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Guerra Ucraina

Riparte il Nord Stream, ripresa parziale del gas russo

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“Nessun ricatto”, nelle rassicurazioni del Cremlino. Ma per i governi europei si tratta solo di tattica. E’ l’alba quando i rubinetti del Nord Stream 1 si riaprono e, dopo una manutenzione lunga dieci giorni, riportano i flussi di gas dalla Russia ai livelli precedenti del 40%. Scacciando, per il momento, il rischio temuto dall’Europa di rimanere a secco nell’immediato. Ma lo spettro dello stop totale continua ad aleggiare e, nel frattempo, il piano d’emergenza per i razionamenti messo a punto dalla Commissione europea spacca l’Europa, con il fronte del Mediterraneo – Italia compresa – che promette battaglia al tavolo degli ambasciatori gia’ domani. Alle 7 di giovedi’, ora di Mosca, il Nord Stream 1 ha ricominciato a far sgorgare gas da Vyborg, nell’oblast di Leningrado, giu’ fino alla Germania attraversando il Mar Baltico, facendo calare i prezzi intorno ai 145 euro a megawattora, prima di un nuovo rialzo a 155 euro. Il cambiamento del flusso ha portato all’Italia – nelle cifre registrate da Eni – un aumento nella consegna di volumi del 71%, con circa 36 milioni di metri cubi a fronte dei 21 milioni dei giorni precedenti. A dimostrazione, ha attaccato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, che Gazprom e’ pronta a rispettare tutti gli impegni presi. E, ha rilanciato Peskov, che i “problemi tecnici” con i flussi di gas sono causati dalle sanzioni imposte dall’Ue, ora sempre piu’ ingenti con l’ufficializzazione dello stop anche all’oro russo. Poi l’avvertimento: se l’Occidente non dara’ garanzie tecniche e legali sulla turbina restituita dal Canada per il funzionamento del gasdotto, i flussi potrebbero ridursi al 20% gia’ dalla prossima settimana. Avvicinando l’Ue a un’interruzione che, e’ tornata a ribadire la presidente della Bce Christine Lagarde, porterebbe a “un significativo rischio di rallentamento dell’economia”. Mantenere i flussi bassi potrebbe essere, secondo gli analisti a Bruxelles, un’idea migliore per Mosca rispetto al cut-off totale perche’ smorza la determinazione dell’Europa a ridurre la domanda. Ed e’ una tattica che, ha evidenziato il ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck, mette in luce come la Russia usi “il suo potere per ricattare l’Europa e la Germania” e si dimostri “ogni giorno come un fornitore non affidabile”. Ma la proposta della Commissione europea di tagliare i consumi del 15% in caso di allerta energetica trova diverse capitali in rivolta. Senza contare la nuova grana portata dalla dissidente Ungheria che, in un blitz a Mosca del ministro degli Esteri Peter Szijjarto, ha annunciato l’acquisto di 700 milioni di metri cubi di gas metano russo in piu’ attraverso il gasdotto via Turchia, Bulgaria e Serbia. All’indomani dell’annuncio del piano Ue in una manciata di ore sono arrivati, uno dietro l’altro, i primi “no” ufficiali di Spagna, Portogallo e Grecia, che trovano il piano insostenibile, iniquo e, in alcuni casi, miope. I tanti dubbi sulla proposta di regolamento si estendono anche a Italia, Olanda e Irlanda e vanno dalla previsione del target del 15% obbligatorio per tutti (vista da alcuni come una proposta troppo filo-tedesca), al meccanismo che permette alla Commissione di ‘chiamare’ lo stato di allerta e che diverse capitali vorrebbero invece fosse a capo del Consiglio Ue, e quindi nelle loro stesse mani. Chi invece ha gia’ sposato le richieste di Bruxelles e’ Berlino, che ha annunciato un nuovo ampio pacchetto per il risparmio dell’energia in tutto il Paese, fatto di requisiti piu’ stringenti per il riempimento degli stock, l’attivazione della riserva di carbone, e diverse misure di risparmio energetico negli edifici, negli spazi pubblici e negli uffici. Il piano Ue sara’ sul tavolo di due riunioni degli ambasciatori dei 27 (Coreper) domani e lunedi’. Lo scontro si preannuncia duro. Poi il compito di trovare la maggioranza qualificata necessaria sara’, martedi’, nelle mani dei ministri dell’Energia dei Ventisette.

