Primari provvisori da 9 anni, gente che muore, sporcizia ovunque: le Iene mostrano il vero volto di Vincenzo De Luca e lo sfascio della sanità in Campania
Il presidente della Giunta Regionale della Campania, Vincenzo De Luca, sulla sanità pubblica più sgangherata d’Italia sta provando a costruire il nuovo personaggio politico inflessibile, efficiente e anticamorrista. Lo fa lontano da Salerno dove quand’era sindaco (l’ha fatto per 20 anni e passa) ha convinto i giornalisti locali e si è vantato in lungo e in largo di aver trasformato la sua città da piccolo borgo di provincia antiquato e démodé (la città delle chiancarelle) in una sorta di metropoli post moderna paragonabile a Sidney o Barcellona per numero di opere pubbliche avveniristiche che avrebbe consegnato ai sudditi del Principato di Salerno.
Il giornalista de le Iene. Gaetano Pecoraro
Perché De Luca è convinto di aver realizzato a Salerno il polo informatico, il nuovo palasport, sistemato la costa, realizzato piazza Libertà e il Crescent, costruito un aeroporto internazionale, consegnato un palazzo di Giustizia e mille altre cose di cui si vanta. Purtroppo l’uno e l’altro convincimento di De Luca mostrano la corda, nel senso che sono cose che con esistono. Lui, però, oramai a furia di ripeterselo se n’è convinto, quasi fosse afflitto da una sindrome onirico-politica. De Luca è convinto che sia così, ed è difficile fargli capire che non è la realtà. Comunque sia oggi va ad inaugurare per l’ennesima volta un pezzo di un ospedale di Napoli (l’ospedale del Mare), dove ripeterà sempre la stessa cosa: “Ho liberato la sanità campana dalla camorra. Si fa carriera nella sanità campana solo se si hanno titoli e a seguito di concorsi. È finito il clientelismo. Gli ospedali sono i migliori d’Italia e non c’è alcun bisogno che la gente vada in altre regioni a curarsi. Ho portato i conti in pareggio, chiudendo il buco da 5 miliardi di euro. Ho stanziato centinaia di milioni per la ricerca. La terra dei fuochi e i morti per tumore non esistono, sono una invenzione di cattiva stampa”.
Il servizio. Nelle foto ci sono alcuni primari che hanno avuto il garbo di rispondere all’autore dell’inchiesta
Poi dice un sacco di altre cose, ma lasciamo stare. Meglio non contraddirlo troppo, nei momenti di maggiore superfetazione dell’io dice cose che non pensa contro i giornalisti. Quello che pensa delle giornaliste, meglio tacere. In ogni caso, quello che vorremmo che guardaste è una bella inchiesta delle Iene, il programma di Italia 1, Mediaset. È la seconda tappa di una inchiesta che riguarda la sanità nel Casertano. L’autore è Gaetano Pecoraro. Una inchiesta bella, pulita, senza fronzoli, senza indugiare in facili sensazionalismi e scandalismi inutili. Si commenta da sola. Pecoraro lo vedete tra dirigenti in sostituzione permanente che credono oramai anche loro di aver fatto un concorso, ospedali che esistono solo sulla carta o peggio nati per far diventare primario qualcuno, sporcizia, formiche, Tac troppo vecchie che funzionano male o troppo nuove che non vengono fatte funzionare, gente che muore di tumore e gente che si fa curare altrove.
Gaetano Pecoraro va a “sentire” i tanti primari che sono lì per meriti politici, prova a capire com’è possibile che primari che potevano restare in carica per massimo sei mesi, prorogabili di altri sei in via provvisoria, in attesa di concorso, sono diventati baroni col camice bianco inamovibili da anni. E tutti, nessuno escluso, guardando in telecamera, ritengono che sia tutto normale in una sanità, quella casertana, che definire da terzo mondo significherebbe fare un torto ai medici che in alcuni paesi del cosiddetto terzo mondo si fanno il mazzo per salvare vite umane e non spendono che pochi euro, mentre in Campania, il servizio sanitario costa oltre 10 miliardi di euro ogni anno.
Che cosa risponde Vincenzo De Luca a questa inchiesta, come risponde alle domande di Gaetano Pecoraro che prova a far conoscere ai telespettatori delle Iene anche il parere del presidente della Giunta regionale della Campania nochè commissario alla Sanità? Qualche vaffanculo dall’entourage, la stizza, il nervosismo e i denti che digrignano. Niente oltre questo per il povero Gaetano Pecoraro. Che ha faticato tanto per mostrare a tutti quello schifo che si chiama sanità pubblica casertana. De Luca dirà qualcosa contro i giornalisti venerdì prossimo, quando si affaccerà dagli schermi di una tv salernitana per le sfrennesiate settimanali.
