Collegati con noi

Sport

Sanchez all’ultimo respiro contro una buona Juventus, la Supercoppa all’Inter

Pubblicato

del

Il passaggio di consegne e’ idealmente concluso. Dopo lo scudetto, l’Inter si porta a casa anche la Supercoppa italiana, sconfiggendo ai supplementari proprio chi, come la Juventus, negli ultimi anni ha fatto incetta di trofei. A San Siro fanno festa i nerazzurri di Simone Inzaghi, che si conferma uomo da Supercoppa con il terzo successo in tre finali e regala al presidente Steven Zhang la seconda coppa dell’era Suninbg, in una sfida decisa all’ultimo respiro, grazie a una zampata di Sanchez quanto ormai tutti si stavano preparando ai rigori. Una vittoria in rimonta per l’Inter, capace di ribaltare la partita dopo l’iniziale vantaggio bianconero firmato McKennie grazie a un rigore di Lautaro e al colpo da campione dell’attacante cileno. La Juve lotta con le unghie e con i denti, dovendo fare i conti anche con le tante assenze, soffre, ma tiene fino all’ultimo, quando viene punita dalla lunghezza della panchina avversaria. Nel freddo del Meazza, l’Interparte forte, provando fin dai primi minuti a gestire la partita per provare a tenere la Juve nella propria meta’ campo. Idea che funziona in avvio, creando anche alcuni pericoli, prima con un colpo di testa di Dzeko alto e poi con Lautaro che svirgola da buona posizione.

La sfida cambia su un contatto in area tra Barella e Chiellini per il quale i nerazzurri chiedono il calcio di rigore, ma su cui ne’ Doveri ne’ il Var decidono di intervenire. Un episodio che agita gli uomini di Inzaghi, che perdono le misure, sbagliano troppo e abbassano eccessivamente il ritmo, lasciando spazio ai bianconeri, che non se lo fanno ripetere troppe volte. A sbloccare il risultato ci pensa McKennie, colpevolmente lasciato indisturbato di colpire di testa in mezzo all’area su cross di Morata. E la Juve non frena, con Kulusevski che subito dopo il vantaggio dal limite impegna Handanovic col mancino. Proprio lo svedese e’ la mossa che ingabbia la manovra interista, grazie alla sua marcatura quasi a uomo su Brozovic in fase di non possesso. Per svegliarsi dal torpore ai nerazzurri servono due tentativi dalla distanza di Calhanoglu. Innocui per la porta difesa da Perin. Serve un’ingenuita’ di De Sciglio per riportare in equilibrio la sfida, con il terzino bianconero che stende Dzeko in area: dal dischetto Lautaro non sbaglia e pareggia. L’Inter cosi’ riprende in mano il controllo della sfida dal punto di vista del possesso palla, torna a spingere tanto da portare Rabiot a sfiorare l’autogol di testa.

E nel finale i nerazzurri recriminano, ancora, per un contrasto in area Bastoni-Kulusevski, ma anche in questa occasione Doveri e Var lasciano correre. La ripresa si apre invece con Bernardeschi protagonista. L’esterno azzurro prova a trascinare i suoi e con due conclusioni mancine sfiora il nuovo vantaggio. Un paio di lampi a cui l’Inter risponde con una zuccata di Dumfries su cui Perin si salva con l’aiuto del palo e della traversa. I nerazzurri riprendono il controllo del possesso palla, ci provano anche Lautaro e Perisic, ma il portiere bianconero fa buona guardia. Non basta per sbloccare la parita’, cosi’ i due allenatori pescano dalla panchina alla ricerca di forze fresche soprattutto in fase offensiva: Allegri per risvegliare i suoi getta nella mischia Dybala, mentre Inzaghi si gioca le carte Sanchez e Correa.

Poi tocca ai vari Arthur, Kean e Vidal, ma l’equilibrio resta tale fino al 90′, con l’Interche prova a fare la partita e la Juve che ha il merito di rimanere aggrappata al match. Si va cosi’ ai supplementari, aperti da un colpo di testa su corner di Sanchez che, tutto solo in mezzo all’area, non trova la porta. Quando tutti, ormai, aspettano i rigori, pero’, ci pensa Sanchez: stop di petto e tocco a superare Perin. San Siro esplode.

