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Cronache

Scandalo sesso alla Scuola per Ispettori della Guardia di Finanza, ne parla il generale Failla

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Il generale Gabriele Failla, comandante della Scuola per ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito (L’Aquila), ha espresso la sua amarezza e determinazione nell’affrontare lo scandalo che ha colpito l’istituto. Quattro ufficiali sono stati coinvolti in gravi episodi di condotta inappropriata, tra cui violenza sessuale e comportamenti offensivi nei confronti delle allieve.

«Quei quattro ufficiali hanno stravolto il rapporto che ci deve essere fra istruttori e allievi. La loro presenza nella nostra Scuola era incompatibile con il mandato che avevano avuto e con i nostri valori», ha dichiarato il generale Failla. La delusione è aumentata quando tre dei capitani, trasferiti dopo l’indagine su un loro collega per violenza sessuale, non si sono fatti avanti per rivelare il contenuto delle chat offensive nei confronti delle allieve, nonostante avessero avuto un mese di tempo per farlo.

Il generale Failla ha agito rapidamente e senza esitazioni. «Abbiamo agito subito, senza imbarazzo e senza voler nascondere nulla. Anche per mostrare a potenziali malintenzionati che per chi sbaglia non c’è scampo», ha affermato. L’impatto della notizia degli abusi è stato forte, ma la risposta dell’istituzione è stata altrettanto decisa.

L’allieva coinvolta nell’episodio di violenza sessuale è rientrata dalla libera uscita il 27 maggio scorso, sconvolta e confusa. Ha subito confidato quanto accaduto a una marescialla istruttrice, e da lì la notizia ha seguito la linea gerarchica fino al generale Failla. Il giorno successivo, l’allieva è stata accompagnata presso gli uffici della Squadra mobile in Questura per sporgere denuncia. Le indagini sono scattate immediatamente, coordinate dalla Procura.

Il capitano indagato ha ammesso di aver invitato l’allieva nella sua abitazione fuori dalla Scuola e di averle anticipato gli argomenti di un esame. Se le accuse verranno confermate, il capitano rischia il posto di lavoro. Per gli altri tre ufficiali, l’accusa di maltrattamenti in famiglia potrebbe segnare indelebilmente la loro carriera.

L’allieva coinvolta è tornata in servizio dopo alcuni giorni di riposo. «Ci teniamo che possa completare il ciclo di studi, anche se siamo attenti al contraccolpo psicologico degli ultimi giorni dopo la pubblicazione della notizia dell’inchiesta», ha dichiarato Failla. L’istituzione sta monitorando attentamente il benessere psicologico dell’allieva per garantirle un ambiente sicuro e di supporto.

Questo episodio ha messo in luce la determinazione della Scuola per ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito a mantenere alti i propri standard etici e professionali. Il generale Failla ha dimostrato che non ci sarà tolleranza per comportamenti inappropriati, assicurando che l’istituzione rimanga un luogo sicuro e rispettoso per tutti gli allievi.

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La madre del 17enne condannato per l’omicidio di Santo Romano: «Non è lui l’autore dei post provocatori»

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Ha deciso di rivolgersi alla polizia postale la madre del 17enne condannato a 18 anni e 8 mesi per l’omicidio di Santo Romano, ucciso nella notte tra l’uno e il due novembre scorsi a San Sebastiano al Vesuvio. Lo fa per chiedere chiarezza su una vicenda che – a suo dire – rischia di danneggiare ulteriormente il figlio.

La denuncia: «Quei post non li ha scritti mio figlio»

«Mio figlio è detenuto ad Airola, non ha accesso ai social e non è stato mai segnalato per l’uso di telefoni cellulari in modo clandestino», spiega la donna, assistita dall’avvocato Luca Raviele. E chiarisce: «Non può essere lui l’autore dei messaggi comparsi in rete dopo la sentenza». Messaggi che – accompagnati da immagini del ragazzo risalenti a mesi fa – contengono frasi provocatorie e offensive, come: «Io 18 anni e 8 mesi me li faccio seduto su un cesso».