Ecco quello che ha fatto e detto oggi De Luca all’ospedale del Mare. Sono parole che stridono con tutto quello che accade nella Sanità in Campania.
A partire dal 19 settembre, prenderanno il via da parte di Agea i pagamenti dei fondi di solidarietà destinati agli agricoltori colpiti dalla Peronospora. Gli aiuti, per un totale di 47 milioni di euro, sono riservati alle aziende che hanno subito una riduzione di produzione di almeno il 30% a causa dell’infezione fungina che ha colpito nel 2023.
“Abbiamo messo a disposizione tutto ciò che potevamo per sostenere in particolare le piccole e medie imprese, che sono maggiormente vulnerabili rispetto a eventi così distruttivi”, ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.
“Il nostro obiettivo – ha rimarcato il ministro – è proteggere il futuro del settore vitivinicolo e offrire un sostegno concreto alle imprese danneggiate. La rapidità e la gravità con cui la Peronospora si è diffusa, complice il clima eccezionale di quell’anno, hanno richiesto un intervento straordinario, e il Governo Meloni ha risposto con decisione”. “Sono circa 30.000 – fa sapere il ministero in una nota – le aziende agricole che hanno fatto richiesta per accedere a tali fondi, una cifra che dimostra l’ampiezza della crisi che ha interessato sia il comparto dell’uva da tavola che quello del vino”.
Il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, si legge ancora nella nota, “ha destinato tutte le risorse disponibili per sostenere le imprese agricole colpite: 7 milioni di euro provenienti dalla legge 163/2023 e ulteriori 40 milioni dal Decreto Agricoltura. Il 40% dei fondi sarà erogato a tutte le aziende richiedenti, mentre il restante 60% sarà assegnato come quota aggiuntiva alle imprese che hanno adottato misure di prevenzione”.
Travolge anche la Puglia lo scandalo dei falsi titoli formativi e diplomi, che sarebbero stati rilasciati da alcune società in cambio di denaro. La Guardia di finanza di Bari e Barletta sta eseguendo nove misure cautelari e il sequestro di beni per circa 10 milioni di euro, in esecuzione dei provvedimenti firmati dal gip di Trani su richiesta della Procura guidata da Renato Nitti.
L’accusa a carico degli indagati è associazione per delinquere dedita alla commissione di reati contro la fede pubblica, il patrimonio e la pubblica amministrazione. Le misure cautelari sono state eseguite in Puglia e in altre regioni. La Guardia di finanza ha eseguito perquisizioni in tutta Italia.
Sono accusati di contrabbando aggravato due uomini e una donna finiti nel mirino dei militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Varese. Con loro al centro delle indagini ci sono due società di spedizioni che operano all’aeroporto di Malpensa. Nei loro confronti il Gip del tribunale di Busto Arsizio (Varese) Piera Bossi ha emesso un decreto di sequestro per un valore di 23 milioni di euro. I tre nel novembre scorso erano già stati colpiti da un provvedimento identico per un valore di un milione di euro. Al centro di quello che i finanzieri definiscono un vero e proprio sistema di contrabbando ci sono 64mila orologi di lusso. Rolex, IWC, Bulgari, Chopard e Cartier che in almeno 80 occasioni, così come ricostruito dalla procura bustocca, sono stati importati in Italia da Hong Kong in barba a dazi e Iva dovuti e rivenduti in nero (anche a commercianti del settore) dai tre dipendenti infedeli delle società di spedizione con un volume “d’affari” stimato in 103 milioni di euro. Un giro andato avanti per almeno due anni.
Tutto è partito dalla denuncia di un altro dipendente di una delle società coinvolte che ha segnalato all’autorità giudiziaria quanto stava accadendo. In sintesi gli orologi di lusso, erano accompagnati da false fatture estere, venivano introdotti in territorio nazionale attraverso l’aeroporto di Malpensa formalmente assoggettati al regime doganale del “Transito Comunitario”, ovvero senza applicazione di dazi e Iva, in quanto ufficialmente destinati ad una base militare americana (totalmente estranea alla vicenda) su suolo italiano, che gode dunque di extraterritorialità. I preziosi orologi venivano quindi venduti sotto banco. Il sistema di contrabbando sarebbe ora smantellato e il Gip ha disposto il sequestro milionario.