduta libera. Al contrario, Trump ha ereditato un’economia solida e un mercato azionario in ascesa da un massimo storico all’altro. La situazione è cambiata rapidamente quando Trump ha annunciato i suoi dazi il 2 aprile, facendo esplodere la volatilita’ nei mercati finanziari.

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Economia

Oxfam, compensi ad cresciuti del 50% per lavoratori solo +0,8%

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A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli ad.

E’ quanto riporta un’analisi di Oxfam diffusa in occasione del Primo maggio. Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che: Irlanda e Germania vantano alcuni tra gli ad più pagati con una retribuzione annua mediana rispettivamente di 6,7 milioni e 4,7 milioni di dollari nel 2024; in Sudafrica il compenso annuo mediano degli AD era di 1,6 milioni di dollari nel 2024, mentre in India ha raggiunto i 2 milioni di dollari.

“Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli ad crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali”, spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%. Ma tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio ad, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale.

Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali in Italia, secondo Oxfam se, anziché ricorrere agli indici generali dell’inflazione, si facesse riferimento alla variazione dei prezzi del carrello della spesa (come approssimazione dei beni maggiormente consumati dai lavoratori con basse retribuzioni), il salario lordo nazionale registrerebbe, in media, una perdita cumulata di circa il 15% nel solo quadriennio 2019-2023 e la dinamica positiva del 2024 non rappresenterebbe che un placebo per i lavoratori con le retribuzioni più basse.

“Fino ad oggi, nell’azione del Governo è del tutto assente una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, che scommetta su innovazione, transizione verde e formazione, senza lasciare indietro nessuno. – conclude Maslennikov – Il Governo stenta a intervenire sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari e ha affossato il salario minimo legale che rappresenta una tutela essenziale per i lavoratori più fragili”.

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Economia

Wsj, cda di Tesla cerca un nuovo ceo per sostituire Musk

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Il consiglio di amministrazione di Tesla ha iniziato a cercare un nuovo CEO per sostituire il fondatore Elon Musk. Lo riporta il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano la decisione è stata presa dopo il crollo delle azioni e degli utili di Tesla. Alcuni investitori ritengono che Musk sia troppo impegnato con il suo lavoro di capo del Dipartimento per l’Efficienza Pubblica (DOGE), che pure sembra volgere al termine. Non è stato reso noto se Musk sia stato informato della decisione.

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