Una pioggia di messaggi offensivi

Quei post, circolati in modo virale sui social, hanno fatto riesplodere le tensioni tra i familiari delle due fazioni coinvolte nella tragica vicenda. E la madre del minore condannato prende le distanze: «Non c’entriamo nulla. Né io, né parenti o conoscenti abbiamo scritto o condiviso quei contenuti. Spero che la polizia postale indaghi per risalire ai veri responsabili».

La notte dell’omicidio: una lite per una scarpa sporca

Tutto è iniziato in piazza Capasso, cuore della movida di San Sebastiano. Un banale litigio per una scarpa pestata ha innescato lo scontro tra due gruppi di ragazzi. Dopo un primo alterco, la situazione sembrava rientrata, ma secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – anche grazie a un video – Santo Romano sarebbe tornato indietro rivolgendosi all’auto dove si trovava L.D.M. Un gesto, forse un lancio, e poi il dramma: due colpi di pistola al petto, esplosi dal 17enne. Santo muore sul colpo.

Un processo doloroso e una sentenza pesante

Martedì scorso è arrivata la condanna in primo grado: 18 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio, tentato omicidio e detenzione di arma da fuoco. L’indagine è stata condotta dal pm Ettore La Ragione della Procura per i Minori. Una sentenza che ha alimentato il dolore dei familiari di Santo Romano, un ragazzo di 19 anni, portiere di una squadra di calcio, noto nel suo gruppo per essere sempre un paciere.

Il timore di nuove tensioni

I post emersi nelle ultime ore rischiano di avvelenare ulteriormente il clima. «Non voglio neanche ripetere il contenuto di certi messaggi – spiega la madre del ragazzo – sono offensivi, gratuiti, e danneggiano mio figlio. Non possiamo permettere che a una tragedia come questa si aggiungano nuove ingiustizie». Per questo è stata sporta una formale denuncia contro ignoti: sarà ora compito degli investigatori della polizia postale stabilire chi si nasconde dietro quegli account.

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Orrore in provincia di Parma: accoltella la moglie e si uccide schiantandosi contro un camion

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Erano le nove del mattino quando due bambini, di appena 7 e 10 anni, bussano disperati alla porta di una vicina, chiedendo aiuto: «La mamma è caduta, sta male». Ma non si trattava di una caduta. La scena che si è presentata alla donna era ben diversa: sangue ovunque, e la madre dei due piccoli riversa a terra, in condizioni disperate.

Sette coltellate e una corsa contro il tempo

Poco dopo, i medici del 118 conteranno sette ferite da arma da taglio, di cui una gravissima al torace, vicino al cuore. La donna, Safwa, 47 anni, è stata trasportata d’urgenza all’ospedale Maggiore di Parma, dove è stata ricoverata in rianimazione in prognosi riservata. In serata, le sue condizioni sono state definite stabili. Non è peggiorata, e questo lascia sperare.

La fuga del marito e la morte su strada

Mentre la moglie lottava per la vita, il marito – Dhahri Abdelhakim, 53 anni, tunisino con permesso di soggiorno – fuggiva a bordo della sua Opel. Dopo un chilometro e mezzo, si è schiantato a tutta velocità contro un camion. Le immagini delle telecamere mostrano la manovra: una sbandata volontaria verso il mezzo che arrivava dalla direzione opposta. Abdelhakim è morto sul colpo. I due muratori sul camion sono rimasti feriti in modo non grave.

Una famiglia da poco riunita

La famiglia era arrivata in Italia nel 2023. Lui lavorava in un’azienda della zona da due anni. A San Secondo Parmense era stato poi raggiunto dalla moglie e dai quattro figli: i due piccoli che ieri hanno dato l’allarme, e due ragazze di 14 e 17 anni, che erano a scuola al momento dell’aggressione.

