La crescita italiana torna allo zero virgola e rosicchia spazi per i prossimi interventi di politica economica. I numeri messi nero su bianco dalla Commissione europea nelle nuove previsioni non sono una grande sorpresa per il governo, ma rappresentano l’ennesima conferma, tradotta in cifre, di come la manovra per il 2024 debba necessariamente fare i conti con un quadro economico in peggioramento e quindi con margini stretti, probabilmente strettissimi.
Le percentuali che il Mef inserirà nella Nadef tra un paio di settimane sono ancora in fase di attenta definizione. Non è detto che coincidano con lo 0,9% stimato da Bruxelles per quest’anno (in realtà poco lontano dall’1% del Def di aprile) e nemmeno con lo 0,8% per l’anno prossimo (in questo caso molto più distanti dell’1,5% di crescita indicato in primavera). Sembra però sempre più scontato che debbano tenere conto del rallentamento in atto in Europa, in particolare di quello ormai certificato in Germania, legata a doppio filo con il mondo produttivo italiano.
Gli effetti a cascata sulla nostra economia si vedranno quindi anche nelle tabelle, ma al di là del numero esatto su cui si fermeranno le asticelle del Pil, del deficit e del debito sarà inevitabile che la cautela messa in atto già con la legge di bilancio di quest’anno ispiri anche quella del prossimo. La linea sarà quella della prudenza e della responsabilità più volte invocate pubblicamente, e spiegate anche privatamente ai colleghi di governo, dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Niente misure propagandistiche dunque, niente interventi spot, ma poche priorità essenziali che aiutino le famiglie e allo stesso tempo favoriscano il lavoro e la crescita. Con il ritorno alle regole di bilancio europee, per quanto revisionate, ritornerà infatti anche la necessità di rispettare i parametri di finanza pubblica. E un’ondata di realismo comincia ora a farsi strada non solo tra le fila del governo, ma anche tra quelle della maggioranza che, non senza qualche preoccupazione, si sta vedendo sempre più costretta a ridimensionare le proprie aspettative. Nell’opposizione il quadro è invece già chiaro da tempo.
A prevalere sono le voci più pessimiste, come quella di Luigi Marattin. Secondo l’esponente di Iv, se si avvereranno le previsioni europee di una crescita dimezzata rispetto alle stime del Def, “la manovra, già molto complicata per la mancanza di almeno 18-20 miliardi, diventerà impossibile: il governo – spiega – non potrà utilizzare neanche quei due decimali di deficit (cioè 4 miliardi di euro) su cui contava”. Si azzererebbe insomma anche la base di partenza per la priorità assoluta indicata finora, ovvero la conferma del taglio del cuneo fiscale. Un margine potrebbe però darlo la nuova global minimum tax di almeno il 15% sulle multinazionali. Come emerso nei giorni scorsi, il governo ha dato il via alla consultazione pubblica dello schema di decreto legislativo che porterà all’entrata in vigore della nuova tassa a partire dal primo gennaio. Una possibile boccata d’ossigeno proprio per la manovra.