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Economia

Pil 2021ancora meglio, ma inflazione top da 27 anni

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Dopo un 2020 profondamente segnato dagli effetti della pandemia e del lockdown, l’economia italiana e’ tornata a correre a passo spedito, contribuendo anche a far scendere il livello di debito pubblico e deficit. Ma di pari passo con la maggiore crescita, si infiamma sempre di piu’ l’inflazione, trainata in modo particolare dai prezzi dei prodotti energetici. E i listini della benzina arrivano addirittura a sfiorare gli 1,870 euro al litro. Il Mef avverte: “Il rincaro dell’energia e la guerra in Ucraina renderanno piu’ incerto e complesso il quadro congiunturale e le prospettive economiche, ma i dati odierni rappresentano una solida base su cui lavorare per assicurare la continuita’ della ripresa, l’espansione dell’occupazione e il miglioramento dei conti e della finanza pubblica”. La fotografia scattata oggi all’andamento della congiuntura italiana mostra intanto toni contrastanti. A fronte infatti delle buone notizie sulla “crescita eccezionale” del prodotto interno lordo nel complesso dello scorso anno, i benefici del rialzo del Pil rischiano di venir intaccati dall’ottavo rialzo consecutivo del carovita, che a febbraio e’ tornato ai livelli di 27 anni fa. Il Pil dello scorso anno e’ salito del 6,6% in volume, di piu’ quindi rispetto al 6,5% anticipato nelle stime preliminari di fine gennaio. Il prodotto a prezzi di mercato e’ stato pari a 1.781.221 milioni di euro correnti, con un aumento del 7,5% rispetto all’anno precedente. A trascinare la crescita e’ stata soprattutto la domanda interna, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi molto limitati. Dal lato della domanda interna nel 2021 si registra, in termini di volume, un incremento del 17% degli investimenti fissi lordi e del 4,1% dei consumi finali nazionali. La spesa per consumi finali delle famiglie e’ cresciuta in volume del 5,2% dopo esser affondata del 10,5% nel 2020. Grazie al buon intonamento dell’economia sono diminuiti sia debito che deficit, scesi rispettivamente al 150,4% (dal 155,3% del 2020) e al 7,2% (dal 9,6%) del Pil. L’Istat ha spiegato in particolare che l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche ha registrato un deciso miglioramento rispetto al 2020 per il buon andamento delle entrate a fronte del piu’ contenuto aumento delle uscite, nonostante il protrarsi delle misure di sostegno introdotte per contrastare gli effetti della crisi. Ed effettivamente nel 2021 la pressione fiscale complessiva (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) e’ risultata pari al 43,4%, in aumento rispetto al 42,8% dell’anno precedente. In valore assoluto il deficit e’ stato di -127.389 milioni di euro, circa 31,6 miliardi in meno rispetto a quello del 2020. Il lato oscuro della ripresa economica pero’ si riscontra nel forte aumento del costo della vita. Secondo le stime preliminari dell’Istat, infatti, a febbraio l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettivita’ (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,9% su base mensile e del 5,7% su base annua (da +4,8% del mese precedente). E l’istituto di statistica fa notare che un tale livello di inflazione non si registrava da novembre 1995, spiegando che sono i prezzi dei Beni energetici a spingere in alto la crescita del carovita: questi ultimi segnano infatti un rialzo del 45,9% (dal +38,6%), con aumenti della componente non regolamentata che passano da +22,9% a +31,3% e di quella dei beni energetici regolamentati quasi raddoppiata rispetto allo stesso mese del 2021 (+94,4%). In pratica le due componenti insieme spiegano due terzi della variazione tendenziale dell’indice NIC. Intanto, pero’ le tensioni inflazionistiche si propagano, in particolare ai Beni alimentari, i cui prezzi accelerano di oltre un punto, trascinando oltre il 4% anche il rialzo del cosiddetto “carrello della spesa”. Non si arresta neppure la corsa dei carburanti: il prezzo medio settimanale della benzina, rilevato dal Mite tra il 21 e il 27 febbraio, sfiora al self service 1,870 euro al litro, in rialzo di quasi 2 centesimi. Anche il prezzo dell’energia alla borsa elettrica torna a salire: il 9% in piu’ in una settimana. Di fronte alle notizie sull’inflazione, immediata arriva la reazione dei consumatori che lanciano l’allarme sulle preoccupanti conseguenze del carovita. Avvertono infatti che l’ennesimo rialzo dei prezzi si abbatte come una nuova mazzata per le tasche degli italiani e calcolano un aggravio di spesa per le famiglie superiore ai 2.000 euro all’anno.