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Esteri

Kiev: grati per firma accordo con gli Usa, favorirà entrambi

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“Sono grata a tutti coloro che hanno lavorato per l’accordo e lo hanno reso più significativo. Ora il documento è tale da garantire il successo per entrambi i nostri Paesi, Ucraina e Stati Uniti”: così la vicepremier ucraina Yulia Svyrydenko ha commentato le intese siglate tra Kiev e Washington, secondo quanto riferito dai media ucraini. “Il 30 aprile, Ucraina e Stati Uniti hanno firmato un accordo sui minerali, atteso da tempo, che istituisce un fondo di investimento congiunto in Ucraina”, ha annunciato Svyrydenko, che oggi era a Washington per firmare l’accordo quadro a nome dell’Ucraina. Ha firmato il documento insieme al Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent (nella foto in evidenza).

Poco prima della firma dell’accordo a Washington il premier ucraino Denys Shmyhal aveva annunciato il via libera del suo governo, precisando che il Fondo di Investimento per la Ricostruzione sarà gestito congiuntamente da Kiev e Washington in un partenariato paritario, con entrambe le parti che contribuiranno al fondo. Secondo Shmyhal, i futuri aiuti militari degli Stati Uniti possono essere considerati contributi al fondo, ma l’assistenza precedente non è inclusa.

“L’accordo – ha precisato – non prevede alcun obbligo di debito”, ha affermato Shmyhal, e l’Ucraina manterrà “il pieno controllo sul sottosuolo, sulle infrastrutture e sulle risorse naturali”, ha affermato. L’istituzione del fondo non interferirà, inoltre, con il percorso dell’Ucraina verso l’adesione all’Unione Europea.

Svyrydenko ha confermato queste clausole in un post sui social media, aggiungendo che le aziende statali ucraine come Energoatom e Ukrnafta manterranno la proprietà statale e che l’accordo è conforme alla Costituzione ucraina. Il fondo sarà alimentato esclusivamente dai proventi derivanti dalle licenze di nuova emissione: “Stiamo parlando del 50% dei fondi provenienti dalle nuove licenze per progetti nel campo dei minerali critici, del petrolio e del gas che andranno a bilancio dopo la creazione del Fondo”, ha scritto.

“I proventi derivanti da progetti già avviati o i proventi a bilancio non sono inclusi nel Fondo. L’accordo prevede un’ulteriore cooperazione strategica”. Le entrate e i contributi del fondo non saranno tassati né in Ucraina né negli Stati Uniti, ha aggiunto. Come parte dell’accordo, gli Stati Uniti contribuiranno ad attrarre ulteriori investimenti e tecnologie in Ucraina, ha affermato Svyrydenko.

Secondo il Washington Post (Wp), l’accordo non fornisce garanzie concrete di sicurezza all’Ucraina. Esso sancisce invece un “allineamento strategico a lungo termine” tra le due nazioni e promette agli Stati Uniti “il sostegno alla sicurezza, alla prosperità, alla ricostruzione e all’integrazione dell’Ucraina nel contesto economico globale”.

L’accordo non include, inoltre, alcun riferimento alla centrale nucleare di Zaporizhzhia (ZNPP) occupata dai russi, riporta il Wp. Funzionari statunitensi avevano precedentemente suggerito di assumere il controllo dell’impianto nell’ambito di un futuro accordo di pace. L’accordo quadro Usa-Ucraina dovrà ora essere sottoposto al vaglio del parlamento di Kiev.

