La pace in Ucraina e’ un percorso in salita. “Non e’ facile”, ammette la Santa Sede dopo la missione diplomatica a Kiev. Ma e’ l’unica via percorribile. Il Papa al Regina Caeli ha chiesto a Dio di infondere “lo Spirito della pace ai responsabili delle nazioni”. Da Cascia, il suo piu’ stretto collaboratore, il cardinale Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, ha espresso l’auspicio che “siano avviati al piu’ presto i negoziati e si possa giungere finalmente alla tanto desiderata pace”. In questo la Santa Sede resta a disposizione per facilitare il processo. “Il Papa potrebbe ancora continuare a svolgere un ruolo molto significativo in questo conflitto e nella sua risoluzione. Ci sono spazi”, ha detto il ministro degli esteri vaticano, mons. Paul Richard Gallagher, al termine della sua missione in Ucraina. “Il presidente Zelensky ha detto che di fronte ad una guerra che continua, alla fine deve essere la diplomazia a risolvere le cose; le parti in conflitto devono arrivare al tavolo per negoziare”, ha aggiunto ribadendo la disponibilita’ di un ruolo della Santa Sede. Lo stesso Gallagher, dopo aver visto le ferite sul campo, quelle materiali ma anche i dolori di una nazione che fatica a vedere una via d’uscita, dice che “l’Ucraina deve difendersi e per fare questo deve ricevere aiuti, anche militari”. Ma chiede di evitare “una corsa alle armi”; piuttosto “e’ necessario che l’Ucraina sia inclusa in tutte le iniziative a favore della pace”. Si punta dunque all’apertura di un negoziato decisivo, che ponga fine al conflitto, ma parallelamente si procede con la diplomazia dei “piccoli passi”, come piu’ volte spiegato dalla Nunziatura a Kiev. E il Vaticano potrebbe in queste ore essere tra gli attori che cercano, nel rispetto del diritto internazionale, un ritorno in territorio ucraino delle persone, civili e militari, che, dopo l’evacuazione dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, sono state deportate in Russia o in territori controllati dai russi. “Contiamo sulla partecipazione attiva della Santa Sede alla liberazione dei cittadini ucraini deportati dalla Russia e detenuti sul territorio russo”, aveva auspicato venerdi’, dopo l’incontro con Gallagher, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. E non e’ forse un caso che, dopo l’incontro con Papa Francesco l’11 maggio, le moglie dei soldati del battaglione Azov siano state nelle ultime ore a Istanbul per chiedere un impegno anche al Patriarca ortodosso Bartolomeo che ha affrontato in passato con il Papa diverse questioni internazionali delicate. Oltre all’Ucraina, c’e’ anche un altro importante dossier estero sul tavolo della Segreteria di Stato vaticana, quello della Cina, soprattutto dopo l’arresto del card. Joseph Zen, poi rilasciato su cauzione. “Seguo con attenzione e partecipazione la vita e le vicende dei fedeli e pastori, spesso complesse”, ha detto il Papa alla preghiera del Regina Caeli, auspicando che “la Chiesa in Cina, in liberta’ e in tranquillita’, possa esercitare la sua missione di annuncio del Vangelo a tutti, offrendo cosi’ anche un positivo contributo al progresso spirituale e materiale della societa’”.