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Politica, musica e impegno sociale: compie 60 anni Bono Vox, icona rock globale

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E pensare che quando era un ragazzino e faceva parte di una gang di teppistelli di Dublino odiava quel soprannome, Bono Vox. Nessuno immaginava, in quell’epoca devastata dai “Troubles”, che con quel nome sarebbe salito sulla cima del mondo. Paul Hewison domani 10 maggio compira’ 60 anni, una tappa anagrafica che induce a guardare al tempo trascorso, considerando che nel frattempo il terzo genito Eli sta facendo una bella carriera come leader e frontman degli Inhaler finora senza alcun aiuto dal papa’ super star. In quella gang, i Lipton Village, tutti dovevano avere un soprannome: a Paul, che aveva perso presto la madre e gia’ si segnalava per una personalita’ incline alla ribellione, il nomignolo fu affibbiato da Fionan Hanvey, il miglior amico di Paul destinato a diventare Gavin Friday e a fondare i Virgin Prunes. A ispirarlo era stato un negozio di apparecchi acustici di Dublino, il “Bonavox”.

Solo dopo aver scoperto che in latino Bono Vox significava “bella voce” lo accetto’ come nome di battaglia. E’ chiaro che il destino guardava con occhio benevolo quel ragazzino. Il prossimo 20 ottobre gli U2 festeggeranno i quarant’anni dalla pubblicazione del loro primo album, “Boy”. Quattro decenni di musica di una delle piu’ importanti band della storia del Rock, guidata da un front man dal carisma impareggiabile, uno dei pochi capaci di assumere un ruolo da leader globale, in grado di dialogare con i Grandi della Terra, di richiamare l’attenzione sui temi piu’ importanti per la sopravvivenza del pianeta, di diventare quasi una guida spirituale. Bono e gli U2 sono un caso raro di gruppo nato alla provincia dell’impero, quando l’Irlanda, dilaniata dalla guerra civile, praticamente non esisteva sul mappamondo musicale, se non grazie ad alcune leggendarie eccezioni. Sono partiti senza un soldo con il classico furgone scalcagnato e hanno costruito un impero grazie al talento e al genio imprenditoriale del “quinto U2”, Paul McGuinness che e’ stato il loro manager dai giorni dei concertini fino al 2013. Fin dalle prime uscite era facile capire che gli U2 erano un gruppo fuori dal comune e che quel cantante era un fuoriclasse. Tra gli anni ’80 Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen sono stati “la Band”, hanno dominato la scena mondiale entrando di diritto nella Storia. Nella loro fase piu’ creativa sono stati capaci di aggiornarsi di continuo, di anticipare il futuro, di mettere in scena concerti che erano meravigliose macchine spettacolari in cui si mescolavano i linguaggi in un’integrazione perfetta quanto emozionante di intensita’ musicale e tecnologia.

E’ indiscutibile che gli U2 abbiano un suono che e’ un marchio di fabbrica ma e’ altrettanto indiscutibile che tutto acquista un significato diverso quando al centro della scena c’e’ un personaggio come Bono, un cantante fuori categoria, dotato di un falsetto proverbiale e di un pathos che appartiene solo agli eletti. Basta pensare alle canzoni piu’ famose, diventate negli anni inni per i fan di tutto il mondo: “Sunday Bloody Sunday”, “I Still Haven’t Found What I’m Looking For”, “With or Without You”, “Where The Streets Have No Name”, “One”, “Beautiful Day”, una sequenza impressionante quanto incompleta ma che rende bene l’idea del patrimonio musicale accumulato. E cio’ che forse conta ancora di piu’ e’ la credibilita’, perche’ oltre alla musica ci sono sempre stati l’impegno e i contenuti, anche quando gli U2 sono diventati un fenomeno di proporzioni globali, anche quando il ruolo di leader di Bono ha rischiato di farlo diventare retorico.