Advertisement

Sport

Napoli, una sinfonia perfetta verso il tricolore: Di Lorenzo, Rrahmani e Lukaku suonano all’unisono

Pubblicato

del

Un’intesa perfetta dentro e fuori dal campo, una coralità di dichiarazioni che racconta lo spirito con cui il Napoli si sta avvicinando alle ultime tre tappe decisive verso lo scudetto. La capolista mantiene nervi saldi e piedi ben piantati a terra, forte di un gruppo unito che parla una sola lingua: quella del lavoro, della concentrazione e dell’equilibrio.

La difesa è il vero punto di forza

Il successo di misura a Lecce porta in dote la quarta partita consecutiva senza subire gol e la diciassettesima in stagione. Merito anche di Amir Rrahmani, pilastro difensivo del Napoli e stakanovista silenzioso: «È stata una gara difficile, ma abbiamo tenuto botta. Tutto parte dal lavoro degli attaccanti, quando pressano bene diventa più facile per noi dietro».

Una solidità difensiva da record, con soli 25 gol subiti: il miglior dato tra i top 5 campionati europei. Numeri che spiegano il primato.

Di Lorenzo: «Siamo mentalizzati, ma serve ancora attenzione»

Il capitano Giovanni Di Lorenzo invita tutti a non abbassare la guardia: «Vittoria pesante, ma non decisiva. Mancano tre gare e dobbiamo restare concentrati. Ci siamo guadagnati tutto sul campo e dipendiamo da noi stessi».

Il leader azzurro sottolinea la trasformazione di questa squadra: «Ripensando a come avevamo chiuso la scorsa stagione, è incredibile essere in testa. Dal ritiro di luglio abbiamo fatto tanti sacrifici. Ora serve massima concentrazione».

Lukaku: «Come diceva Kobe, il lavoro non è finito»

Il centravanti Romelu Lukaku, alla sua 130ª partita con Conte, si è visto annullare un gol per fuorigioco millimetrico, ma non perde l’ironia: «Colpa del mio 48,5 di piede».

Poi torna serio: «Dobbiamo restare concentrati, abbiamo tre punti di vantaggio ma non possiamo rilassarci. Come diceva Kobe Bryant, il lavoro non è ancora finito».

Sull’intesa con Raspadori e McTominay: «Stiamo trovando i giusti equilibri. Mettiamo sempre in difficoltà le difese».

E sulla Champions, un pensiero all’Inter: «Auguro loro il meglio, ma noi dobbiamo pensare solo al nostro cammino».

Continua a leggere

In Evidenza

Sinner torna a Roma da numero uno: il Foro Italico si prepara a una giornata storica

Pubblicato

del

Dopo tre mesi di assenza e la squalifica scaduta, Jannik Sinner fa il suo ritorno agli Internazionali d’Italia: atteso il primo allenamento sul Centrale. Con lui anche Musetti: sei anni dopo la loro semifinale da giovanissimi, tornano entrambi nella top 10 mondiale

L’attesa è finita: domani il Foro Italico si stringerà attorno a Jannik Sinner, che alle 19 scenderà in campo per il suo primo allenamento ufficiale agli Internazionali d’Italia da nuovo numero uno del mondo, tre mesi dopo l’ultima apparizione nel circuito. L’evento sarà aperto ai 10.500 spettatori titolari dei biglietti “ground” e promette il tutto esaurito.

Una giornata evento: dal volo a Roma al primo allenamento sul Centrale

Sinner è atterrato oggi a Roma con un volo da Nizza. In programma: pranzo leggero in hotel, breve riposo e una sgambata privata, prima dell’accredito ufficiale, simbolo del suo rientro da tennista “libero”. Alle 16 la conferenza stampa, quindi alle 18 la doppia celebrazione della Coppa Davis e della Billie Jean King Cup sul Centrale con gli altri azzurri, e infine l’allenamento. Un rientro in grande stile, curato nei minimi dettagli dalla security del torneo, che ha pianificato percorsi e accessi da oltre due mesi.

Sei anni dopo: da ragazzi sconosciuti a top 10 del tennis mondiale

Nella celebrazione degli azzurri Sinner ritroverà Lorenzo Musetti, fresco di semifinale a Madrid e per la prima volta tra i top 10 del ranking. I due si affrontavano il 9 maggio 2019 nella semifinale delle pre-qualificazioni proprio al Foro Italico: erano i numeri 262 e 453 del mondo. Jannik vinse in rimonta e si guadagnò una wild card per il tabellone principale, diventando il più giovane italiano a vincere un match in un Masters 1000.