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Esteri

Ucraina: droni russi su Odessa, due morti e cinque feriti

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Due persone sono state uccise e altre cinque sono rimaste ferite in un attacco di droni russi contro una zona residenziale a Odessa, nell’Ucraina meridionale. Lo ha annunciato il governatore della regione su Telegram. Contemporaneamente, si sono udite delle esplosioni in un quartiere della città di Sumy e sono scattati gli allarmi antiaerei, nelle regioni di Kiev, Kharkiv, Chernihiv, Sumy, Donetsk, Dnipropetrovsk e Zaporizhia.

A Odessa, “l’attacco nemico ha danneggiato edifici residenziali, case, un supermercato, una scuola e automobili. Sono scoppiati incendi. Due persone sono state uccise dall’attacco e altre cinque sono rimaste ferite”, ha scritto il governatore locale Oleg Kiper sul suo account Telegram. Questo ultimo attacco da parte di Mosca avviene mentre Stati Uniti e l’Ucraina annunciano la firma di un ampio accordo economico, che istituisce un fondo di investimento per la ricostruzione del paese devastato dalla guerra e garantisce all’amministrazione di Donald Trump l’accesso alle risorse naturali ucraine. Allo stesso tempo, sono in corso molteplici negoziati diplomatici internazionali per trovare una soluzione al conflitto, a più di tre anni dall’invasione russa dell’Ucraina.

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Esteri

Viktoriia Roshchyna, morta in carcere russo la giornalista ucraina: il corpo restituito con segni di tortura

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Il 14 febbraio scorso, la Russia ha restituito all’Ucraina il corpo di Viktoriia Roshchyna, giovane giornalista freelance ucraina scomparsa nell’agosto 2023 mentre documentava i crimini nei territori occupati nel sud-est del Paese. La restituzione è avvenuta nell’ambito di uno scambio di salme, ma la condizione del corpo ha subito destato allarme.

Segni di tortura e lesioni inflitte in vita

Secondo le indagini della Procura generale ucraina, rese note da Ukrainska Pravda, il corpo di Roshchyna era in avanzato stato di decomposizione e mostrava chiari segni di tortura: abrasioni, contusioni diffuse, una costola rotta, ferite al collo e probabili scosse elettriche ai piedi. Il capo del Dipartimento della Guerra della procura, Yurii Bielousov, ha confermato che le lesioni “sono state inflitte mentre era ancora in vita”.

Organismi interni mancanti e sospetti di occultamento

La conferma dell’identità è avvenuta tramite test del DNA con una corrispondenza del 99%, ma il padre della reporter ha chiesto ulteriori accertamenti, viste le condizioni del corpo. L’autopsia ha rivelato l’assenza di diversi organi interni, tra cui cervello, bulbi oculari e parte della trachea. Un medico legale internazionale ha ipotizzato che questo possa essere stato un tentativo di occultare prove di strangolamento o soffocamento.

Detenzione illegale e isolamento totale

Roshchyna, 27 anni, è la prima giornalista ucraina confermata morta in un carcere russo. Era stata detenuta senza accuse formali nel carcere Sizo-2 di Taganrog, uno dei centri dove la Russia trattiene civili ucraini in condizioni denunciate da diverse organizzazioni internazionali. Non le sarebbe stata consentita alcuna comunicazione con l’esterno.

Tajani: “Putin bluffa, ma la pace è possibile entro il 2025”

Mentre la vicenda scuote l’opinione pubblica internazionale, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, parlando dal congresso del Partito Popolare Europeo a Valencia, si è detto convinto che entro il 2025 la guerra finirà.

Secondo Tajani, la proposta di tregua avanzata da Vladimir Putin è “un bluff, come quella di Pasqua”, ma l’Italia è pronta a sostenere la pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il governo italiano sta organizzando una conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina a Roma, preceduta da incontri a Bruxelles e Verona. «Tocca a Putin fare il primo passo», ha dichiarato il ministro, auspicando un coinvolgimento diretto di Europa e Stati Uniti nel processo negoziale.

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