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Corona Virus

Reparti sotto la soglia, incidenza Covid scende a 433 positivi ogni 100mila abitanti

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Per la prima volta dallo scorso dicembre il tasso di occupazione dei posti letto per pazienti Covid nei reparti di area medica scende sotto la soglia di allerta fissata al 15%, stabilizzandosi al 14,7%, ed anche il tasso di occupazione delle terapie intensive continua a diminuire cosi’ come l’incidenza che si fissa, a livello nazionale, a 433 casi di Covid-19 per 100mila abitanti. I dati arrivano dal monitoraggio settimanale Iss-ministero della Salute che evidenzia, sottolinea il direttore della Prevenzione Gianni Rezza, come la situazione epidemiologica sembri tendere ad un “deciso miglioramento, anche se la circolazione del virus nel nostro Paese resta ancora piuttosto elevata”. E proprio alla luce dei dati della Cabina di Regia, Abruzzo, Piemonte e Provincia autonoma di Trento passano in area bianca. Il cambio di colori scattera’ da lunedi’ 7 marzo. Su base giornaliera, invece, i dati del bollettino del ministero della Salute segnalano 38.095 nuovi contagi nelle ultime 24 ore (ieri erano stati 41.500). Le vittime sono 210 (ieri erano state 185). Il tasso di positivita’ e’ al 9,8%, stabile rispetto al 9,6% di ieri. Sono invece 625 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, 29 in meno rispetto a ieri, ed i ricoverati nei reparti ordinari sono 9.297 (ieri 9.599), ovvero 302 in meno rispetto a ieri. Sempre il monitoraggio settimanale evidenzia inoltre che nel periodo 9-22 febbraio l’indice di trasmissibilita’ Rt medio calcolato sui casi sintomatici e’ stato pari a 0,75, al di sotto della soglia epidemica. E continua a migliorare la situazione degli ospedali: il tasso di occupazione nei reparti di aree mediche a livello nazionale e’ infatti al 14,7% rispetto al 18,5% della settimana precedente. Scende, quindi, sotto la soglia di allerta del 15%, ed e’ la prima volta che cio’ accade dallo scorso 23 dicembre. Il tasso di occupazione in terapia intensiva scende invece al 6,6% rispetto all’8,4% della scorsa settimana. Tuttavia, sono ancora dieci le Regioni e Province autonome che superano la soglia del 15% nei reparti di area medica, mentre solo una Regione, la Sardegna, supera la soglia di allerta del 10% per le terapie intensive. Un quadro complessivamente in miglioramento, quello fotografato dal monitoraggio settimanale, nel quale tutte le Regioni sono classificate a rischio basso. La situazione epidemiologica sembra dunque tendere ad un “deciso miglioramento anche se la circolazione del virus – spiega Rezza – resta ancora piuttosto elevata. Quindi e’ bene mantenere dei comportamenti prudenti e completare il ciclo vaccinale con la dose di richiamo”. L’Rt a 0,75, rileva inoltre, e’ “ben al di sotto dell’unita’, il che vuol dire che nelle prossime settimane ci aspettiamo una tendenza alla diminuzione ulteriore dei casi, anche se e’ una tendenza relativamente lenta”. E sulle misure interviene Walter Ricciardi, ordinario di Igiene alla Facolta’ di Medicina all’Universita’ Cattolica e consigliere scientifico del ministro della Salute per l’emergenza coronavirus: “Il ‘liberi tutti’ e’ un errore che abbiamo gia’ fatto due volte in questa pandemia e che rischiamo di fare per la terza volta. Andiamo verso mesi caldi ma non possiamo ignorare rischi autunno”. Il trend di decrescita dei nuovi casi di Covid si rileva, in generale, in “tutti i Paesi europei, e l’Italia si conferma tra i Paesi che hanno una circolazione del virus SasrCoV2 in calo”, ha evidenziato il presidente dell’Istituto superiore di sanita’ Silvio Brusaferro. In tutte le regioni, ha precisato, “c’e’ una diminuzione dei nuovi casi e per tutte le fasce d’eta’. Cio’ e’ dovuto al rispetto delle misure e alla copertura vaccinale”. Altro elemento positivo e’ che, questa settimana, i pazienti Covid ospedalizzati nei reparti di area medica sono scesi sotto la soglia dei 10mila. Quanto alle vaccinazioni, “le fasce d’eta’ piu’ avanzate hanno una copertura vaccinale che supera il 90% e anche le dosi booster superano l’80%, ma ci sono ancora alcuni milioni di italiani – avverte il presidente Iss – che non hanno iniziato il ciclo vaccinale”. Per le vaccinazioni dei piu’ piccoli, dall’ Accademia Nazionale Lincei e Societa’ Italiana di Pediatria arriva infine l’appello a non rimandare per bambini di 5-11 anni: “Molti genitori non si rendono conto dei rischi della malattia grave e delle complicanze del Covid-19”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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