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Economia

Prezzi Ue e lavoro Usa spingono a nuovi rialzi dei tassi

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L’inflazione nell’area euro, dopo i picchi dei mesi scorsi, resta elevata ma cala più delle attese, scendendo a dicembre sotto il 10%. Mentre negli Stati Uniti il mercato del lavoro batte le attese degli analisti pur rallentando per il quinto mese consecutivo: nell’ultimo mese del 2022, infatti, sono stati creati 223.000 posti di lavoro, più dei 203.000 previsti ma meno dei 256.000 di novembre. Il tasso di disoccupazione è comunque calato al 3,5% e in un anno sono stati creati 4,5 milioni di posti in tutta l’America, il secondo miglior anno della storia dopo i 6,7 milioni del 2021.

Dati che generano dunque un timido ottimismo, dunque, sulle due sponde dell’Atlantico, ma che non sembrano al momento in grado di cambiare la strada dei rialzi intrapresa da Bce e Fed, con le rispettive decisioni di politica monetaria attese nelle prossime settimane. Le Borse però sperano e avanzano decise. Le piazze finanziarie europee chiudono tutte positive, con Milano che guadagna l’1,40%.

A Wall Street i listini salgono di oltre l’1,5%, festeggiando la frenata degli aumenti dei salari in Usa che potrebbe aiutare la Fed nella sua lotta all’inflazione. Nel dettaglio in Eurolandia l’inflazione, secondo la stima flash di Eurostat, è attesa al 9,2% nel dicembre 2022, in calo rispetto al 10,1% di novembre e al 10,6% di ottobre. L’andamento dei prezzi mostra però ampie divergenze fra Paesi, con la Lettonia e Lituania che hanno registrato i tassi più alti, rispettivamente al 20,7% e al 20%. Tra i Paesi più colpiti dal caro prezzi spiccano anche l’Estonia (17,5%) e la Slovacchia (15%), seguiti dall’Italia. La Germania ha registrato un tasso del 9,6% mentre è la Spagna, con un 5,6%, a chiudere la classifica.

Le Borse europee salgono spinte dalla buona notizia sui prezzi, ma contengono i guadagni in seguito all’inflazione ‘core’, quella al netto delle componenti più volatili rappresentate dall’energia e dai beni alimentari, che a dicembre ha toccato un nuovo record del 5,2%, superiore alle previsioni degli analisti, che si attendevano una conferma del 5% di novembre. Un aumento che aggiungerà “preoccupazioni al consiglio direttivo della Bce circa la persistenza dell’inflazione. Se queste forti pressioni dovessero essere confermate nel corso del 2023, il ciclo di rialzi dei tassi è probabile che continui nel secondo trimestre”, afferma l’economista di Bloomberg Maeva Cousin.

La Bce continua a ribadire che i rialzi proseguiranno, probabilmente a una velocità dello 0,50% in febbraio e in marzo. Solo nelle ultime ore il componente del consiglio direttivo Francois Villeroy de Galhau ha stimato per l’estate una possibile fine delle strette. Un dato particolarmente positivo è quello della frenata della corsa dei salari negli Usa: il mese scorso sono saliti del 4,6%, in quello che è l’aumento più contenuto dalla metà del 2021. Il rallentamento dei salari può contribuire in modo deciso all’azione della Fed nel combattere l’inflazione.

E questo ha messo le ali a Wall Street, che intravede, o meglio spera, in una fine del ciclo di stretta monetaria e quindi nel ridursi delle chance di una recessione. La Fed come la Bce non ha al momento alcuna intenzione di allentare la presa e, nei verbali dell’ultima riunione, la banca centrale statunitense si è detta anche preoccupata per l’eccessivo ottimismo del mercato su una fine dei rialzi. E’ soddisfatto dei dati sul lavoro Joe Biden: “E una buona notizia”, dice, ammettendo che resta ancora da fare sul fronte dell’inflazione. Il presidente però assicura: “Andiamo nella giusta direzione”.

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Françoise Bettencourt Meyers lascia il consiglio di L’Oréal

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Dopo quasi 30 anni, Françoise Bettencourt Meyers (foto Imagoeconomica) lascia il consiglio di amministrazione di L’Oréal, pur mantenendo la presidenza della holding familiare Tethys, primo azionista del gruppo. Al suo posto nel board entrerà un altro rappresentante di Tethys, mentre il ruolo di vicepresidente sarà assunto dal figlio Jean-Victor Meyers, 38 anni. Françoise Bettencourt Meyers, 71 anni, è l’unica erede diretta del fondatore di L’Oréal, Eugène Schueller.

