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Cronache

Roma mafiosa e corrotta, lo dicono i giudici di appello con pene ridotte per Buzzi e Carminati

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Come non detto. Mafia Capitale c’è, perché in Appello è stato ribaltato il verdetto di primo grado che riconobbe nell’associazione criminale che attraverso le cooperative romane gestiva l’emergenza migranti e altri affari opachi l’aggravante di commettere reati avvalendosi del vincolo mafioso e della forza di intimidazione tipica delle organizzazioni mafiose. In pratica la Corte d’Appello ha ripristinato l’impianto accusatorio della Procura di Roma che vedeva nell’ex Nar Massimo Carminati , nel “ras” delle coop romane Salvatore Buzzi e in altri, un gruppo mafioso a tutti gli effetti.

Processo Mafia Capitale. Torna l’associazione mafiosa ma pene ridotte agli imputati

I giudici della III sezione penale di Appello, presieduta da Claudio Tortora, hanno alla Procura di Giuseppe Pignatone riconoscendo per 18 dei 43 imputati l’accusa di 416 bis, di concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici di appello hanno ritenuto che quella portata alla sbarra dalla procura è  un’unica associazione a delinquere mafiosa decapitata con gli arresti del dicembre 2014.
Nella Capitale, dicono i giudici, esisteva una mafia – molto più ridimensionata rispetto alle tradizionali associazione come Cosa Nostra o camorra – ma con una forza di intimidazione tale da generare omertà e paura.
Le pene inflitte in appello, però, sono state riviste al ribasso. Anche questa scelta ha una sua spiegazione. i giudici considerando cessata l’associazione nel momento in cui Massimo Carminati e gli altri sono finiti in galera, hanno applicato la vecchia normativa penale.
E così l ex Nar è stato condannato a 14 anni e 6 mesi di reclusione; il suo braccio destro, Riccardo Brugia , dedito alla riscossione dei crediti, a 11 anni e 4 mesi. La pena più alta è stata inflitta a Salvatore Buzzi , l’ex patron della cooperativa romana “29 giugno”,  che si sedeva ai tavoli delle cene di finanziamento del Pd ma che parlava anche con la destra. Lui ha subito una condannato a 18 anni e 4 mesi.
E poi c’è la politica, con Luca Gramazio , ex consigliere regionale Pdl, che dopo aver ottenuto i domiciliari, ieri è stato condannato a 8 anni e 8 mesi anche per concorso esterno in associazione mafiosa.
Concorso esterno riconosciuto anche per Franco Panzironi , ex amministratore delegato della municipalizzata romana Ama, condannato a 8 anni e 7 mesi.
Poi ci sono coloro che non rientrano nell’ associazione mafiosa: sono stati condannati a vario titolo per reati di corruzione e turbativa d’asta. Tra questi l’ex presidente dell’ assemblea Capitolina, Mirko Coratti (4 anni e 6 mesi) e gli ex consiglieri comunali Pierpaolo Pedetti del Pd (3 anni e 2 mesi) e Giordano Tredicine del Pdl (2 anni e 6 mesi).
La sentenza di ieri ha ribaltato completamente quanto deciso dai giudici di primo che avevano tracciato nella loro sentenza l’esistenza non di una ma di due singole associazioni “semplici”, “due mondi”, quello di Carminati dedito all’usura e all’estorsione e quello di Buzzi agli appalti pubblici. Era una Roma corrotta quella che si raccontava nelle 3.200 pagine di motivazioni di primo grado, ma non mafiosa. Una visione superata ieri: il “mondo di sopra” e quello di “sotto” tornano a parlarsi. L’anello di congiunzione sono i comportamenti mafiosi, i vincoli e l’assoggettamento mafioso dei partecipanti alla organizzazione.
Ora si aprono subito due scenari, in vista ovviamente del ricorso in Cassazione. La Procura generale potrebbe chiedere di ripristinare il 41 bis (il carcere duro) per Buzzi e Carminati, come pure potrebbe chiedere di far rientrare in carcere chi è ai domiciliari.
In sei invece possono tirare un sospiro di sollievo. L’imprenditore Giuseppe Ietto che gestiva, prima dell’inchiesta, alcuni bar nelle sedi della Rai: è stato assolto per non aver commesso il fatto. Stessa sentenza per l’imprenditore Daniele Pulcini. Assolta anche, ma perché il fatto non costituisce reato Nadia Cerrito, ex segretaria di Buzzi.
Per Luca Odevaine, ex componente del tavolo per i migranti del Viminale, è stato accolto un patteggiamento a 5 anni e 2 mesi. Alla lettura della sentenza c’era anche la sindaco Virginia Raggi, Roma è parte lesa in questo processo. !La sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma” ha detto la sindaca

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Neonati sepolti, Chiara Petrolini a giudizio il 30 giugno

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Non avrà ancora compiuto 22 anni e non saranno ancora trascorsi 12 mesi da quando i suoi due figli neonati sono stati trovati morti sotto terra quando Chiara Petrolini si troverà per la prima volta davanti alla Corte di assise. L’udienza è fissata per il 30 giugno: lo ha deciso la Gup Gabriella Orsi, rinviando a giudizio la giovane di Traversetolo (Parma) per tutti i reati contestati dalla Procura, duplice omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla discendenza e soppressione dei due cadaveri. L’esito dell’udienza preliminare era prevedibile e non ci sono state sorprese.