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Economia

Effetto Trump, bruciati in Borsa 6.500 miliardi in 100 giorni

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Nei primi cento giorni di presidenza Trump ci sono stati 70 giorni di scambi a singhiozzo sui mercati finanziari e 32 giorni di perdite, con oltre 6.500 miliardi di dollari cancellati dal valore delle società quotate. Lo scrive il New York Times, secondo cui per i mercati finanziari il calo del 7% dell’indice S&P 500 rappresenta il peggior inizio di mandato presidenziale da quando Gerald R. Ford subentrò a Richard M. Nixon nell’agosto del 1974, dopo lo scandalo Watergate. La crisi, sottolinea il quotidiano, è persino peggiore di quando scoppiò la bolla tecnologica all’inizio del secolo, e George W. Bush ereditò un mercato già in caduta libera. Al contrario, Trump ha ereditato un’economia solida e un mercato azionario in ascesa da un massimo storico all’altro. La situazione è cambiata rapidamente quando Trump ha annunciato i suoi dazi il 2 aprile, facendo esplodere la volatilita’ nei mercati finanziari.

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Oxfam, compensi ad cresciuti del 50% per lavoratori solo +0,8%

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A livello globale, negli ultimi 5 anni, la retribuzione mediana degli amministratori delegati d’impresa è cresciuta del 50%, in termini reali, passando da 2,9 milioni di dollari nel 2019 a 4,3 milioni nel 2024. Un aumento che supera di ben 56 volte la modesta crescita del salario medio reale (+0,9%), registrata nello stesso periodo nei Paesi per cui sono pubblicamente disponibili le informazioni sui compensi degli ad.

E’ quanto riporta un’analisi di Oxfam diffusa in occasione del Primo maggio. Nel dettaglio, tra i Paesi in cui il campione di imprese analizzate è sufficientemente ampio, emerge che: Irlanda e Germania vantano alcuni tra gli ad più pagati con una retribuzione annua mediana rispettivamente di 6,7 milioni e 4,7 milioni di dollari nel 2024; in Sudafrica il compenso annuo mediano degli AD era di 1,6 milioni di dollari nel 2024, mentre in India ha raggiunto i 2 milioni di dollari.

“Anno dopo anno assistiamo allo stesso spettacolo a dir poco grottesco: i compensi degli ad crescono vertiginosamente, mentre i salari dei lavoratori in molti Paesi restano fermi o salgono di pochi decimali”, spiega Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia. L’analisi di Oxfam si è concentrata inoltre sui divari salariali di genere a livello d’impresa. Esaminando 11.366 imprese di 82 Paesi, che pubblicano informazioni sul gender pay gap aziendale, si evince che il divario retributivo di genere a livello di impresa si sia, in media, ridotto tra il 2022 e il 2023, passando dal 27% al 22%. Ma tra le 45.501 imprese di 168 Paesi con un fatturato annuo superiore a 10 milioni di dollari e che riportano il genere del proprio ad, meno del 7% aveva una donna nella posizione apicale dell’organigramma aziendale.

Per quanto riguarda la dinamica dei salari reali in Italia, secondo Oxfam se, anziché ricorrere agli indici generali dell’inflazione, si facesse riferimento alla variazione dei prezzi del carrello della spesa (come approssimazione dei beni maggiormente consumati dai lavoratori con basse retribuzioni), il salario lordo nazionale registrerebbe, in media, una perdita cumulata di circa il 15% nel solo quadriennio 2019-2023 e la dinamica positiva del 2024 non rappresenterebbe che un placebo per i lavoratori con le retribuzioni più basse.

“Fino ad oggi, nell’azione del Governo è del tutto assente una chiara politica industriale, orientata alla creazione di posti di lavoro di qualità, che scommetta su innovazione, transizione verde e formazione, senza lasciare indietro nessuno. – conclude Maslennikov – Il Governo stenta a intervenire sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari e ha affossato il salario minimo legale che rappresenta una tutela essenziale per i lavoratori più fragili”.

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Wsj, cda di Tesla cerca un nuovo ceo per sostituire Musk

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Il consiglio di amministrazione di Tesla ha iniziato a cercare un nuovo CEO per sostituire il fondatore Elon Musk. Lo riporta il Wall Street Journal. Secondo il quotidiano la decisione è stata presa dopo il crollo delle azioni e degli utili di Tesla. Alcuni investitori ritengono che Musk sia troppo impegnato con il suo lavoro di capo del Dipartimento per l’Efficienza Pubblica (DOGE), che pure sembra volgere al termine. Non è stato reso noto se Musk sia stato informato della decisione.

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