Le ultime uscite sono legate al Covid 19: la band ha donato 10 milioni di dollari al sistema sanitario irlandese, mentre Bono ha dedicato all’Italia la canzone “Let Your Love Be Known”, ricordando medici, infermieri e il personale in prima linea. La sua voce non poteva mancare in un momento come questo: l’ex teppistello di Dublino ha ancora molto da dire.

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Mika torna in Italia: concerti, cinema e un amore infinito per l’arte

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Artista eclettico e cittadino del mondo, Mika (foto Imagoeconomica in evidenza) si prepara a tornare in Italia per quattro concerti estivi (Umbria Jazz, No Borders, Este Music Festival e Anfiteatro del Vittoriale). Ma prima, il cantante sarà protagonista su Rai1: condurrà la serata di premiazione dei David di Donatello mercoledì 7 maggio. In una lunga intervista al Corriere della Sera, Mika racconta il suo amore per l’Italia e per il cinema.

«Sono un grande fan del cinema che sa essere leggero, poetico, politico», racconta, ricordando come non servisse conoscere la lingua italiana per capire i grandi maestri del nostro cinema: «È un dialogo universale». La sua conduzione ai David sarà pensata per celebrare tutto il mondo del cinema, non solo le star ma anche gli artigiani che rendono possibile la magia del grande schermo.

Accanto a lui sul palco ci sarà Elena Sofia Ricci, che definisce «una donna forte, intellettuale, emozionale, favolosamente diva». Mika, con la sua naturalezza, respinge l’etichetta di «divo» per sé stesso: «Nella vita sono normale, ma sul palco mi trasformo: è un rito spirituale».

L’arte come salvezza e la doppia vita degli artisti

Mika si racconta senza filtri, ammettendo quanto la cultura della fama sia tossica e di quanto sia importante per lui rifugiarsi nella parte artigianale e creativa del suo lavoro: «L’artigianato mi salva dagli aspetti superficiali, è una cura». La differenza tra il sé pubblico e il sé privato è marcata: sul palco energia pura, a casa, davanti a un pianoforte, la paura del foglio bianco.

Ripercorrendo la sua infanzia, Mika spiega di aver avuto «l’infanzia più bella del mondo» nonostante le difficoltà scolastiche: «La musica mi ha salvato la vita». E racconta come ogni sua identità culturale abbia lasciato un segno profondo: dalla praticità americana, alla disciplina inglese, al gioco delle parole francese, fino all’anima colorata e malinconica libanese.

Da X Factor ai David: un percorso sorprendente

Indimenticabile il suo primo impatto con X Factor Italia: «Non capivo nulla di quello che dicevano Simona Ventura, Morgan ed Elio… mi chiesi perché avessi accettato», confessa sorridendo. Ma proprio da quel momento è iniziato un rapporto d’amore con il nostro Paese che dura ancora oggi.

E ora, ai David di Donatello, Mika porterà poesia, eleganza e un tributo profondo al cinema italiano, nel rispetto della sua grande tradizione e della sua capacità unica di emozionare il mondo.

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Cambio ai vertici di Engineering: Aldo Bisio nuovo amministratore delegato

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Cambio della guardia al vertice di Engineering, multinazionale specializzata nella trasformazione digitale. Maximo Ibarra (foto Imagoeconomica sotto) ha rassegnato le dimissioni da amministratore delegato con effetto immediato. Al suo posto, il consiglio di amministrazione della società – controllata dai fondi Bain e Renaissance – ha nominato Aldo Bisio (foto Imagoeconomica in evidenza), ex numero uno di Vodafone Italia dal 2014 al 2024.

MAXIMO IBARRA EX AD ENGINEERING

Prima della sua lunga esperienza in Vodafone, Bisio ha ricoperto incarichi di rilievo in Ariston Thermo e in McKinsey. Attualmente siede anche nel board di Coesia, produttore globale di soluzioni industriali per l’imballaggio.

Il bilancio della gestione Ibarra

Maximo Ibarra lascia Engineering dopo quasi quattro anni di gestione che hanno visto la società crescere significativamente: circa 14.000 dipendenti, oltre 80 sedi tra Europa, Stati Uniti e Sud America, con un fatturato che ha raggiunto quasi 1,8 miliardi di euro, generato da oltre 70 società controllate in 21 Paesi.