“L’assise è la sede naturale per questo processo”, ha sintetizzato, commentando con i giornalisti l’avvocato Monica Moschioni che assiste l’ex fidanzato di Chiara, Samuel Granelli, costituito parte civile così come i suoi genitori, mentre è stata esclusa l’associazione ‘La Caramella Buona’: la difesa dei diritti dei neonati non è nello statuto, ha detto la giudice.

La seconda e ultima giornata di udienza è durata circa quattro ore. Come una settimana fa l’imputata, ai domiciliari da settembre, è arrivata al palazzo di giustizia di Parma con un’auto delle forze dell’ordine, insieme al suo difensore, avvocato Nicola Tria, entrando da un ingresso laterale. Lo stesso ha fatto l’ex fidanzato, evitando il contatto diretto con giornalisti, fotografi e telecamere. In udienza, a porte chiuse, la difesa ha chiesto la riqualificazione dei fatti nel meno grave reato di infanticidio e l’esclusione della premeditazione, ma il giudice ha accolto l’impostazione della Procura, presente con il procuratore Alfonso D’Avino e con la pm Francesca Arienti, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo. Ma soprattutto la difesa avrebbe parlato del tema dell’incapacità di intendere e di volere della ragazza, la cui valutazione sarà uno degli elementi portanti del dibattimento.

L’avvocato Tria aveva già depositato una consulenza tecnica psichiatrica che concludeva per una piena incapacità di Chiara ed è probabile che sarà chiesta una perizia in tal senso ai giudici dell’assise, mentre l’accusa è convinta del contrario e ha già presentato analisi e elaborati specialistici per sostenerlo. L’idea degli inquirenti è che la lucidità dimostrata dalla ragazza nel portare avanti, per due volte, gravidanze all’insaputa di tutti, partorendo da sola in casa, provocando la morte dei figli, sepolti entrambi in giardino, sia poco compatibile con il vizio di mente. Il primo parto è del 12 maggio 2023, il secondo del 7 agosto 2024. I resti del secondo figlio sono stati trovati per caso un paio di giorni dopo, quando Chiara e la famiglia erano in vacanza negli Stati Uniti. Da lì sono scattate le indagini che hanno portato al ritrovamento del cadavere del primogenito, qualche settimana dopo.

Secondo la Procura la 21enne avrebbe assassinato entrambi tagliando loro il cordone ombelicale. I carabinieri hanno accertato che ha fatto tutto da sola e i genitori, inizialmente indagati per una presunta complicità, sono stati definitivamente archiviati. Il processo dunque prenderà il via tra circa un mese e nel frattempo potrebbe essere fissata una nuova udienza al tribunale del Riesame di Bologna, che deve decidere sulla richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dalla Procura, dopo il rinvio della Cassazione. Seppur rilevando una “elevatissima capacità mistificatoria ed una non comune determinazione criminale” per i supremi giudici i fatti “si sono svolti” in “condizioni non più presenti né ripetibili”. E per questo Chiara rimane ai domiciliari nella villetta dove tutto è successo.

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La Procura, Visintin aggredì e soffocò Liliana Resinovich

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“Visintin aggredì e soffocò Liliana Resinovich”. Questa la tesi della Procura di Trieste anticipata da Il Piccolo. La ricostruzione del pubblico ministero Iozzi, è contenuta in una richiesta di incidente probatorio a carico di Sterpin. Per l’accusa Liliana fu uccisa dal marito “nel parco dell’ex ospedale psichiatrico”.

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Cassazione conferma riduzione condanne per clan in Lombardia

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La Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Milano che, nel luglio 2024, aveva ridotto le condanne del processo al clan della ‘ndrangheta dei Maiolo-Manno che, stando alle indagini, avrebbe anche fornito appoggio nel 2021 ad un candidato sindaco, non eletto, del centrodestra a Pioltello, nel Milanese. La riduzione era dovuta all’applicazione della “continuazione” delle pene con altre condanne, soprattutto quelle dell’ormai storico procedimento “Infinito” contro le cosche in Lombardia del 2010.

La Procura generale aveva impugnato questa decisione dei giudici milanesi, ma la Suprema Corte ha confermato la sentenza a carico di Cosimo Maiolo e Salvatore Maiolo. In particolare, era stata applicata una pena finale di 17 anni e 4 mesi, in continuazione con gli 11 anni e 4 mesi del processo “Infinito”, a Cosimo Maiolo, difeso dall’avvocato Mirko Perlino e, stando alle indagini, presunto boss della “locale” di Pioltello. In primo grado, invece, in abbreviato, solo per l’ultimo processo, era stato condannato a 12 anni e 8 mesi. Ad uno dei figli di Cosimo, Salvatore Maiolo, la pena finale, sempre in continuazione col processo “Infinito” e con un altro per sequestro di persona, era stata portata a poco più di 13 anni ed è stata confermata.

Per un altro imputato, infine, Antonio Maiolo la Cassazione ha disposto un processo d’appello bis per una nuova valutazione. Per le difese, come chiarito, è importante che sia diventato definitivo il riconoscimento della “continuazione” tra le due contestazioni di associazione mafiosa: l’ultima dell’inchiesta che aveva portato ad arresti nel 2022 e quella al centro del blitz di 15 anni fa.

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