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Pm indagano su oltre 100 morti Pio Albergo Trivulzio

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 Dovranno indagare su oltre 100 morti, si parla anche “di quasi 150”, avvenute in un mese e mezzo, dall’inizio della pandemia, nel solo Pio Albergo Trivulzio, i pm di Milano che hanno iniziato a iscrivere i primi nomi nel registro degli indagati nel fascicolo sulle presunte irregolarita’ nella gestione di ospiti anziani, ma anche pazienti, alla ‘Baggina’. Iscrizioni a breve anche in tutte le altre inchieste, una dozzina in tutto e destinate a crescere, sulle altre case di riposo milanesi. Con altre decine e decine di decessi al vaglio, gran parte senza tamponi effettuati, se si pensa che, solo fino a fine marzo, le morti nelle Rsa per sospetto Covid sono state quasi 350. Per ora e’ stato indagato per epidemia colposa e omicidio colposo il dg del Trivulzio Giuseppe Calicchio, in carica da meno di un anno e mezzo e che fu designato dal presidente della Regione Attilio Fontana, d’intesa con il sindaco Giuseppe Sala. Il dg e’ iscritto per accuse gravi, come atto “dovuto, tecnico e formale”, come e’ stato precisato, per svolgere gli accertamenti sulle cartelle cliniche, sui protocolli interni, per acquisire documenti, interrogare e sentire testimoni in un’inchiesta destinata ad allargarsi. Anche perche’ la direzione generale lavora assieme al direttore amministrativo e al direttore sociosanitario. Ha “preso atto della notizia dalla stampa, ma e’ a disposizione per qualsiasi chiarimento”, ha spiegato il legale di Calicchio, l’avvocato Vinicio Nardo. Gia’ ieri lo stesso ‘numero uno’ della ‘Baggina’ – ente che nel ’92 segno’ suo malgrado la storia con l’arresto di Mario Chiesa e l’inizio di Tangentopoli – si era difeso in videoconferenza davanti agli ispettori del Ministero della Salute che, anche loro affiancati dal Nas dei carabinieri come i pm, hanno acquisito le prime carte. Il dg ha sostenuto di aver rispettato le procedure, i protocolli interni ma anche le direttive della Regione, che ha compiti di sorveglianza sulle Rsa (in gran parte private in Lombardia) e quelle ministeriali. Gli ispettori hanno ascoltato anche la versione del professore Luigi Bergamaschini che, lavorando all’interno della struttura, avrebbe criticato i vertici, anche sul mancato uso delle mascherine.

I pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal procuratore Greco, dovranno verificare tutte le presunte carenze che avrebbero contribuito ad alimentare il contagio al Trivulzio: dall’assenza di tamponi e mascherine alle presunte minacce agli infermieri che le utilizzavano, fino ad eventuali omissioni nelle cartelle cliniche e nelle cure fornite e alla ‘commistione’ tra anziani e pazienti dimessi dagli ospedali ed anche al ruolo dell’amministrazione regionale nella predisposizione di linee guida e piani pandemici. Nel frattempo, la situazione all’interno del Pat (1200 tra ospiti e pazienti nelle varie strutture) resta difficile, con anche tensioni tra medici e operatori, molti dei quali contagiati. Ci sono “criticita’ di approvvigionamento per alcuni farmaci, soprattutto antibiotici”, ha scritto il Trivulzio in un bollettino quattro giorni fa. Indagini ‘fotocopia’ quella da svolgere sulle altre case di riposo.

Per il Don Gnocchi (l’istituto ha parlato di “infondatezza delle accuse”) il pm Letizia Mocciaro ha iscritto il dg Antonio Dennis Troisi, il direttore sanitario Federica Tartarone e Fabrizio Giunco, direttore dei servizi medici e anche il presidente della Ampast, cooperativa di cui fanno parte i lavoratori della struttura. Indagati anche i vertici della Sacra Famiglia di Cesano Boscone e presto lo saranno anche quelli delle altre Rsa nel mirino, mentre e’ aperto ora a Lodi un fascicolo sulla casa di riposo di Mediglia, la prima, con oltre 60 morti, per cui si parlo’ di strage di anziani. Sul fronte Alzano Lombardo, nella Bergamasca, invece, si indaga sulla mancata ‘zona rossa’ e sul no alla chiusura del pronto soccorso che divento’ focolaio. Dopo la lettera di accuse del direttore del presidio Giuseppe Marzulli, il dg dell’Asst Bergamo Est Francesco Locati ha parlato di decisioni prese “in stretto raccordo con la Direzione generale Welfare” della Regione. E sono stati gia’ sentiti alcuni infermieri e dirigenti medici dell’ospedale di Alzano e della stessa Asst nelle indagini per epidemia colposa condotte dai carabinieri del Nas di Brescia.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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