Da allora le loro carriere si sono rincorse: razionale e solitario Sinner, passato da Piatti a Vagnozzi e Cahill; emotivo e leale Musetti, sempre al fianco del coach Simone Tartarini. Il derby di Roma 2019 è stato il primo di una serie di sfide (Anversa 2021, Montecarlo 2023) vinte tutte da Jannik. Ma Lorenzo rivendica la sua identità: «Sinner è un esempio, ma io devo fare la mia strada».

Un’Italia da superpotenza tennistica

Con dieci italiani nei primi 101 del ranking ATP, il tennis azzurro vive un momento d’oro. Sinner vuole riprendere la centralità che gli spetta, mentre Musetti è chiamato a confermare la crescita. La tensione è alta, e il sorteggio di domani alla Fontana di Trevi potrebbe già anticipare un altro possibile derby.

Tutto cominciò sei anni fa. Ora, sul rosso di casa, i due simboli del tennis italiano tornano a splendere insieme.

Continua a leggere

Politica

Gianni Petrucci: “Non mi candido, ma il Coni ha bisogno di cambiare rotta”

Pubblicato

del

L’ex presidente del Coni rompe gli indugi in un’intervista al Corriere della Sera: “Serve più dialogo con la politica e meno autoreferenzialità. E vi dico chi dovrebbe entrare in Giunta”

A un mese esatto dalla chiusura delle candidature per la successione a Giovanni Malagò alla presidenza del Coni, Gianni Petrucci, storico numero uno dello sport italiano per 14 anni e attuale presidente della Federbasket, rompe il silenzio e interviene nel dibattito con la sua consueta schiettezza.

“Non mi candido, ma voglio dire la mia”

«Non mi interessa la presidenza, né un ruolo di vice, né la Giunta. Ho già dato. Sono uno spirito libero e posso permettermi di dire quello che penso e che provo», chiarisce subito Petrucci. Una risposta definitiva? «Sì, soprattutto se le cose vanno avanti come stanno andando: male».

“Rapporto col governo da ricostruire”

Petrucci denuncia una classe dirigente sportiva troppo autoreferenziale e in contrasto permanente con la politica: «Il Coni non è più quello di una volta. Ora la cassa la tiene lo Stato, e con lo Stato bisogna dialogare. Soprattutto le piccole e medie federazioni, che vivono di contributi pubblici».

Contesta anche i trionfalismi: «Non sono i dirigenti a vincere medaglie, ma atleti, tecnici, società e lo Stato che li finanzia. Dobbiamo essere meno presuntuosi e capire che la nostra autonomia è di secondo grado».

“Il prossimo presidente? Serve discontinuità”

Chi si candiderà dovrà “ripassare Einstein”, dice ironico: «Bisogna cambiare quando necessario. Basta guerre con la politica. Serve autorevolezza e pesi massimi in Giunta».

E qui Petrucci fa nomi e cognomi: «Gravina o Marotta vicepresidente, e in Giunta Binaghi e Barelli, dirigenti di federazioni che funzionano. Come puoi pensare a un Coni forte senza di loro?».

“Buonfiglio? Ha coraggio, ma serve un altro profilo”

Senza citarlo apertamente, Petrucci mette in discussione la candidatura di Luciano Buonfiglio, presidente della Canoa e sponsorizzato da Malagò: «Conosco il curriculum degli ex presidenti del Coni in rapporto al suo. Se ha i voti, buon per lui. Ma il concetto che il presidente debba essere “uno dei nostri” è provinciale. Dobbiamo aprirci».

“Abodi? Servono impianti. E un piano quadriennale”

Al ministro dello Sport Petrucci chiede «un programma chiaro e aiuti per gli impianti, che sono in condizioni disastrose». E su Diana Bianchedi taglia corto: «Mi sembra già dimenticata». Su Luca Pancalli: «Ci sono rimasto male quando non ci ha dato i paralimpici, ma vedremo il programma».

“Malagò promosso sul piano umano, ma…”

Il giudizio su Malagò è diplomatico: «Promosso per il rapporto umano e per la sua conoscenza dello sport, ma sul piano politico mi astengo». E chiude con una battuta sul padre del presidente uscente: «Un grandissimo dirigente sportivo. Da lui ho comprato un’auto nuova, non usata».

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto