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Esteri

Scatta la tregua a Gaza, i primi ostaggi liberi domani

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Scatta la tregua a Gaza che porta con sé lo scambio di 50 ostaggi israeliani con 150 detenuti palestinesi. Hamas ha annunciato che dovrebbe iniziare giovedì alle 10 del mattino (le 9 in Italia) anche se non ci sono conferme ufficiali da parte del governo di Gerusalemme. Solo il ministro degli Esteri Eli Cohen ha fatto sapere che “secondo il piano concordato il processo del rilascio dei primi ostaggi deve iniziare già domani”, ma senza aggiungere altro. La “pausa nei combattimenti”, come la definisce Israele, è la cornice nella quale si concretizzerà il rilascio degli ostaggi israeliani (bambini e donne) in cambio dei detenuti palestinesi (anche in questo caso donne e minori). Lo scambio – secondo quanto si è appreso in serata da fonti di sicurezza egiziane – dovrebbe avvenire attraverso il valico di Rafah, tra l’Egitto e la Striscia.

Questa è considerata dalle parti come la “prima fase” dell’intesa, che verte sulla liberazione di circa 10 rapiti al giorno. Ma i 4 giorni di tregua potrebbero diventare 5 se sarà possibile – come prevede l’accordo raggiunto con la mediazione del Qatar, dell’Egitto e degli Usa – scambiare ulteriori 50 ostaggi nelle mani di Hamas e delle altre fazioni palestinesi a fronte di altri 150 detenuti palestinesi, portando così a 100 il numero complessivo dei rapiti rilasciati contro 300 che si trovano nelle carceri israeliane. Questa sarebbe la “seconda fase”. L’accordo stabilisce infatti la possibilità di estendere la “pausa nei combattimenti” di alcuni ulteriori giorni, se necessario, in base ad una decisione del premier Benyamin Netanyahu e del ministro della Difesa Yoav Gallant. Il ministero della Giustizia israeliano ha già individuato 300 palestinesi candidabili per essere liberati, escludendo quelli che si sono macchiati del reato di omicidio. Hamas, nell’ipotesi che lo scambio vada avanti, deve individuare a sua volta gli altri 50 ostaggi da rilasciare che siano sotto il suo controllo o quello di altre fazioni, a cominciare dalla Jihad palestinese.

In serata i miliziani non avevano ancora comunicato la lista dei primi 10 ostaggi che dovrebbero essere liberati domani. L’intervallo di 24 ore tra il raggiungimento dell’accordo (nella notte tra martedì e mercoledì) e la sua applicazione è dovuto al fatto che su quella lista di 300 detenuti palestinesi indicata dal ministero della Giustizia ogni cittadino poteva opporsi – appunto entro 24 ore – davanti alla Corte suprema. Ma la stessa assise ha respinto in toto – come fece già nel 2011 in occasione dello scambio per la liberazione del soldato Shalit – la petizione avanzata da una ong di destra israeliana. L’accordo prevede inoltre il passaggio di almeno 300 camion dal valico di Rafah di aiuti al giorno diretti a Gaza, compreso il carburante, il divieto per i palestinesi sfollati al sud di tornare al nord della Striscia e anche lo stop, da parte di Israele, del sorvolo dei droni di ricognizione per 6 ore nei 4/5 giorni di tregua. Allo scadere di questo termine, l’esercito israeliano – è stato spiegato – riprenderà in pieno la sua offensiva nella Striscia. L’annuncio dell’intesa per la tregua sembra aver portato riflessi positivi anche al confine tra Israele e Libano, in pratica il secondo fronte di questo conflitto arrivato al 47esimo giorno. Fonti di Hezbollah hanno fatto sapere che pur non avendo partecipato ai negoziati per la tregua si uniranno “alla cessazione dei combattimenti”.

Mentre in Qatar è arrivato il capo del Mossad David Barnea per definire gli ultimi dettagli dell’accordo e assicurarsi che sia attuato. Il tutto in stretto contatto con il capo della Cia Robert Burns, considerato uno dei personaggi chiave della trattativa assieme al segretario di Stato Antony Blinken che tornerà la settimana prossima in Israele. L’accordo è stato salutato con favore dal mondo arabo, a cominciare dal presidente palestinese Abu Mazen che ha chiesto al tempo stesso “soluzioni più ampie” nel conflitto. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha detto che le Nazioni Unite “mobiliteranno tutte le loro capacità per sostenere l’attuazione dell’accordo e massimizzare il suo impatto positivo sulla drammatica situazione umanitaria a Gaza”. In attesa della tregua, la guerra oggi è continuata sul campo. Israele ha fatto sapere che dall’avvio delle ostilità ha distrutto circa 400 tunnel nella Striscia che erano “sotto strutture civili, inclusi edifici residenziali, scuole, ospedali e altri luoghi”. I morti a Gaza – secondo il ministero della Sanità di Hamas che non distingue tra miliziani e civili – sono invece arrivati a 14.532 con 35.000 feriti e 7.000 dispersi.

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Romania, il sindaco di Bucarest filoeuropeo Nicusor Dan al ballottaggio contro George Simion

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Sarà il sindaco di Bucarest filoeuropeo Nicusor Dan lo sfidante del candidato di estrema destra George Simion (nella foto) al ballottaggio delle elezioni presidenziali in Romania, secondo i risultati quasi definitivi del voto di ieri. Con il 99% delle schede scrutinate il leader del partito nazionalista Aur e sostenitore del presidente americano Donald Trump ha ottenuto il 40,5% dei voti e se la vedrà ora nel secondo turno con Dan, balzato al secondo posto con il 20,9% delle preferenze contro il 20,3% del candidato della coalizione di governo Crin Antonescu.

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Houthi, una decina di attacchi Usa sulla capitale yemenita Sanaa

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I ribelli Houthi dello Yemen hanno affermato oggi che una decina di attacchi attribuiti agli Stati Uniti hanno preso di mira la capitale Sanaa e le aree circostanti, in un momento in cui Washington conduce una campagna di bombardamenti quasi quotidiana contro il gruppo armato filoiraniano. Secondo l’agenzia di stampa ribelle Saba, “due attacchi nemici statunitensi hanno preso di mira Arbaeen Street” a Sanaa e “un altro la strada dell’aeroporto”. Saba aveva già segnalato due precedenti attacchi attribuiti ad “aggressione americana” e altri sette raid nei pressi della capitale.

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Trump preannuncia dazi anche contro i film stranieri

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Donald Trump lancia i suoi dazi anche contro l’industria cinematografica straniera a difesa di quella made in Usa. “Autorizzo il Dipartimento del Commercio e il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ad avviare immediatamente il processo per l’istituzione di una tariffa del 100% su tutti i film che arrivano nel nostro Paese e che sono prodotti in paesi stranieri. Vogliamo film realizzati in America, di nuovo!”, ha scritto su Truth.

“L’industria cinematografica americana – sostiene il presidente Usa – sta morendo molto velocemente. Altri Paesi stanno offrendo ogni sorta di incentivi per attirare i nostri registi e studi cinematografici lontano dagli Stati Uniti. Hollywood e molte altre aree degli Stati Uniti sono devastate. Questo è uno sforzo concertato da parte di altre nazioni e, quindi, una minaccia per la sicurezza nazionale. È, oltre a tutto il resto, un messaggio e una propaganda!”.

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