«Se vuoi essere risarcito del danno rivolgiti a noi. Ci pagherai solo se vinceremo la causa». Questo il messaggio che campeggia su volantini pubblicitari affissi perfino nelle bacheche di alcuni ospedali, inclusi reparti critici come la rianimazione. Una pratica che sfrutta momenti di dolore e vulnerabilità dei familiari per spingerli a intentare cause contro medici e strutture sanitarie, con l’implicito messaggio che la perdita del loro caro sia dovuta a presunta “malasanità”.
La condanna del Consiglio nazionale forense
Il Consiglio nazionale forense (Cnf) ha preso posizione contro questa pratica, definendola una violazione delle regole deontologiche. Attraverso una delibera, ha chiesto agli ordini degli avvocati di vigilare attentamente sui propri iscritti. Questa presa di posizione risponde alle segnalazioni inviate dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), che da tempo denuncia il fenomeno.
Filippo Anelli (foto Imagoeconomica in evidenza), presidente della Fnomceo, ha attaccato il sistema, sottolineando come il “compenso legato al risultato” rappresenti una forma di informazione suggestiva e lesiva della dignità della professione legale.
Un problema che alimenta la medicina difensiva
Queste campagne pubblicitarie non solo danneggiano l’immagine dei medici, ma alimentano la cosiddetta medicina difensiva: per paura di denunce, i medici prescrivono esami e visite inutili. Secondo l’Anaao, associazione dei medici ospedalieri, questa pratica costa al sistema sanitario italiano tra 11 e 13 miliardi di euro ogni anno, contribuendo ad allungare le liste di attesa.
Ogni anno in Italia vengono avviate 35.600 nuove azioni legali contro medici e strutture sanitarie, con oltre 300.000 casi pendenti nei tribunali. Tuttavia, nel 97% dei casi le denunce penali si concludono con un nulla di fatto e il proscioglimento. Nonostante ciò, i costi umani ed economici sono alti, penalizzando non solo i professionisti, ma anche i pazienti che si vedono costretti a lunghe attese per esami spesso salvavita.
Liste di attesa e responsabilità istituzionali
Il tema delle liste di attesa è stato evidenziato anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, che ha definito il problema una delle emergenze più gravi del Paese. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha puntato il dito contro le Regioni, accusandole di non utilizzare i fondi stanziati per ridurre i tempi d’attesa.
Giovanni Migliore, presidente della Federazione delle aziende ospedaliere (Fiaso), difende però il sistema sanitario pubblico, sottolineando che non 4,5 milioni di italiani rinunciano alle cure, ma piuttosto a singole prestazioni sanitarie. Tuttavia, riconosce che molte prescrizioni di specialistica ambulatoriale sono motivate solo dalla paura di future denunce.
La necessità di un intervento strutturale
La lotta contro la pubblicità scorretta e la medicina difensiva richiede un intervento coordinato. Da un lato, occorre una maggiore vigilanza da parte delle istituzioni legali per evitare che i professionisti del diritto sfruttino la sofferenza altrui. Dall’altro, è fondamentale investire in un sistema sanitario pubblico più efficiente, capace di ridurre le liste di attesa e di supportare i medici, evitando che si sentano costretti a prescrivere esami inutili per paura di azioni legali.