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Cambio ai vertici di Engineering: Aldo Bisio nuovo amministratore delegato

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Cambio della guardia al vertice di Engineering, multinazionale specializzata nella trasformazione digitale. Maximo Ibarra (foto Imagoeconomica sotto) ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato con effetto immediato. Al suo posto, il consiglio di amministrazione della società – controllata dai fondi Bain e Renaissance – ha nominato Aldo Bisio (foto Imagoeconomica in evidenza), ex numero uno di Vodafone Italia dal 2014 al 2024.

MAXIMO IBARRA EX AD ENGINEERING

Prima della sua lunga esperienza in Vodafone, Bisio ha ricoperto incarichi di rilievo in Ariston Thermo e in McKinsey. Attualmente siede anche nel board di Coesia, produttore globale di soluzioni industriali per l’imballaggio.

Il bilancio della gestione Ibarra

Maximo Ibarra lascia Engineering dopo quasi quattro anni di gestione che hanno visto la società crescere significativamente: circa 14.000 dipendenti, oltre 80 sedi tra Europa, Stati Uniti e Sud America, con un fatturato che ha raggiunto quasi 1,8 miliardi di euro, generato da oltre 70 società controllate in 21 Paesi.

«Negli ultimi mesi ho maturato la volontà di prendermi del tempo per valutare nuovi progetti professionali», ha dichiarato Ibarra, aggiungendo che resterà disponibile fino al prossimo 1° settembre per garantire un efficace passaggio di consegne e che continuerà a essere investitore nella società.

La sfida per Bisio: crescita e nuove operazioni strategiche

Il presidente di Engineering, Gaetano Micciché, ha ringraziato Ibarra per il lavoro svolto ed espresso fiducia nella capacità di Bisio di guidare l’azienda verso una nuova fase di sviluppo e innovazione.

Tra i primi dossier sul tavolo del nuovo amministratore delegato c’è la valutazione sulla vendita di Municipia, società del gruppo attiva nei servizi ai Comuni. Engineering ha incaricato Klecha di esplorare il mercato alla ricerca di investitori interessati, con una valutazione che si aggira intorno ai 250 milioni di euro.

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Wsj, Trump verso un alleggerimento dei dazi sulle auto

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Donald Trump intende attenuare l’impatto dei dazi sulle auto prodotte all’estero, impedendo che si accumulino ad altre tariffe dazi da lui imposte e alleggerendo alcuni dazi sui componenti esteri utilizzati per la produzione di veicoli negli Usa. Lo scrive il Wall Street Journal citano una persona a conoscenza del dossier. In base a questa mossa, le case automobilistiche che pagano i dazi di settore non saranno soggette anche ad altri dazi, come quelli su acciaio e alluminio. La decisione sarebbe retroattiva, hanno affermato le fonti, il che significa che le case auto potrebbero essere rimborsate per tali tariffe già pagate.

Il dazio del 25% sulle auto finite prodotte all’estero è entrato in vigore all’inizio di questo mese. L’amministrazione Usa, sempre secondo il Wsj, modificherà anche i dazi sui ricambi delle auto estere – previsti al 25% e in vigore dal 3 maggio -, consentendo alle case automobilistiche di ottenere un rimborso per tali dazi fino a un importo pari al 3,75% del valore di un’auto prodotta negli Stati Uniti per un anno. Il rimborso scenderebbe al 2,75% del valore dell’auto nel secondo anno, per poi essere gradualmente eliminato del tutto. Si prevede che Trump adotti queste misure in vista di un viaggio in Michigan per un comizio alla periferia di Detroit martedì sera, in occasione dei suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca. Le misure mirano a dare alle case automobilistiche il tempo di riportare le catene di approvvigionamento dei componenti negli Usa e rappresenterebbero probabilmente un significativo impulso per le case automobilistiche nel breve termine, ha affermato una fonte a conoscenza della decisione. Le case auto dovranno presentare domanda di rimborso al governo, ma non è immediatamente chiaro da dove arriveranno questi fondi.

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