Nessun precedente, nessuna segnalazione

I carabinieri del Nucleo Investigativo di Parma e della Compagnia di Fidenza stanno cercando di fare luce sulle ragioni di questa tragedia. Dai primi accertamenti non risultano precedenti, né segnalazioni alle forze dell’ordine o ai servizi sociali. Nessun campanello d’allarme.

I figli affidati a una comunità protetta

Tutti i figli della coppia, essendo minorenni, sono stati affidati a una comunità protetta, nonostante la presenza di parenti in zona. I più piccoli, secondo quanto emerso, potrebbero non aver assistito all’aggressione. Ai soccorritori hanno parlato solo di una caduta della madre, forse ripetendo ciò che lei stessa ha detto per proteggerli dalla verità.

Il dolore delle figlie maggiori

Nella caserma dei carabinieri, ieri, le due ragazze più grandi sono rimaste in silenzio, strette l’una all’altra. Piangevano, in attesa di notizie dalla rianimazione. Pregano che la madre possa farcela, nella speranza di poter ricominciare una vita segnata da una violenza inaudita.

 

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Riccardo Tisci accusato di aggressione sessuale a New York: la denuncia di un 35enne

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Riccardo Tisci, uno degli stilisti italiani più iconici degli ultimi vent’anni, è stato denunciato per presunta aggressione sessuale. La notizia è stata rivelata per primo dal quotidiano britannico The Independent e poi confermata da testate come People e altri media americani.

La denuncia presentata a fine aprile

Secondo la documentazione legale depositata il 29 aprile presso la Corte Suprema di New York, il 35enne Patrick Cooper ha accusato il designer di averlo drogato e aggredito sessualmente nel giugno 2024. I fatti si sarebbero svolti all’interno di un bar di East Harlem, il «2 Sisters 4 Brothers», dove Tisci avrebbe avvicinato Cooper iniziando una conversazione. Approfittando di un momento di distrazione – sostiene la denuncia – lo stilista avrebbe versato una sostanza stupefacente nel suo drink.

Il racconto del presunto abuso

Cooper afferma che, sotto effetto della sostanza, sarebbe stato condotto contro la sua volontà nell’appartamento di Tisci. Qui si sarebbe consumata l’aggressione sessuale. Il 35enne ha dichiarato di essersi risvegliato nudo accanto al designer, senza alcun ricordo e senza aver dato consenso a rapporti sessuali.

La replica del designer: «Accuse false»

Un portavoce di Riccardo Tisci ha definito le accuse «categoricamente false», aggiungendo che lo stilista è «impaziente di dimostrare la propria innocenza attraverso un giusto processo». Intanto il mondo della moda ha reagito con prudenza, scegliendo la linea del silenzio e confidando nella giustizia.

Una carriera ai vertici della moda internazionale

Riccardo Tisci, 49 anni, nato a Taranto e cresciuto a Como, ha costruito la sua carriera tra Londra e Parigi. Direttore creativo di Givenchy dal 2005 al 2017, ha ridefinito l’identità del brand francese con un’estetica gotica e sensuale. In seguito ha guidato Burberry dal 2018 al 2023, cercando di rinnovare l’immagine del marchio britannico. Attualmente era impegnato in nuovi progetti editoriali e in una collaborazione con un brand lifestyle, in vista di un possibile ritorno sulle passerelle.

Le accuse e il contesto legale

La causa intentata da Patrick Cooper include accuse gravi: aggressione, percosse, sequestro di persona, inflizione di stress emotivo e violazioni del Gender-Motivated Violence Act (Gmva), una legge dello Stato di New York che tutela le vittime di violenze legate al genere anche in assenza di procedimenti penali.

Altri casi nel mondo della moda

Il caso Tisci si inserisce in una scia di accuse simili che hanno travolto negli ultimi anni figure del fashion system. Nel 2020, lo stilista Alexander Wang fu accusato da più persone, chiudendo la vicenda con accordi extragiudiziali. Prima ancora, celebri fotografi come Terry Richardson, Mario Testino, Bruce Weber e Patrick Demarchelier sono finiti sotto accusa per reati simili.

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