«Negli ultimi mesi ho maturato la volontà di prendermi del tempo per valutare nuovi progetti professionali», ha dichiarato Ibarra, aggiungendo che resterà disponibile fino al prossimo 1° settembre per garantire un efficace passaggio di consegne e che continuerà a essere investitore nella società.

La sfida per Bisio: crescita e nuove operazioni strategiche

Il presidente di Engineering, Gaetano Micciché, ha ringraziato Ibarra per il lavoro svolto ed espresso fiducia nella capacità di Bisio di guidare l’azienda verso una nuova fase di sviluppo e innovazione.

Tra i primi dossier sul tavolo del nuovo amministratore delegato c’è la valutazione sulla vendita di Municipia, società del gruppo attiva nei servizi ai Comuni. Engineering ha incaricato Klecha di esplorare il mercato alla ricerca di investitori interessati, con una valutazione che si aggira intorno ai 250 milioni di euro.

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Bersani e politica che si fa con l’orecchio a terra: dallo sciopero delle prostitute ai rimpianti sullo ius soli

Pier Luigi Bersani, in un’intervista al Corriere della Sera, ripercorre episodi della sua vita politica e personale: dalle liberalizzazioni allo sciopero delle prostitute, passando per il rimpianto sullo ius soli.

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Pier Luigi Bersani (foto Imagoeconomica in evidenza), ex segretario del Pd, si racconta in un’ampia intervista rilasciata al Corriere della Sera, ripercorrendo episodi personali e politici che hanno segnato la sua vita e l’Italia contemporanea.

Nel suo nuovo libro “Chiedimi chi erano i Beatles” (Rizzoli), Bersani intreccia la politica, le battaglie sociali e i ricordi personali, come l’episodio curioso dello sciopero delle prostitute a Piacenza negli anni Settanta e la protesta dei commercianti sotto casa dei suoi genitori a Bettola, quando da ministro avviò le famose liberalizzazioni.

L’episodio delle prostitute e la lezione sulla politica

Durante la pedonalizzazione di un tratto della via Emilia, le prostitute protestarono. Il giovane Bersani, allora responsabile cultura del Pci locale, seguì l’episodio da vicino: «Un amministratore deve avere a cuore i problemi di tutti, anche quelli più difficili», ricorda.

Le liberalizzazioni e il pullman a Bettola

Nel 1996, da ministro, la sua “lenzuolata” per liberalizzare il commercio suscitò la rabbia dei commercianti. Una delegazione arrivò addirittura sotto casa dei suoi genitori. Ma l’accoglienza calorosa dei suoi — ciambelle e vino bianco — trasformò la protesta in una festa, segnando un inatteso boomerang per i contestatori.

La sfida canora con Umberto Eco

Bersani racconta anche della famosa sfida canora al convegno di Gargonza nel 1997, quando sconfisse Umberto Ecointonando canti religiosi: «Da noi era obbligatorio fare i chierichetti, non iscriversi subito alla Fgci».

Il rimpianto dello ius soli

Se fosse diventato premier nel 2013, Bersani avrebbe voluto introdurre lo ius soli con un decreto legge già alla prima seduta del Consiglio dei Ministri. Un rimpianto che ancora oggi pesa: «Se parti dagli ultimi, migliori la società per tutti».

I 101 e la caduta di Prodi

Bersani ammette di conoscere l’identità di circa «71-72» dei famosi 101 franchi tiratori che affossarono Romano Prodinella corsa al Quirinale. «C’erano renziani e non solo. Alcuni mi confessarono la verità piangendo».

Il rapporto con la morte

Dopo un grave problema di salute nel 2014, Bersani parla della morte con una serenità disarmante: «È più semplice di quanto pensassi. È la vita che si riassume in quell’istante». La sua fede è ora una ricerca continua: «Chi ha già trovato dovrebbe continuare a cercare».

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